Di seguito, troverete un elenco dettagliato e suddiviso per categorie patologiche delle principali malattie in GASTROENTEROLOGIA
COME PREPARARSI ALLA VISITA SPECIALISTICA
Ecco un elenco di informazioni e consigli utili per prepararti al meglio alla tua visita gastroenterologica:
Cosa segnarti e come prepararti:
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- Motivo della visita: Annota i sintomi che ti hanno spinto a prenotare la visita e da quanto tempo li avverti. Sii preciso e dettagliato nella descrizione (tipo di dolore, localizzazione, frequenza, intensità, eventuali fattori scatenanti o allevianti).
- Storia medica pregressa:
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- Elenca eventuali patologie pregresse, anche non gastroenterologiche (es. diabete, ipertensione, malattie cardiache, interventi chirurgici).
- Segnalare eventuali casi di malattie gastroenterologiche in famiglia.
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- Farmaci usati: Porta con te l’elenco completo dei farmaci che stai assumendo, compresi eventuali integratori o prodotti erboristici.
- Stile di vita pregresso e attuale:
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- Alimentazione: abitudini alimentari, eventuali intolleranze o allergie.
- Attività fisica: livello di attività fisica svolta abitualmente.
- Vizi: consumo di alcol e fumo.
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- Esami precedenti: Porta con te eventuali referti di esami del sangue, delle urine, delle feci o strumentali (ecografie, gastroscopie, colonscopie, ecc.) eseguiti in passato, anche se non strettamente correlati all’apparato digerente.
Domande che potrebbe farti lo specialista:
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- Storia medica recente:
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- Quali sono i sintomi principali che lamenti?
- Da quanto tempo sono presenti?
- Ci sono stati cambiamenti recenti nella tua salute?
- Hai avuto febbre o perdita di peso?
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- Stili di vita attuali:
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- Come descriveresti la tua alimentazione?
- Fai attività fisica regolarmente?
- Fumi o consumi alcolici?
- Sei stressato?
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- Sintomi attuali:
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- Descrivi il dolore che avverti (tipo, localizzazione, intensità, durata).
- Hai nausea, vomito, diarrea, stitichezza o altri disturbi intestinali?
- Hai difficoltà a deglutire?
- Hai bruciore di stomaco o reflusso acido?
- Hai notato sangue nelle feci o nel vomito?
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- Storia medica recente:
Come si svolge la visita:
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- Anamnesi: Il medico raccoglierà informazioni sulla tua storia clinica, sullo stile di vita e sui sintomi che lamenti.
- Esame obiettivo: Il medico procederà con la palpazione dell’addome per valutare lo stato di salute degli organi interni.
- Diagnosi e terapia: In base ai dati raccolti, il medico formulerà una diagnosi e ti indicherà la terapia più adatta al tuo caso. Potrebbe prescriverti ulteriori accertamenti (esami del sangue, delle feci, ecografia, gastroscopia, colonscopia, ecc.) per approfondire la diagnosi.
Suggerimenti utili e importanti:
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- Vestiti in modo comodo: Indossa abiti comodi e facili da togliere per l’esame obiettivo.
- Sii sincero e preciso: Rispondi alle domande del medico in modo sincero e preciso, senza tralasciare nessun dettaglio.
- Non aver paura di fare domande: Se hai dubbi o non capisci qualcosa, non esitare a chiedere chiarimenti al medico.
- Prendi appunti: Annota le informazioni più importanti che ti vengono fornite dal medico.
1. MALATTIE DELL’ESOFAGO
Acalasia
L’acalasia esofagea è una rara malattia motoria dell’esofago caratterizzata da due anomalie principali:
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- Mancato rilassamento dello sfintere esofageo inferiore (SEI): Il SEI è un muscolo che si trova alla giunzione tra esofago e stomaco. Normalmente, questo muscolo si rilassa durante la deglutizione per permettere al cibo di passare nello stomaco. Nell’acalasia, il SEI non si rilassa correttamente, ostacolando il passaggio del cibo.
- Alterazione della peristalsi esofagea: La peristalsi è l’insieme delle contrazioni muscolari coordinate che spingono il cibo lungo l’esofago verso lo stomaco. Nell’acalasia, la peristalsi è assente o inefficace, contribuendo alla difficoltà di transito del cibo.
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Epidemiologia
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- Incidenza: L’acalasia è una malattia rara, con un’incidenza stimata di circa 1-2 casi per 100.000 persone all’anno.
- Distribuzione per sesso: L’acalasia colpisce uomini e donne in egual misura.
- Età di insorgenza: L’acalasia può manifestarsi a qualsiasi età, ma è più comune tra i 20 e i 40 anni.
Eziologia e Genetica
Le cause dell’acalasia sono ancora in gran parte sconosciute. Si ritiene che diversi fattori possano contribuire al suo sviluppo, tra cui:
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- Fattori genetici: Sono stati identificati alcuni geni che potrebbero essere coinvolti nell’acalasia, ma la componente genetica non è ancora completamente chiarita.
- Fattori autoimmuni: In alcuni casi, l’acalasia potrebbe essere associata a malattie autoimmuni, come la malattia di Chagas.
- Degenerazione dei neuroni: La degenerazione dei neuroni che controllano la muscolatura dell’esofago può contribuire all’acalasia.
- Infezioni: Alcune infezioni virali potrebbero essere associate all’acalasia.
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Patogenesi
L’acalasia è causata da un’alterazione dei plessi nervosi mienterici, che controllano la motilità dell’esofago. Questa alterazione può portare alla perdita dei neuroni inibitori, responsabili del rilassamento del SEI, e a un aumento dell’attività dei neuroni eccitatori, che causano la contrazione del SEI.
Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche dell’acalasia possono variare da persona a persona e tendono a peggiorare progressivamente nel tempo. I sintomi più comuni includono:
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- Disfagia: Difficoltà a deglutire sia cibi solidi che liquidi. La disfagia è spesso il sintomo iniziale e tende a peggiorare nel tempo.
- Rigurgito: Rigurgito di cibo non digerito, spesso durante la notte o in posizione sdraiata.
- Dolore toracico: Dolore retrosternale, spesso associato alla deglutizione.
- Perdita di peso: La difficoltà a deglutire può portare a una ridotta assunzione di cibo e a una conseguente perdita di peso.
- Tosse: La tosse può essere causata dal rigurgito di cibo nelle vie respiratorie.
- Pirosi: La pirosi (bruciore di stomaco) può essere presente in alcuni casi.
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di acalasia si basa su una combinazione di:
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- Anamnesi ed esame obiettivo: Il medico raccoglierà informazioni sui sintomi del paziente e effettuerà un esame obiettivo.
- Esame radiologico con bario (pasto baritato): Questo esame permette di visualizzare l’esofago e di evidenziare eventuali anomalie, come la dilatazione dell’esofago e il restringimento del SEI.
- Manometria esofagea: Questo esame misura la pressione all’interno dell’esofago e permette di valutare la funzionalità del SEI e la peristalsi esofagea.
- Endoscopia digestiva alta: Questo esame permette di visualizzare direttamente l’esofago e di escludere altre possibili cause dei sintomi, come il cancro dell’esofago.
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Prognosi
L’acalasia è una malattia cronica che, se non trattata, può portare a complicanze come:
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- Malnutrizione: La difficoltà a deglutire può portare a malnutrizione e a carenze nutrizionali.
- Polmonite ab ingestis: Il rigurgito di cibo nelle vie respiratorie può causare polmonite.
- Esofago di Barrett: L’esposizione prolungata all’acido gastrico può causare l’esofago di Barrett, una condizione precancerosa.
- Cancro dell’esofago: L’acalasia aumenta leggermente il rischio di sviluppare il cancro dell’esofago.
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Cure e Trattamenti
L’obiettivo del trattamento dell’acalasia è quello di ridurre i sintomi e migliorare la qualità di vita del paziente. Le opzioni terapeutiche includono:
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- Farmaci: I farmaci, come i nitrati e i calcio-antagonisti, possono aiutare a rilassare il SEI, ma sono spesso poco efficaci nel lungo termine.
- Dilatazione pneumatica: Questa procedura prevede l’inserimento di un palloncino nell’esofago per dilatare il SEI. La dilatazione pneumatica può essere efficace, ma può causare perforazione dell’esofago in alcuni casi.
- Miotomia laparoscopica di Heller: Questo intervento chirurgico prevede il taglio della muscolatura del SEI per permettere al cibo di passare nello stomaco. La miotomia laparoscopica di Heller è considerata il trattamento più efficace per l’acalasia.
- Iniezione di tossina botulinica: L’iniezione di tossina botulinica nel SEI può aiutare a rilassare il muscolo, ma l’effetto è temporaneo.
- Gestione della malattia: La gestione della malattia include modifiche dello stile di vita, come mangiare pasti piccoli e frequenti, masticare bene il cibo e bere molta acqua durante i pasti.
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Spasmo esofageo diffuso
Lo spasmo esofageo diffuso (SED) è un disturbo della motilità esofagea caratterizzato da contrazioni esofagee simultanee, non propulsive e spesso dolorose. Questa condizione interferisce con il normale movimento del cibo attraverso l’esofago, causando una varietà di sintomi.
Epidemiologia
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- Incidenza: Il SED è una condizione relativamente rara. La sua prevalenza esatta è sconosciuta, ma si stima che colpisca meno dell’1% della popolazione.
- Distribuzione per sesso: Il SED sembra colpire uomini e donne in egual misura.
- Età di insorgenza: Il SED può manifestarsi a qualsiasi età, ma è più comune negli adulti di età superiore ai 40 anni.
Eziologia e Genetica
La causa esatta del SED è sconosciuta. Si ritiene che sia il risultato di un’anomalia nella funzione dei nervi che controllano i muscoli dell’esofago. Fattori che possono contribuire allo sviluppo del SED includono:
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- Anomalie del sistema nervoso enterico: Il sistema nervoso enterico controlla la funzione muscolare dell’esofago. Anomalie in questo sistema possono portare a contrazioni esofagee scoordinate.
- Stress e ansia: Lo stress e l’ansia possono esacerbare i sintomi del SED.
- Reflusso gastroesofageo: Il reflusso acido dallo stomaco può irritare l’esofago e contribuire allo sviluppo del SED.
- Fattori genetici: Sebbene non sia stata identificata una specifica causa genetica, si ritiene che la predisposizione genetica possa svolgere un ruolo nello sviluppo del SED.
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Patogenesi
Nel SED, le contrazioni muscolari dell’esofago sono scoordinate e non propulsive. Invece di spingere il cibo verso lo stomaco, queste contrazioni possono spingerlo verso l’alto o causare spasmi dolorosi. Questo può portare a difficoltà nella deglutizione e altri sintomi.
Manifestazioni Cliniche
I sintomi del SED possono variare da lievi a gravi e includono:
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- Dolore toracico: Questo è il sintomo più comune del SED. Il dolore può essere descritto come una sensazione di oppressione, bruciore o schiacciamento al petto. Può essere scambiato per dolore cardiaco (angina).
- Disfagia: Difficoltà a deglutire cibi solidi o liquidi.
- Rigurgito: Risalita di cibo o liquidi non digeriti in bocca.
- Bruciore di stomaco: Sensazione di bruciore al petto causata dal reflusso acido.
- Globo faringeo: Sensazione di avere un nodo in gola.
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi del SED può essere complessa, poiché i suoi sintomi possono imitare quelli di altre condizioni, come la malattia da reflusso gastroesofageo (GERD) e l’angina. I seguenti test possono essere utilizzati per diagnosticare il SED:
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- Esofagografia con bario: Questo esame radiologico utilizza il bario per visualizzare l’esofago e identificare eventuali anomalie nella sua forma o funzione.
- Manometria esofagea: Questo test misura la pressione e la coordinazione delle contrazioni muscolari dell’esofago.
- Endoscopia digestiva alta: Questo esame prevede l’inserimento di un tubo sottile e flessibile con una telecamera all’estremità (endoscopio) nell’esofago per visualizzare direttamente il suo rivestimento.
- pHmetria esofagea: Questo test misura l’acidità nell’esofago e può aiutare a escludere la GERD.
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Prognosi
La prognosi del SED è generalmente buona. La condizione non è pericolosa per la vita, ma i sintomi possono essere fastidiosi e interferire con la qualità della vita. Con un trattamento adeguato, la maggior parte delle persone con SED può gestire i propri sintomi e vivere una vita normale.
Cure e Trattamenti
Il trattamento del SED mira ad alleviare i sintomi e migliorare la qualità della vita. Le opzioni di trattamento includono:
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- Farmaci:
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- Nitrati e calcio-antagonisti: Questi farmaci aiutano a rilassare i muscoli dell’esofago e ridurre gli spasmi.
- Inibitori della pompa protonica (PPI): Questi farmaci riducono la produzione di acido nello stomaco e possono aiutare ad alleviare i sintomi del reflusso acido.
- Antidepressivi: Alcuni antidepressivi possono aiutare a ridurre il dolore e migliorare l’umore nelle persone con SED.
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- Iniezioni di tossina botulinica: La tossina botulinica può essere iniettata nei muscoli dell’esofago per paralizzarli temporaneamente e ridurre gli spasmi.
- Dilatazione esofagea: Questo procedura prevede l’inserimento di un palloncino nell’esofago per allargarlo e ridurre gli spasmi.
- Miotomia chirurgica: In rari casi, può essere necessario un intervento chirurgico per tagliare i muscoli dell’esofago e ridurre gli spasmi.
- Farmaci:
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Motilità esofagea inefficace
Definizione
La motilità esofagea inefficace (MEI) è un disturbo della motilità esofagea caratterizzato da una ridotta capacità dell’esofago di spingere il cibo verso lo stomaco. Questa condizione, precedentemente nota come “disordine motorio esofageo non specifico”, è stata definita per la prima volta nella classificazione di Chicago del 2008.
La MEI è diagnosticata quando la manometria esofagea ad alta risoluzione (HRM) rileva una ridotta ampiezza delle contrazioni esofagee durante la deglutizione. Secondo la classificazione di Chicago v3.0 (2014), la MEI è presente se:
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- Più del 30% delle deglutizioni presenta un Disturbo Integrato di Contrazione (DIC) inferiore a 100 mmHg.
- Almeno il 50% delle contrazioni peristaltiche fallisce.
- La Pressione di Rilassamento Integrata (IRP) mediana è normale.
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In sostanza, l’esofago non si contrae con sufficiente forza o in modo coordinato per spingere efficacemente il bolo alimentare verso lo stomaco.
Epidemiologia
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- Incidenza: La MEI è il disturbo motorio esofageo più comunemente diagnosticato, rappresentando circa il 40-50% di tutti i casi.
- Distribuzione per sesso: La MEI sembra colpire leggermente più le donne rispetto agli uomini.
- Età di insorgenza: La MEI può manifestarsi a qualsiasi età, ma è più comune negli adulti di età superiore ai 50 anni.
Eziologia e Genetica
Le cause della MEI sono in gran parte sconosciute. Si ritiene che diversi fattori possano contribuire al suo sviluppo, tra cui:
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- Fattori genetici: Studi recenti suggeriscono una possibile predisposizione genetica alla MEI, sebbene non siano stati ancora identificati geni specifici.
- Fattori ambientali: Il reflusso gastroesofageo, il diabete, le malattie del tessuto connettivo e alcuni farmaci possono contribuire allo sviluppo della MEI.
- Alterazioni neuromuscolari: Anomalie nella funzione dei nervi o dei muscoli dell’esofago possono compromettere la peristalsi esofagea.
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Patogenesi
La MEI è caratterizzata da una disfunzione della muscolatura liscia dell’esofago. Questo può essere dovuto a:
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- Anomalie nella trasmissione neuromuscolare: Problemi nella comunicazione tra i nervi e i muscoli dell’esofago.
- Alterazioni della muscolatura liscia: Cambiamenti nella struttura o nella funzione delle cellule muscolari dell’esofago.
- Fibrosi: Accumulo di tessuto cicatriziale nell’esofago, che può irrigidirlo e comprometterne la motilità.
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Manifestazioni Cliniche
I sintomi della MEI possono variare da lievi a gravi e includono:
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- Disfagia: Difficoltà a deglutire, in particolare cibi solidi.
- Dolore toracico: Dolore o fastidio al petto, spesso scambiato per dolore cardiaco.
- Rigurgito: Risalita di cibo non digerito in bocca.
- Sensazione di cibo bloccato in gola: Sensazione di un bolo alimentare che non scende nello stomaco.
- Pirosi: Sensazione di bruciore al petto, causata dal reflusso acido.
- Tosse cronica: Tosse persistente, spesso notturna, causata dal rigurgito di cibo o acido nello stomaco.
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È importante notare che questi sintomi possono essere causati anche da altre condizioni, quindi è fondamentale una diagnosi accurata.
Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di MEI si basa principalmente sulla manometria esofagea ad alta risoluzione (HRM). Questo esame misura la pressione all’interno dell’esofago durante la deglutizione, consentendo di valutare la forza e la coordinazione delle contrazioni muscolari.
Altri esami che possono essere utili nella diagnosi di MEI includono:
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- Esofagogastroduodenoscopia (EGDS): Permette di visualizzare l’interno dell’esofago, dello stomaco e del duodeno, escludendo altre possibili cause dei sintomi.
- Studio del transito esofageo con bario: Permette di valutare la velocità con cui il cibo transita attraverso l’esofago.
- pH-metria esofagea: Permette di misurare l’acidità nell’esofago, escludendo il reflusso gastroesofageo come causa dei sintomi.
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Prognosi
La MEI è una condizione cronica che non può essere completamente curata. Tuttavia, i sintomi possono essere gestiti efficacemente con trattamenti appropriati. La prognosi a lungo termine è generalmente buona, ma alcuni pazienti possono sviluppare complicanze come esofagite, stenosi esofagea o aspirazione polmonare.
Cure e Trattamenti
Il trattamento della MEI mira ad alleviare i sintomi e migliorare la qualità della vita del paziente. Le opzioni terapeutiche includono:
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- Modifiche dello stile di vita: Mangiare pasti piccoli e frequenti, masticare bene il cibo, evitare cibi che scatenano i sintomi, smettere di fumare e perdere peso in caso di sovrappeso.
- Farmaci: Inibitori della pompa protonica (PPI) per ridurre l’acidità gastrica, antispastici per rilassare la muscolatura esofagea e procinetici per migliorare la motilità esofagea.
- Dilatazione esofagea: Procedura endoscopica che allarga l’esofago in caso di stenosi.
- Iniezione di tossina botulinica: Per rilassare lo sfintere esofageo inferiore in caso di acalasia.
- Miotomia: Procedura chirurgica che taglia i muscoli dello sfintere esofageo inferiore per migliorare il passaggio del cibo nello stomaco.
- POEM (PerOral Endoscopic Myotomy): Procedura endoscopica che taglia i muscoli dello sfintere esofageo inferiore attraverso la bocca.
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Esofagite
Definizione
L’esofagite è un’infiammazione dell’esofago, il condotto che trasporta il cibo dalla bocca allo stomaco. Esistono diverse forme di esofagite, con cause e manifestazioni cliniche differenti. In questo rapporto, ci concentreremo sulle tre forme principali: esofagite eosinofila, da reflusso e infettiva.
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- Esofagite eosinofila (EoE): è una malattia cronica immuno-mediata caratterizzata da un accumulo di eosinofili, un tipo di globuli bianchi, nella mucosa esofagea.
- Esofagite da reflusso (GERD): è causata dal reflusso del contenuto acido dello stomaco nell’esofago, che irrita e infiamma la mucosa.
- Esofagite infettiva: è un’infiammazione causata da infezioni batteriche, virali, fungine o parassitarie.
Epidemiologia
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Incidenza:
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- L’EoE è in aumento, con una prevalenza stimata tra 4 e 50 casi per 100.000 persone.
- La GERD è molto comune, colpendo circa il 20% della popolazione adulta nei paesi occidentali.
- L’esofagite infettiva è relativamente rara, soprattutto nei soggetti con un sistema immunitario sano.
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Distribuzione per sesso:
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- L’EoE è più comune negli uomini.
- La GERD colpisce uomini e donne in modo simile.
- L’esofagite infettiva non mostra una chiara prevalenza di genere.
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Età di insorgenza:
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- L’EoE può manifestarsi a qualsiasi età, ma è più frequente nei giovani adulti e nei bambini.
- La GERD può insorgere a qualsiasi età.
- L’esofagite infettiva è più comune negli individui immunocompromessi, indipendentemente dall’età.
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Eziologia e genetica
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- EoE: La causa esatta è sconosciuta, ma si ritiene che sia una combinazione di fattori genetici e ambientali. Allergie alimentari e ambientali sembrano svolgere un ruolo importante.
- GERD: È causata da un malfunzionamento dello sfintere esofageo inferiore, la valvola che impedisce al contenuto gastrico di refluire nell’esofago. Fattori come obesità, fumo, alcol e alcuni alimenti possono contribuire al reflusso.
- Esofagite infettiva: È causata da agenti patogeni come Candida albicans (fungo), Herpes simplex virus (virus), Citomegalovirus (virus) e batteri come Staphylococcus aureus.
Patogenesi
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- EoE: L’esposizione agli allergeni innesca una risposta immunitaria nell’esofago, con un accumulo di eosinofili che causano infiammazione e danno tissutale.
- GERD: L’esposizione ripetuta all’acido gastrico danneggia la mucosa esofagea, causando infiammazione, erosioni e ulcere.
- Esofagite infettiva: I microrganismi infettano la mucosa esofagea, causando infiammazione e danno tissutale.
Manifestazioni cliniche
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EoE:
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- Disfagia (difficoltà a deglutire)
- Impattamento alimentare (cibo bloccato nell’esofago)
- Dolore toracico
- Rigurgito
- Bruciore di stomaco (meno comune rispetto alla GERD)
- Nei bambini: scarso appetito, vomito, difficoltà di crescita
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GERD:
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- Bruciore di stomaco (pirosi)
- Rigurgito acido
- Dolore toracico
- Tosse cronica
- Raucedine
- Asma
- Laringite
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Esofagite infettiva:
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- Disfagia
- Dolore durante la deglutizione (odinofagia)
- Ulcere in bocca o in gola
- Febbre
- Nausea e vomito
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Procedimenti diagnostici
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Metodi generali:
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- Anamnesi accurata e esame obiettivo
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Metodi strumentali:
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- Esofagogastroduodenoscopia (EGDS): permette di visualizzare l’esofago e prelevare biopsie.
- Biopsia: esame istologico per identificare la presenza di eosinofili (EoE), danni da reflusso (GERD) o agenti infettivi.
- Studio della motilità esofagea: per valutare la funzionalità dell’esofago (soprattutto nella GERD).
- pH-metria esofagea: per misurare l’acidità nell’esofago (GERD).
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Esami di laboratorio:
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- Test allergologici: per identificare eventuali allergie alimentari o ambientali (EoE).
- Esame colturale: per identificare l’agente infettivo (esofagite infettiva).
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Prognosi
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- EoE: è una malattia cronica che richiede una gestione a lungo termine. Con un trattamento adeguato, la maggior parte dei pazienti può tenere sotto controllo i sintomi e prevenire complicanze come la stenosi esofagea.
- GERD: generalmente ha una buona prognosi con il trattamento. Tuttavia, in alcuni casi può portare a complicanze come esofagite erosiva, stenosi esofagea e esofago di Barrett.
- Esofagite infettiva: la prognosi dipende dall’agente infettivo e dallo stato di salute generale del paziente. Nelle persone immunocompetenti, le infezioni di solito si risolvono con il trattamento.
Cure e trattamenti
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EoE:
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- Eliminazione degli allergeni: identificazione e rimozione degli alimenti che scatenano l’infiammazione.
- Farmaci: corticosteroidi topici o sistemici per ridurre l’infiammazione.
- Dilatazione esofagea: in caso di stenosi.
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GERD:
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- Modifiche dello stile di vita: perdere peso, smettere di fumare, evitare cibi e bevande che peggiorano i sintomi.
- Farmaci: antiacidi, inibitori della pompa protonica (PPI), antagonisti dei recettori H2.
- Chirurgia: in casi selezionati, per rafforzare lo sfintere esofageo inferiore.
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Esofagite infettiva:
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- Farmaci antimicrobici: antifungini, antivirali o antibiotici, a seconda dell’agente infettivo.
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Diverticoli esofagei
Definizione
I diverticoli esofagei sono estroflessioni sacciformi della parete dell’esofago, che creano una sorta di “tasca” comunicante con il lume dell’organo. Queste sacche possono formarsi in qualsiasi punto dell’esofago, dalla faringe allo sfintere esofageo inferiore.
Epidemiologia
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- Incidenza: I diverticoli esofagei sono relativamente rari, con una prevalenza stimata inferiore all’1% nella popolazione generale. Vengono diagnosticati più frequentemente durante esami radiografici del tratto gastrointestinale superiore eseguiti per altri motivi.
- Distribuzione per sesso: Non sembra esserci una significativa differenza di genere nell’incidenza dei diverticoli esofagei.
- Età di insorgenza: I diverticoli esofagei possono manifestarsi a qualsiasi età, ma sono più comuni negli adulti di età superiore ai 40 anni.
Eziologia e Genetica
La causa esatta dei diverticoli esofagei non è completamente compresa, ma si ritiene che siano il risultato di una combinazione di fattori, tra cui:
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- Aumento della pressione intraluminale: Un aumento della pressione all’interno dell’esofago, come quello che si verifica durante la deglutizione o il vomito, può contribuire alla formazione di diverticoli.
- Debolezza della parete esofagea: La presenza di aree di debolezza nella parete muscolare dell’esofago può predisporre alla formazione di diverticoli.
- Disturbi della motilità esofagea: Alterazioni della normale attività motoria dell’esofago, come acalasia o spasmo esofageo diffuso, possono favorire la formazione di diverticoli.
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Non sembra esserci una forte componente genetica nella formazione dei diverticoli esofagei, anche se alcune condizioni ereditarie che influenzano il tessuto connettivo potrebbero aumentare il rischio.
Patogenesi
I diverticoli esofagei vengono classificati in base alla loro localizzazione e al meccanismo di formazione:
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- Diverticoli faringoesofagei (di Zenker): Si formano nella parete posteriore dell’esofago, appena sopra lo sfintere esofageo superiore. Sono i più comuni e sono causati da un aumento della pressione durante la deglutizione.
- Diverticoli medio-esofagei (da trazione): Si formano nella parte centrale dell’esofago e sono causati dalla trazione esercitata da tessuti adiacenti, come linfonodi infiammati o aderenze.
- Diverticoli epifrenici: Si formano appena sopra il diaframma e sono spesso associati a disturbi della motilità esofagea.
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Manifestazioni Cliniche
Molti diverticoli esofagei sono asintomatici e vengono scoperti casualmente durante esami diagnostici eseguiti per altri motivi. Quando presenti, i sintomi possono includere:
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- Disfagia: Difficoltà a deglutire, soprattutto cibi solidi.
- Rigurgito: Ritorno di cibo non digerito in bocca, spesso ore dopo i pasti.
- Alitosi: Alito cattivo causato dalla ritenzione di cibo nel diverticolo.
- Dolore toracico: Sensazione di dolore o fastidio al petto.
- Tosse cronica: La presenza di cibo nel diverticolo può irritare le vie respiratorie e causare tosse.
- Emorragia: Raramente, il diverticolo può sanguinare, causando ematemesi (vomito di sangue) o melena (feci nere).
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Procedimenti Diagnostici
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- Esofagografia con bario: Questo esame radiologico utilizza un mezzo di contrasto (bario) per visualizzare l’esofago e identificare eventuali diverticoli.
- Endoscopia digestiva alta: Questo esame consente di visualizzare direttamente l’esofago mediante l’inserimento di un tubo flessibile con una telecamera (endoscopio) attraverso la bocca.
- Manometria esofagea: Questo esame misura la pressione all’interno dell’esofago e può aiutare a identificare disturbi della motilità.
- TC del torace: La tomografia computerizzata può essere utile per valutare la presenza di complicanze, come ascessi o fistole.
Prognosi della Malattia
La prognosi dei diverticoli esofagei è generalmente buona. Molti pazienti rimangono asintomatici o presentano sintomi lievi che possono essere gestiti con modifiche dello stile di vita e farmaci. Le complicanze sono rare, ma possono includere:
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- Diverticolite: Infiammazione del diverticolo.
- Perforazione: Rottura della parete del diverticolo.
- Fistola: Formazione di un passaggio anomalo tra il diverticolo e un altro organo, come la trachea.
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Cure e Trattamenti
Il trattamento dei diverticoli esofagei dipende dalla presenza e dalla gravità dei sintomi, nonché dalla presenza di eventuali complicanze.
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- Modifiche dello stile di vita:
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- Mangiare pasti piccoli e frequenti.
- Masticare bene il cibo.
- Bere molta acqua durante i pasti.
- Evitare cibi che possono irritare l’esofago, come cibi piccanti o acidi.
- Smettere di fumare.
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- Farmaci:
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- Inibitori della pompa protonica (PPI): per ridurre l’acidità gastrica e prevenire l’esofagite.
- Procinetici: per migliorare la motilità esofagea.
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- Trattamenti endoscopici:
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- Dilatazione endoscopica: per allargare l’esofago in caso di stenosi.
- Diverticolotomia endoscopica: per rimuovere il diverticolo mediante l’uso di un endoscopio.
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- Chirurgia:
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- La chirurgia è riservata ai casi di diverticoli sintomatici che non rispondono ai trattamenti conservativi o in presenza di complicanze. La procedura chirurgica prevede la rimozione del diverticolo e la riparazione della parete esofagea.
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- Modifiche dello stile di vita:
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Esofago di Barret
Definizione
L’esofago di Barrett è una condizione in cui l’epitelio squamoso stratificato che normalmente riveste l’esofago viene sostituito da un epitelio colonnare metaplastico con cellule caliciformi intestinali. Questa metaplasia è una risposta all’esposizione cronica all’acido gastrico e alla bile, tipicamente a causa della malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE).
Epidemiologia
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- Incidenza: L’esofago di Barrett colpisce circa l’1-2% della popolazione generale nei paesi occidentali. L’incidenza è in aumento, probabilmente a causa dell’aumento dell’obesità e della MRGE.
- Distribuzione per sesso: Gli uomini sono colpiti più frequentemente delle donne, con un rapporto di circa 2:1.
- Età di insorgenza: L’esofago di Barrett è più comunemente diagnosticato in persone di età superiore ai 50 anni, anche se può verificarsi in individui più giovani.
Eziologia e Genetica
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- MRGE: Il fattore di rischio più importante per lo sviluppo dell’esofago di Barrett è la MRGE cronica. La durata e la gravità del reflusso sono direttamente correlate al rischio di sviluppare la condizione.
- Fattori di rischio: Altri fattori di rischio includono obesità, fumo, ernia iatale, consumo di alcol, storia familiare di esofago di Barrett o adenocarcinoma esofageo.
- Genetica: Sebbene non siano stati identificati geni specifici che causano l’esofago di Barrett, studi hanno dimostrato una predisposizione familiare alla condizione.
Patogenesi
L’esposizione cronica all’acido gastrico e alla bile causa un danno all’epitelio esofageo, innescando una risposta infiammatoria e un processo di riparazione. Nel tempo, questo processo può portare alla metaplasia intestinale, che è la caratteristica distintiva dell’esofago di Barrett. La metaplasia intestinale è considerata una condizione precancerosa, poiché può progredire verso la displasia e infine l’adenocarcinoma esofageo.
Manifestazioni Cliniche
L’esofago di Barrett è spesso asintomatico, specialmente nelle fasi iniziali. I sintomi, quando presenti, sono generalmente quelli della MRGE sottostante e possono includere:
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- Pirosi (bruciore di stomaco)
- Rigurgito acido
- Disfagia (difficoltà a deglutire)
- Dolore toracico
- Tosse cronica
- Raucedine
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Procedimenti Diagnostici
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- Esofagogastroduodenoscopia (EGDS): È la procedura diagnostica gold standard per l’esofago di Barrett. Consente la visualizzazione diretta della mucosa esofagea e il prelievo di biopsie per l’esame istologico.
- Biopsia: L’esame istologico delle biopsie è essenziale per confermare la diagnosi di esofago di Barrett e per valutare la presenza di displasia.
- Cromoendoscopia: Questa tecnica utilizza coloranti per evidenziare le aree di metaplasia intestinale durante l’EGDS, migliorando la capacità di rilevare lesioni sospette.
- Esame istologico: L’esame al microscopio delle biopsie consente di identificare la presenza di metaplasia intestinale e di classificare il grado di displasia, se presente.
Prognosi
La prognosi dell’esofago di Barrett dipende dalla presenza e dal grado di displasia. Nella maggior parte dei casi, l’esofago di Barrett non progredisce verso il cancro. Tuttavia, la presenza di displasia aumenta il rischio di adenocarcinoma esofageo. Il rischio di progressione verso il cancro è maggiore nei pazienti con displasia di alto grado.
Cure e Trattamenti
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- Gestione della MRGE: Il trattamento della MRGE sottostante è fondamentale per ridurre l’esposizione all’acido e prevenire la progressione della malattia. Le opzioni di trattamento includono modifiche dello stile di vita (perdita di peso, evitare cibi e bevande che scatenano il reflusso, smettere di fumare), farmaci (inibitori della pompa protonica, antiacidi) e, in alcuni casi, chirurgia antireflusso.
- Sorveglianza endoscopica: I pazienti con esofago di Barrett devono essere sottoposti a sorveglianza endoscopica regolare per monitorare la progressione della malattia e rilevare precocemente eventuali lesioni displastiche o neoplastiche. La frequenza della sorveglianza dipende dal grado di displasia.
- Trattamento della displasia: Le opzioni di trattamento per la displasia includono:
- Resezione endoscopica della mucosa (EMR): Una tecnica che consente di rimuovere le lesioni displastiche durante l’EGDS.
- Ablazione con radiofrequenza (RFA): Una tecnica che utilizza l’energia termica per distruggere le cellule displastiche.
- Esofagectomia: La rimozione chirurgica dell’esofago può essere necessaria in casi selezionati, come la displasia di alto grado o il cancro esofageo.
Gestione della malattia
La gestione dell’esofago di Barrett richiede un approccio multidisciplinare che coinvolge gastroenterologi, endoscopisti, patologi e, in alcuni casi, chirurghi. I pazienti devono essere informati sulla loro condizione e sui rischi di progressione verso il cancro. È importante che i pazienti seguano attentamente le raccomandazioni del medico per la sorveglianza endoscopica e il trattamento.
Varici esofagee
Definizione
Le varici esofagee sono vene dilatate in modo anomalo che si sviluppano nella parete dell’esofago, il condotto che collega la gola allo stomaco. Questa condizione è una grave complicanza dell’ipertensione portale, ovvero un aumento della pressione sanguigna nella vena porta, la principale vena che trasporta il sangue dall’intestino al fegato.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’incidenza delle varici esofagee è strettamente correlata alla prevalenza della cirrosi epatica, la principale causa di ipertensione portale. Si stima che circa il 50% dei pazienti con cirrosi epatica sviluppi varici esofagee.
- Distribuzione per sesso: Le varici esofagee sono leggermente più comuni negli uomini rispetto alle donne, riflettendo la maggiore prevalenza di cirrosi epatica nel sesso maschile.
- Età di insorgenza: Le varici esofagee possono svilupparsi a qualsiasi età, ma sono più frequenti in età adulta, in genere tra i 40 e i 60 anni, in concomitanza con l’età di insorgenza della cirrosi epatica.
Eziologia e Genetica
La causa principale delle varici esofagee è l’ipertensione portale. Questa condizione è più frequentemente causata da:
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- Cirrosi epatica: La cirrosi epatica è una condizione cronica caratterizzata dalla formazione di tessuto cicatriziale nel fegato, che ostacola il flusso sanguigno attraverso l’organo.
- Trombosi della vena porta: La trombosi della vena porta è la formazione di un coagulo di sangue nella vena porta, che blocca il flusso sanguigno.
- Schistosomiasi: La schistosomiasi è un’infezione parassitaria che può causare danni al fegato e ipertensione portale.
- Sindrome di Budd-Chiari: La sindrome di Budd-Chiari è una rara condizione caratterizzata dall’ostruzione delle vene epatiche, che drenano il sangue dal fegato.
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Non ci sono fattori genetici noti che predispongono direttamente allo sviluppo di varici esofagee. Tuttavia, alcune condizioni genetiche, come l’emocromatosi e la malattia di Wilson, possono aumentare il rischio di cirrosi epatica e, di conseguenza, di varici esofagee.
Patogenesi
L’ipertensione portale forza il sangue a trovare vie alternative per raggiungere il cuore, bypassando il fegato. Questo porta ad un aumento del flusso sanguigno nelle vene dell’esofago, che si dilatano e diventano tortuose, formando le varici esofagee. Queste varici sono fragili e soggette a rottura, con conseguente sanguinamento massivo, potenzialmente fatale.
Manifestazioni Cliniche
Nella maggior parte dei casi, le varici esofagee sono asintomatiche fino a quando non si rompono e causano sanguinamento. I sintomi di un sanguinamento da varici esofagee includono:
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- Ematemesi: Vomito di sangue rosso vivo o di materiale simile a fondi di caffè.
- Melena: Feci nere, catramose e maleodoranti.
- Ematochezia: Emissione di sangue rosso vivo dal retto.
- Sintomi di shock ipovolemico: Debolezza, pallore, sudorazione fredda, tachicardia, ipotensione.
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Procedimenti Diagnostici
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- Esofagogastroduodenoscopia (EGDS): L’EGDS è l’esame gold standard per la diagnosi di varici esofagee. Consiste nell’inserimento di un tubo flessibile con una telecamera all’estremità attraverso la bocca, l’esofago, lo stomaco e il duodeno. L’EGDS permette di visualizzare direttamente le varici esofagee, valutarne le dimensioni e il rischio di sanguinamento.
- Esami di laboratorio: Gli esami del sangue possono essere utili per valutare la funzionalità epatica, la coagulazione del sangue e l’eventuale presenza di anemia.
- Studi di imaging: In alcuni casi, possono essere utili studi di imaging come l’ecografia addominale, la TC o la risonanza magnetica per valutare il fegato e la vena porta.
Prognosi della Malattia
La prognosi delle varici esofagee dipende dalla gravità dell’ipertensione portale e dalla presenza di sanguinamento. Il sanguinamento da varici esofagee è una complicanza grave, con un’alta mortalità. La prognosi migliora con un trattamento tempestivo ed efficace.
Cure e Trattamenti
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- Farmaci:
- Beta-bloccanti: I beta-bloccanti, come il propranololo e il nadololo, riducono la pressione sanguigna nella vena porta e il rischio di sanguinamento.
- Nitrati: I nitrati, come l’isosorbide mononitrato, possono essere utilizzati in combinazione con i beta-bloccanti per ridurre ulteriormente la pressione portale.
- Octreotide: L’octreotide è un farmaco che riduce il flusso sanguigno splancnico e può essere utilizzato per controllare il sanguinamento acuto.
- Endoscopia:
- Legatura elastica: La legatura elastica è una procedura endoscopica che consiste nell’applicazione di piccoli elastici alla base delle varici per bloccarne il flusso sanguigno e causarne la trombosi.
- Scleroterapia: La scleroterapia è una procedura endoscopica che consiste nell’iniezione di una sostanza sclerosante nelle varici per causarne la chiusura.
- TIPS (Transjugular Intrahepatic Portosystemic Shunt): La TIPS è una procedura radiologica che consiste nella creazione di uno shunt tra la vena porta e la vena epatica per ridurre la pressione portale.
- Trapianto di fegato: Il trapianto di fegato è l’unica cura definitiva per le varici esofagee causate da cirrosi epatica.
- Farmaci:
Gestione della Malattia
La gestione delle varici esofagee comprende:
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- Controllo dell’ipertensione portale: Attraverso farmaci e/o procedure interventistiche.
- Prevenzione del sanguinamento: Attraverso farmaci, modifiche dello stile di vita (evitare alcol, sforzi fisici intensi) e sorveglianza endoscopica regolare.
- Trattamento del sanguinamento acuto: Attraverso farmaci, endoscopia e, in casi gravi, TIPS o trapianto di fegato.
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Conclusioni
Le varici esofagee sono una complicanza grave dell’ipertensione portale, con un alto rischio di sanguinamento e mortalità. La diagnosi precoce e il trattamento tempestivo sono fondamentali per migliorare la prognosi.
Tumori dello esofago
Definizione
I tumori dell’esofago sono neoplasie maligne che originano dalle cellule del rivestimento interno dell’esofago, il condotto muscolare che trasporta il cibo dalla bocca allo stomaco. Esistono due principali tipi istologici:
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- Carcinoma squamocellulare: origina dalle cellule squamose che rivestono la maggior parte dell’esofago. Era il tipo più comune, ma la sua incidenza è in diminuzione.
- Adenocarcinoma: origina dalle cellule ghiandolari, spesso in aree di esofago di Barrett, una condizione precancerosa in cui l’epitelio squamoso normale viene sostituito da epitelio colonnare simile a quello dello stomaco. L’incidenza di adenocarcinoma è in aumento.
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Epidemiologia
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- Incidenza: In Italia, si stimano circa 2.400 nuovi casi di tumore dell’esofago ogni anno, con una prevalenza maggiore negli uomini (circa 3 volte superiore rispetto alle donne).
- Distribuzione per sesso: Come accennato, la malattia colpisce più frequentemente gli uomini.
- Età di insorgenza: L’età media alla diagnosi è di circa 65-70 anni, con una maggiore incidenza nelle persone di età superiore ai 55 anni.
Eziologia e genetica
Diversi fattori di rischio contribuiscono allo sviluppo del tumore dell’esofago:
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- Fumo di sigaretta: è uno dei principali fattori di rischio per entrambi i tipi di tumore esofageo.
- Consumo di alcol: aumenta il rischio, soprattutto per il carcinoma squamocellulare.
- Reflusso gastroesofageo e esofago di Barrett: il reflusso acido cronico può causare esofago di Barrett, che aumenta significativamente il rischio di adenocarcinoma.
- Obesità: è associata a un aumentato rischio di adenocarcinoma, probabilmente a causa del maggiore rischio di reflusso gastroesofageo.
- Dieta: una dieta povera di frutta e verdura e ricca di cibi lavorati e carne rossa può aumentare il rischio.
- Fattori genetici: alcune sindromi ereditarie rare, come la tilosi palmare e plantare e la sindrome di Plummer-Vinson, aumentano il rischio di carcinoma squamocellulare.
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Patogenesi
Lo sviluppo del tumore dell’esofago è un processo multifasico che coinvolge alterazioni genetiche e molecolari accumulate nel tempo. L’esposizione ai fattori di rischio sopra menzionati può causare danni al DNA delle cellule esofagee, portando a mutazioni e crescita cellulare incontrollata.
Manifestazioni cliniche
Il sintomo più comune del tumore dell’esofago è la disfagia, ovvero la difficoltà a deglutire. Inizialmente, la disfagia può essere intermittente e riguardare solo cibi solidi, ma con il progredire della malattia può diventare progressivamente più grave e interessare anche cibi semisolidi e liquidi. Altri sintomi possono includere:
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- Perdita di peso: spesso significativa e inspiegabile.
- Dolore toracico o alla schiena: può essere presente in caso di invasione di strutture adiacenti.
- Raucedine: può indicare il coinvolgimento del nervo laringeo ricorrente.
- Tosse cronica o polmonite ricorrente: possono essere causate da aspirazione di cibo o liquidi nelle vie respiratorie.
- Vomito: può verificarsi in caso di ostruzione completa dell’esofago.
- Ematemesi: vomito di sangue, può indicare sanguinamento dal tumore.
- Melena: feci nere e catramose, dovute alla presenza di sangue digerito.
- Anemia sideropenica: può essere causata da sanguinamento cronico.
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Procedimenti diagnostici
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- Esofagogastroduodenoscopia (EGDS): è l’esame principale per la diagnosi del tumore dell’esofago. Consente la visualizzazione diretta dell’esofago e la biopsia di eventuali lesioni sospette per l’esame istologico.
- Biopsia: l’esame istologico del tessuto prelevato durante l’EGDS conferma la diagnosi di tumore e ne definisce il tipo istologico e il grado di differenziazione.
- Radiografia del torace con mezzo di contrasto: può mostrare restringimenti o irregolarità dell’esofago suggestive di tumore.
- Tomografia computerizzata (TC) del torace e dell’addome: permette di valutare l’estensione del tumore e la presenza di metastasi a distanza.
- Risonanza magnetica (RM) del torace: può essere utile in alcuni casi per valutare l’invasione di strutture adiacenti.
- Tomografia a emissione di positroni (PET): può essere utilizzata per la stadiazione del tumore e per la ricerca di metastasi.
- Ecografia endoscopica (EUS): permette di valutare la profondità di invasione del tumore nella parete esofagea e la presenza di linfonodi metastatici.
Prognosi della malattia
La prognosi del tumore dell’esofago dipende da diversi fattori, tra cui:
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- Stadio del tumore: la prognosi è migliore negli stadi iniziali, quando il tumore è limitato all’esofago.
- Tipo istologico: l’adenocarcinoma tende ad avere una prognosi leggermente migliore rispetto al carcinoma squamocellulare.
- Grado di differenziazione: i tumori ben differenziati hanno una prognosi migliore rispetto a quelli poco differenziati.
- Presenza di metastasi: la presenza di metastasi a distanza peggiora significativamente la prognosi.
- Età e condizioni generali del paziente: pazienti più giovani e in buone condizioni generali hanno una prognosi migliore.
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La sopravvivenza a 5 anni per il tumore dell’esofago è in generale bassa, intorno al 20%. Tuttavia, la prognosi è migliorata negli ultimi anni grazie ai progressi nella diagnosi e nel trattamento.
Cure e trattamenti
Il trattamento del tumore dell’esofago dipende dallo stadio della malattia, dal tipo istologico, dalle condizioni generali del paziente e dalle preferenze individuali. Le opzioni terapeutiche includono:
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- Chirurgia: è il trattamento di scelta per i tumori in stadio iniziale, quando la resezione completa del tumore è possibile. L’intervento chirurgico può prevedere l’esofagectomia, ovvero la rimozione di una parte o di tutto l’esofago, con ricostruzione del tratto digerente.
- Radioterapia: può essere utilizzata da sola o in combinazione con la chirurgia o la chemioterapia. La radioterapia utilizza radiazioni ad alta energia per distruggere le cellule tumorali.
- Chemioterapia: può essere utilizzata prima o dopo la chirurgia, o in combinazione con la radioterapia. La chemioterapia utilizza farmaci antitumorali per distruggere le cellule tumorali.
- Terapia mirata: utilizza farmaci che agiscono specificamente su bersagli molecolari presenti sulle cellule tumorali.
- Immunoterapia: stimola il sistema immunitario del paziente a combattere il tumore.
- Terapia palliativa: ha lo scopo di alleviare i sintomi e migliorare la qualità di vita dei pazienti con tumore avanzato.
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2. MALATTIE DELLO STOMACO
Gastrite acuta
Definizione
La gastrite acuta è definita come un’infiammazione acuta della mucosa gastrica, che può interessare l’intero stomaco (pangastrite) o essere limitata a specifiche aree. L’infiammazione può essere superficiale o profonda, e nei casi più gravi può portare a erosioni o ulcere della mucosa.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’incidenza precisa della gastrite acuta è difficile da determinare, in quanto molti casi sono lievi e autolimitanti, quindi non vengono diagnosticati. Tuttavia, si stima che una percentuale significativa della popolazione sperimenti almeno un episodio di gastrite acuta nel corso della vita.
- Distribuzione per sesso: Non ci sono differenze significative nell’incidenza della gastrite acuta tra uomini e donne.
- Età di insorgenza: La gastrite acuta può colpire individui di tutte le età, ma è più comune negli adulti. Alcuni fattori di rischio, come l’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), aumentano con l’età, contribuendo a una maggiore incidenza negli anziani.
Eziologia e Genetica
La gastrite acuta è causata da un danno alla mucosa gastrica, che può essere indotto da diversi fattori:
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- Fattori irritanti:
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- Alcol
- Farmaci, in particolare FANS e acido acetilsalicilico
- Cibi piccanti o irritanti
- Reflusso biliare
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- Infezioni:
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- Helicobacter pylori (principalmente associato a gastrite cronica, ma può contribuire anche ad episodi acuti)
- Infezioni virali, batteriche o parassitarie
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- Stress:
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- Stress fisico o emotivo intenso può aumentare la produzione di acido gastrico e ridurre la protezione della mucosa, predisponendo alla gastrite acuta.
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- Altri fattori:
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- Radiazioni
- Ingestione di sostanze caustiche
- Malattie sistemiche
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- Fattori irritanti:
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La predisposizione genetica alla gastrite acuta non è completamente chiarita, ma alcuni studi suggeriscono che la presenza di specifici geni può aumentare il rischio di sviluppare la malattia.
Patogenesi
La patogenesi della gastrite acuta coinvolge un’alterazione dell’equilibrio tra i fattori aggressivi e i fattori protettivi della mucosa gastrica. I fattori aggressivi, come l’acido gastrico, la pepsina e gli agenti irritanti, danneggiano la mucosa, mentre i fattori protettivi, come il muco, il bicarbonato e il flusso sanguigno mucosale, la proteggono. Quando i fattori aggressivi superano i fattori protettivi, si verifica l’infiammazione e il danno alla mucosa.
Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche della gastrite acuta possono variare da lievi a gravi, e includono:
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- Dolore epigastrico: Dolore o bruciore nella parte superiore dell’addome, spesso descritto come “mal di stomaco”
- Nausea e vomito: Sensazione di malessere allo stomaco e possibile espulsione del contenuto gastrico
- Dispepsia: Difficoltà digestive, come gonfiore, eruttazione e senso di pienezza precoce
- Ematemesi: Vomito con sangue, che può essere rosso vivo o scuro (“a fondi di caffè”)
- Melena: Feci nere e catramose, dovute alla presenza di sangue digerito
- Sintomi sistemici: In casi gravi, possono presentarsi febbre, debolezza, sudorazione e tachicardia
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di gastrite acuta si basa sulla valutazione clinica, l’anamnesi del paziente e gli esami strumentali e di laboratorio:
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- Metodi generali: Esame obiettivo, valutazione dei sintomi e della storia clinica del paziente
- Metodi strumentali:
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- Esofagogastroduodenoscopia (EGDS): Permette la visualizzazione diretta della mucosa gastrica e l’eventuale prelievo di biopsie per l’esame istologico.
- Radiografia con mezzo di contrasto: Meno utilizzata rispetto all’EGDS, può evidenziare alterazioni della mucosa gastrica.
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- Esami di laboratorio:
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- Esame emocromocitometrico: Per valutare la presenza di anemia in caso di sanguinamento
- Test per Helicobacter pylori: Per identificare l’eventuale infezione
- Esame delle feci: Per la ricerca di sangue occulto
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Prognosi della Malattia
La prognosi della gastrite acuta è generalmente buona. Nella maggior parte dei casi, la malattia si risolve spontaneamente o con un trattamento adeguato entro pochi giorni. Tuttavia, in alcuni casi possono verificarsi complicanze, come sanguinamento gastrointestinale, perforazione gastrica o ostruzione pilorica.
Cure e Trattamenti
Il trattamento della gastrite acuta mira ad alleviare i sintomi, promuovere la guarigione della mucosa e prevenire le complicanze:
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- Farmaci specifici:
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- Antiacidi: Per neutralizzare l’acidità gastrica
- Inibitori di pompa protonica (PPI): Per ridurre la produzione di acido gastrico
- Anti-H2: Per bloccare l’azione dell’istamina sulla produzione di acido gastrico
- Protettori della mucosa: Per creare una barriera protettiva sulla mucosa gastrica
- Antibiotici: Se è presente un’infezione da Helicobacter pylori
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- Altri trattamenti:
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- Modifiche dello stile di vita: Evitare cibi irritanti, alcol e fumo, ridurre lo stress
- Dieta leggera: Consumare pasti piccoli e frequenti, evitare cibi grassi e piccanti
- Idratazione: Bere abbondanti liquidi
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- Gestione della malattia:
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- Monitoraggio dei sintomi
- Follow-up medico per valutare la guarigione e prevenire le recidive
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- Farmaci specifici:
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Conclusioni
La gastrite acuta è una condizione comune che può causare sintomi significativi. La diagnosi tempestiva e il trattamento adeguato sono fondamentali per alleviare i sintomi, promuovere la guarigione e prevenire le complicanze. La maggior parte dei pazienti guarisce completamente con un trattamento conservativo, ma in alcuni casi possono essere necessari interventi più invasivi.
Gastrite cronica
La gastrite cronica è una condizione infiammatoria della mucosa dello stomaco che persiste per un periodo prolungato. Si distinguono diverse forme di gastrite cronica, principalmente classificate in base alla loro eziologia e alle caratteristiche istologiche:
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- Tipo A (gastrite autoimmune): caratterizzata dalla presenza di anticorpi diretti contro le cellule parietali gastriche e il fattore intrinseco.
- Tipo B (gastrite da Helicobacter pylori): la forma più comune, causata dall’infezione del batterio Helicobacter pylori.
- Tipo C (gastrite reattiva o chimica): associata all’esposizione a sostanze irritanti come farmaci (FANS), alcol o reflusso biliare.
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Epidemiologia
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- Incidenza: La gastrite cronica è una condizione molto comune, con una prevalenza che varia a seconda della popolazione e del tipo di gastrite. La gastrite da H. pylori è più frequente nei paesi in via di sviluppo, mentre la gastrite autoimmune è più comune nei paesi industrializzati.
- Distribuzione per sesso: La gastrite da H. pylori colpisce in egual misura uomini e donne, mentre la gastrite autoimmune è leggermente più frequente nelle donne.
- Età di insorgenza: La gastrite da H. pylori può insorgere a qualsiasi età, ma è più comune negli adulti. La gastrite autoimmune si manifesta in genere in età adulta o avanzata.
Eziologia e Genetica
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- Gastrite autoimmune: è causata da una reazione autoimmune in cui il sistema immunitario attacca le cellule parietali dello stomaco, responsabili della produzione di acido cloridrico e fattore intrinseco. La predisposizione genetica gioca un ruolo importante in questa forma di gastrite.
- Gastrite da H. pylori: l’infezione da H. pylori è la causa principale di questa forma di gastrite. Il batterio si trasmette principalmente per via oro-fecale o oro-orale. Fattori come le condizioni igienico-sanitarie, il sovraffollamento e la condivisione di utensili possono favorire la trasmissione.
- Gastrite reattiva: è causata dall’esposizione a sostanze che danneggiano la mucosa gastrica. I FANS, l’alcol, il reflusso biliare e il fumo sono tra i principali fattori di rischio.
Patogenesi
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- Gastrite autoimmune: la distruzione delle cellule parietali porta a una riduzione della produzione di acido cloridrico (ipocloridria) e fattore intrinseco, con conseguente malassorbimento di vitamina B12 e anemia perniciosa.
- Gastrite da H. pylori: il batterio produce sostanze che danneggiano la mucosa gastrica, innescando una risposta infiammatoria cronica. L’infezione da H. pylori è un fattore di rischio per lo sviluppo di ulcera peptica, cancro gastrico e linfoma MALT.
- Gastrite reattiva: le sostanze irritanti danneggiano la mucosa gastrica, provocando infiammazione e alterazioni della barriera mucosa.
Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche della gastrite cronica sono spesso aspecifiche e variabili. Molti pazienti sono asintomatici, mentre altri possono presentare sintomi lievi e intermittenti. I sintomi più comuni includono:
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- Dolore o fastidio epigastrico: sensazione di bruciore, pienezza o pesantezza nella parte superiore dell’addome.
- Dispepsia: difficoltà digestive, gonfiore addominale, nausea, vomito.
- Perdita di appetito: sensazione di sazietà precoce.
- Anemia: soprattutto nella gastrite autoimmune, a causa del malassorbimento di vitamina B12.
- Ematemesi o melena: vomito con sangue o feci nere, indicative di sanguinamento gastrico (complicanza rara).
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In alcuni casi, la gastrite cronica può essere asintomatica e venire diagnosticata casualmente durante esami endoscopici eseguiti per altre ragioni.
Procedimenti Diagnostici
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- Anamnesi ed esame obiettivo: raccolta dei sintomi e valutazione dello stato generale del paziente.
- Esofagogastroduodenoscopia (EGDS): esame endoscopico che permette di visualizzare la mucosa dello stomaco e del duodeno, prelevare biopsie per l’esame istologico e la ricerca di H. pylori.
- Test per H. pylori: test del respiro, test delle feci o test sierologici per la ricerca dell’infezione.
- Esami di laboratorio: emocromo (per valutare la presenza di anemia), dosaggio di vitamina B12, ricerca di anticorpi anti-cellule parietali e anti-fattore intrinseco (nella gastrite autoimmune).
- Biopsia gastrica: esame istologico del tessuto prelevato durante l’EGDS per confermare la diagnosi e classificare il tipo di gastrite.
Prognosi
La prognosi della gastrite cronica dipende dal tipo di gastrite e dalla presenza di eventuali complicanze.
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- Gastrite autoimmune: può portare a complicanze come l’anemia perniciosa e, in rari casi, il cancro gastrico.
- Gastrite da H. pylori: se non trattata, può aumentare il rischio di ulcera peptica, cancro gastrico e linfoma MALT.
- Gastrite reattiva: la prognosi è generalmente buona se si eliminano i fattori irritanti.
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Cure e Trattamenti
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- Gastrite autoimmune: non esiste una cura definitiva, ma il trattamento si concentra sulla gestione dei sintomi e delle complicanze. La supplementazione di vitamina B12 è fondamentale per prevenire l’anemia perniciosa.
- Gastrite da H. pylori: la terapia eradicante con antibiotici e inibitori di pompa protonica è il trattamento di scelta.
- Gastrite reattiva: il trattamento si basa sull’eliminazione dei fattori irritanti (FANS, alcol, fumo) e sulla protezione della mucosa gastrica con farmaci come gli inibitori di pompa protonica o gli antiacidi.
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In tutti i tipi di gastrite cronica, è importante adottare uno stile di vita sano, con un’alimentazione equilibrata, evitando cibi irritanti e lo stress.
Farmaci specifici:
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- Inibitori di pompa protonica (PPI): omeprazolo, lansoprazolo, pantoprazolo, esomeprazolo, rabeprazolo. Riducono la produzione di acido gastrico.
- Antiacidi: idrossido di alluminio, idrossido di magnesio, carbonato di calcio. Neutralizzano l’acido gastrico.
- Antibiotici: amoxicillina, claritromicina, metronidazolo, tetraciclina. Utilizzati nella terapia eradicante dell’H. pylori.
- Supplementazione di vitamina B12: nella gastrite autoimmune.
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Altri trattamenti e gestione della malattia:
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- Modifiche dello stile di vita: evitare cibi irritanti (piccanti, grassi, fritti, caffè, alcol), smettere di fumare, gestire lo stress.
- Alimentazione: pasti piccoli e frequenti, masticare bene il cibo, evitare di coricarsi subito dopo i pasti.
- Follow-up: controlli periodici per monitorare l’evoluzione della malattia e l’efficacia del trattamento.
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Dispepsia funzionale
Definizione
La dispepsia funzionale è un disturbo gastrointestinale comune caratterizzato da sintomi cronici o ricorrenti localizzati nella regione superiore dell’addome, in assenza di una causa organica evidente. Questa condizione, spesso definita come “cattiva digestione”, può avere un impatto significativo sulla qualità della vita dei pazienti.
La dispepsia funzionale è definita dalla presenza di uno o più dei seguenti sintomi:
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- Dolore epigastrico: dolore o fastidio localizzato nella parte superiore dell’addome, al di sotto dello sterno.
- Bruciore di stomaco: sensazione di bruciore che risale dall’esofago.
- Sensazione di pienezza postprandiale: sensazione di sazietà precoce e persistente dopo i pasti.
- Gonfiore addominale: distensione dell’addome causata da un accumulo di gas.
- Nausea: sensazione di malessere allo stomaco che può precedere il vomito.
- Rigurgito: ritorno involontario di cibo o liquidi dallo stomaco all’esofago.
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È importante sottolineare che questi sintomi devono essere presenti da almeno 3 mesi, con un esordio da almeno 6 mesi prima della diagnosi, per poter parlare di dispepsia funzionale.
Epidemiologia
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- Incidenza: La dispepsia funzionale è un disturbo molto comune, con una prevalenza stimata tra il 15% e il 40% nella popolazione generale.
- Distribuzione per sesso: La dispepsia funzionale sembra essere leggermente più frequente nelle donne rispetto agli uomini.
- Età di insorgenza: La dispepsia funzionale può manifestarsi a qualsiasi età, ma è più comune in età adulta, con un picco di incidenza tra i 20 e i 40 anni.
Eziologia e Genetica
Le cause della dispepsia funzionale non sono completamente comprese, ma si ritiene che siano coinvolti diversi fattori:
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- Alterata motilità gastrica: un rallentamento dello svuotamento gastrico può contribuire alla sensazione di pienezza e gonfiore.
- Ipersensibilità viscerale: una maggiore sensibilità ai segnali provenienti dal tratto gastrointestinale può amplificare la percezione dei sintomi.
- Fattori psicologici: stress, ansia e depressione possono influenzare la motilità gastrointestinale e la percezione dei sintomi.
- Infezioni: l’infezione da Helicobacter pylori può essere associata alla dispepsia funzionale, sebbene il suo ruolo esatto sia ancora dibattuto.
- Fattori dietetici: alcuni alimenti, come cibi grassi, piccanti o caffè, possono peggiorare i sintomi.
- Fumo: il fumo di sigaretta può irritare la mucosa gastrica e contribuire alla dispepsia.
- Farmaci: alcuni farmaci, come i FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei), possono causare irritazione gastrica e dispepsia.
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Non ci sono evidenze di una forte componente genetica nella dispepsia funzionale, sebbene alcuni studi suggeriscano una possibile predisposizione familiare.
Patogenesi
La patogenesi della dispepsia funzionale è complessa e multifattoriale. Si ritiene che l’interazione tra alterazioni della motilità gastrica, ipersensibilità viscerale e fattori psicosociali giochi un ruolo chiave nello sviluppo dei sintomi.
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- Alterazioni della motilità gastrica: un rallentamento dello svuotamento gastrico può causare una sensazione di pienezza e gonfiore dopo i pasti. Questo può essere dovuto a un’alterata attività dei muscoli dello stomaco o a una disfunzione del nervo vago, che controlla la motilità gastrointestinale.
- Ipersensibilità viscerale: una maggiore sensibilità ai segnali provenienti dal tratto gastrointestinale può amplificare la percezione dei sintomi. Questo può essere dovuto a un’alterazione dei recettori sensoriali presenti nella parete dello stomaco o a una disfunzione del sistema nervoso centrale nella elaborazione dei segnali viscerali.
- Fattori psicosociali: stress, ansia e depressione possono influenzare la motilità gastrointestinale e la percezione dei sintomi. Lo stress può aumentare la produzione di acido gastrico e rallentare lo svuotamento gastrico, mentre l’ansia e la depressione possono aumentare la sensibilità ai segnali viscerali.
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Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche della dispepsia funzionale sono variabili e possono includere:
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- Dolore epigastrico: il dolore può essere descritto come un bruciore, un crampo o una sensazione di pesantezza. Può essere localizzato nella parte superiore dell’addome, al di sotto dello sterno, e può irradiarsi alla schiena o al torace. Il dolore può essere aggravato dai pasti o dallo stress e può essere alleviato dall’assunzione di antiacidi.
- Bruciore di stomaco: il bruciore di stomaco è una sensazione di bruciore che risale dall’esofago. Può essere accompagnato da rigurgito acido o da un sapore amaro in bocca. Il bruciore di stomaco è spesso aggravato dai pasti abbondanti, dai cibi grassi o piccanti, dal caffè e dall’alcol.
- Sensazione di pienezza postprandiale: la sensazione di pienezza postprandiale è una sensazione di sazietà precoce e persistente dopo i pasti. Può essere accompagnata da gonfiore addominale e nausea.
- Gonfiore addominale: il gonfiore addominale è una distensione dell’addome causata da un accumulo di gas. Può essere accompagnato da eruttazioni e flatulenza.
- Nausea: la nausea è una sensazione di malessere allo stomaco che può precedere il vomito.
- Rigurgito: il rigurgito è il ritorno involontario di cibo o liquidi dallo stomaco all’esofago. Può essere accompagnato da un sapore acido o amaro in bocca.
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di dispepsia funzionale si basa principalmente sull’esclusione di altre patologie organiche che possono causare sintomi simili. I principali procedimenti diagnostici includono:
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- Anamnesi ed esame obiettivo: l’anamnesi accurata dei sintomi e l’esame obiettivo sono fondamentali per indirizzare gli accertamenti successivi.
- Esofagogastroduodenoscopia (EGDS): l’EGDS è un esame endoscopico che permette di visualizzare direttamente l’esofago, lo stomaco e il duodeno. È utile per escludere la presenza di ulcere, gastriti, esofagite o tumori.
- Biopsia gastrica: durante l’EGDS può essere eseguita una biopsia della mucosa gastrica per la ricerca dell’Helicobacter pylori.
- Esami di laboratorio: gli esami del sangue possono essere utili per escludere altre patologie, come anemia, celiachia o malattie infiammatorie intestinali.
- Test del respiro per l’Helicobacter pylori: questo test permette di rilevare la presenza dell’Helicobacter pylori nel respiro.
- Ecografia addominale: l’ecografia addominale può essere utile per escludere la presenza di calcoli biliari, pancreatite o altre patologie addominali.
- Studio della motilità gastrica: in alcuni casi può essere necessario eseguire studi specifici per valutare la motilità gastrica, come la manometria esofagea o la scintigrafia gastrica.
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Prognosi
La prognosi della dispepsia funzionale è generalmente buona, anche se i sintomi possono essere cronici e ricorrenti. La maggior parte dei pazienti riesce a gestire i sintomi con modifiche dello stile di vita e terapie farmacologiche.
Cure e Trattamenti
Il trattamento della dispepsia funzionale si basa su un approccio multidisciplinare che include:
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- Modifiche dello stile di vita:
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- Alimentazione: evitare cibi grassi, piccanti, caffè, alcol e bevande gassate. Fare pasti piccoli e frequenti.
- Gestione dello stress: tecniche di rilassamento, come yoga o meditazione, possono aiutare a ridurre lo stress e migliorare i sintomi.
- Astensione dal fumo: il fumo può irritare la mucosa gastrica e peggiorare i sintomi.
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- Farmaci:
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- Antiacidi: gli antiacidi neutralizzano l’acidità gastrica e possono alleviare il bruciore di stomaco.
- Inibitori della pompa protonica (IPP): gli IPP riducono la produzione di acido gastrico e sono efficaci nel trattamento del bruciore di stomaco e del dolore epigastrico.
- Procinetici: i procinetici accelerano lo svuotamento gastrico e possono alleviare la sensazione di pienezza e gonfiore.
- Antidepressivi: gli antidepressivi a basso dosaggio possono essere utili nel trattamento della dispepsia funzionale, in particolare nei pazienti con ansia o depressione.
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- Psicoterapia:
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- La psicoterapia, in particolare la terapia cognitivo-comportamentale, può aiutare i pazienti a gestire lo stress e a modificare i comportamenti che possono peggiorare i sintomi.
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- Modifiche dello stile di vita:
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Gastroparesi
La gastroparesi è una condizione medica caratterizzata da un ritardato svuotamento gastrico in assenza di ostruzione meccanica. In parole semplici, lo stomaco non riesce a svuotare il suo contenuto nell’intestino tenue con la normale velocità. Ciò si verifica a causa di un’alterazione della motilità gastrica, ovvero della capacità dello stomaco di contrarsi e spingere il cibo lungo il tratto digestivo.
Epidemiologia
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- Incidenza: La prevalenza della gastroparesi è stimata intorno al 10% nella popolazione generale, ma può raggiungere il 40% in pazienti con diabete di tipo 1.
- Distribuzione per sesso: La gastroparesi colpisce più frequentemente le donne rispetto agli uomini, con un rapporto di 4:1.
- Età di insorgenza: La gastroparesi può manifestarsi a qualsiasi età, ma è più comune tra i 20 e i 50 anni.
Eziologia e Genetica
Nella maggior parte dei casi, la gastroparesi è idiopatica, ovvero non se ne conosce la causa. Tuttavia, diverse condizioni possono contribuire al suo sviluppo, tra cui:
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- Diabete mellito: La neuropatia diabetica può danneggiare il nervo vago, che controlla la motilità gastrica.
- Malattie autoimmuni: Alcune malattie autoimmuni, come la sclerosi sistemica e il lupus eritematoso sistemico, possono causare infiammazione e danno ai nervi e ai muscoli dello stomaco.
- Interventi chirurgici: Interventi chirurgici all’addome o all’esofago possono danneggiare il nervo vago o i muscoli dello stomaco.
- Infezioni: Alcune infezioni virali o batteriche possono causare gastroparesi acuta, che di solito si risolve spontaneamente.
- Farmaci: Alcuni farmaci, come gli oppioidi, gli anticolinergici e gli antidepressivi triciclici, possono rallentare lo svuotamento gastrico.
- Disturbi alimentari: Anoressia e bulimia possono alterare la motilità gastrica.
- Fattori genetici: Sebbene non siano stati identificati geni specifici associati alla gastroparesi, sembra esserci una predisposizione familiare alla malattia.
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Patogenesi
La patogenesi della gastroparesi è complessa e non completamente compresa. Si ritiene che il danno al nervo vago o ai muscoli dello stomaco sia il principale meccanismo responsabile della malattia. Il nervo vago controlla le contrazioni muscolari dello stomaco, che sono essenziali per spingere il cibo nell’intestino tenue. Quando il nervo vago è danneggiato, le contrazioni dello stomaco si indeboliscono o diventano irregolari, causando un rallentamento dello svuotamento gastrico.
Manifestazioni Cliniche
I sintomi della gastroparesi possono variare da lievi a gravi e includono:
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- Nausea e vomito: Sono i sintomi più comuni, spesso peggiori dopo i pasti. Il vomito può contenere cibo non digerito, anche diverse ore dopo il pasto.
- Sensazione di pienezza precoce: I pazienti si sentono sazi dopo aver mangiato solo una piccola quantità di cibo.
- Gonfiore addominale: L’addome può apparire gonfio e disteso, soprattutto dopo i pasti.
- Dolore addominale: Il dolore può essere crampiforme o continuo e localizzato nella parte superiore dell’addome.
- Bruciore di stomaco: Il reflusso acido dallo stomaco all’esofago può causare bruciore di stomaco.
- Perdita di peso: La difficoltà a mangiare a causa dei sintomi può portare a perdita di peso involontaria.
- Fluttuazioni glicemiche nei diabetici: La gastroparesi può rendere difficile il controllo della glicemia nei pazienti diabetici.
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di gastroparesi si basa su una combinazione di:
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- Anamnesi ed esame obiettivo: Il medico raccoglierà informazioni sui sintomi del paziente e effettuerà un esame fisico.
- Studio della motilità gastrica:
- Svuotamento gastrico: Questo test misura la velocità con cui lo stomaco si svuota dopo un pasto solido o liquido. È considerato il gold standard per la diagnosi di gastroparesi.
- Manometria gastrica: Questo test misura la pressione e l’attività elettrica dei muscoli dello stomaco.
- Elettrogastrografia: Questo test misura l’attività elettrica dello stomaco e può identificare anomalie nel ritmo delle contrazioni muscolari.
- Esami di laboratorio: Gli esami del sangue possono essere utili per escludere altre condizioni che possono causare sintomi simili, come l’infezione da Helicobacter pylori o la celiachia.
- Endoscopia digestiva alta: Questo esame consente di visualizzare l’esofago, lo stomaco e il duodeno e di escludere ostruzioni meccaniche.
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Prognosi
La prognosi della gastroparesi varia a seconda della causa e della gravità della malattia. In molti casi, i sintomi possono essere gestiti con successo con modifiche dello stile di vita e farmaci. Tuttavia, in alcuni casi, la gastroparesi può causare complicanze come la malnutrizione, la disidratazione e la formazione di bezoari (masse di cibo non digerito nello stomaco).
Cure e Trattamenti
Il trattamento della gastroparesi mira ad alleviare i sintomi, migliorare lo svuotamento gastrico e prevenire le complicanze. Le opzioni terapeutiche includono:
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- Modifiche dello stile di vita:
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- Pasti piccoli e frequenti: Mangiare pasti più piccoli e più frequentemente può aiutare a ridurre il carico di lavoro dello stomaco.
- Cibi a basso contenuto di grassi e fibre: I grassi e le fibre rallentano lo svuotamento gastrico.
- Idratazione adeguata: Bere molti liquidi aiuta a prevenire la disidratazione.
- Evitare cibi che peggiorano i sintomi: Alcuni cibi, come le bevande gassate, l’alcol e la caffeina, possono peggiorare i sintomi della gastroparesi.
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- Farmaci:
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- Procinetici: Questi farmaci aiutano ad accelerare lo svuotamento gastrico. Esempi includono metoclopramide, domperidone ed eritromicina.
- Antiemetici: Questi farmaci aiutano a controllare la nausea e il vomito. Esempi includono ondansetron e granisetron.
- Antiacidi: Questi farmaci aiutano a ridurre il bruciore di stomaco.
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- Altri trattamenti:
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- Nutrizione enterale: In caso di grave malnutrizione, può essere necessario ricorrere alla nutrizione enterale, che consiste nella somministrazione di nutrienti direttamente nell’intestino tenue attraverso un sondino.
- Stimolazione gastrica: La stimolazione gastrica è una procedura chirurgica che prevede l’impianto di un dispositivo che invia impulsi elettrici allo stomaco per stimolare le contrazioni muscolari.
- Gastrectomia: In casi rari e gravi, può essere necessario ricorrere alla gastrectomia, ovvero alla rimozione parziale o totale dello stomaco.
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- Modifiche dello stile di vita:
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Ulcera peptica
Definizione
L’ulcera peptica è una lesione della mucosa che riveste lo stomaco (ulcera gastrica) o il duodeno (ulcera duodenale), la prima parte dell’intestino tenue. Si tratta di una vera e propria ferita, caratterizzata da una perdita di sostanza della parete, che penetra in profondità oltre la muscularis mucosae.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’ulcera peptica è una condizione relativamente comune, che colpisce circa il 4% della popolazione mondiale. Negli ultimi decenni, l’incidenza dell’ulcera duodenale è diminuita, mentre quella dell’ulcera gastrica è rimasta stabile o è leggermente aumentata.
- Distribuzione per sesso: L’ulcera duodenale è più frequente negli uomini, mentre l’ulcera gastrica colpisce in egual misura uomini e donne.
- Età di insorgenza: L’ulcera duodenale si manifesta più frequentemente tra i 20 e i 50 anni, mentre l’ulcera gastrica è più comune dopo i 50 anni.
Eziologia e Genetica
Le principali cause dell’ulcera peptica sono:
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- Infezione da Helicobacter pylori: Questo batterio è presente nello stomaco di circa il 50% della popolazione mondiale. In alcuni individui, l’infezione da H. pylori può causare un’infiammazione cronica della mucosa gastrica, che a sua volta può portare alla formazione di ulcere.
- Farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS): L’uso prolungato di FANS, come l’aspirina e l’ibuprofene, può danneggiare la mucosa gastrica e duodenale, aumentando il rischio di ulcera.
- Fumo di sigaretta: Il fumo aumenta la produzione di acido gastrico e riduce la produzione di bicarbonato, che protegge la mucosa gastrica.
- Alcol: L’alcol può irritare la mucosa gastrica e aumentare il rischio di ulcera.
- Stress: Lo stress può aumentare la produzione di acido gastrico e peggiorare i sintomi dell’ulcera.
- Fattori genetici: Alcuni individui sono geneticamente predisposti a sviluppare l’ulcera peptica. Ad esempio, le persone con gruppo sanguigno 0 hanno un rischio maggiore di sviluppare ulcera duodenale.
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Patogenesi
La patogenesi dell’ulcera peptica è complessa e multifattoriale. In generale, l’ulcera si sviluppa quando c’è uno squilibrio tra i fattori aggressivi (acido gastrico, pepsina, H. pylori) e i fattori difensivi (muco, bicarbonato, flusso sanguigno mucosale).
Manifestazioni Cliniche
Il sintomo più comune dell’ulcera peptica è il dolore addominale, che può essere descritto come:
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- Urente o bruciante
- Localizzato nella parte superiore dell’addome, tra lo sterno e l’ombelico
- Peggiora a stomaco vuoto o di notte
- Migliora dopo aver mangiato o assunto antiacidi
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Altri sintomi possono includere:
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- Nausea e vomito
- Gonfiore addominale
- Perdita di appetito
- Perdita di peso
- Ematemesi (vomito di sangue)
- Melena (feci nere e catramose)
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Procedimenti Diagnostici
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- Esofagogastroduodenoscopia (EGDS): È l’esame diagnostico di riferimento per l’ulcera peptica. Consiste nell’inserimento di un tubo flessibile con una telecamera all’estremità attraverso la bocca, l’esofago e lo stomaco fino al duodeno. L’EGDS permette di visualizzare direttamente la mucosa e di eseguire biopsie per la ricerca di H. pylori o per escludere la presenza di un tumore.
- Test del respiro per H. pylori: Questo test non invasivo permette di rilevare la presenza di H. pylori nel respiro.
- Esame delle feci per H. pylori: Questo test permette di rilevare la presenza di antigeni di H. pylori nelle feci.
- Esami del sangue: Possono essere utili per valutare la presenza di anemia (in caso di sanguinamento) o per escludere altre patologie.
Prognosi
La prognosi dell’ulcera peptica è generalmente buona se la malattia viene diagnosticata e trattata correttamente. La maggior parte delle ulcere guarisce completamente con la terapia medica. Tuttavia, in alcuni casi possono verificarsi complicanze, come sanguinamento, perforazione o ostruzione.
Cure e Trattamenti
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- Farmaci che inibiscono la secrezione acida: Inibitori di pompa protonica (PPI) e antagonisti dei recettori H2 sono i farmaci più utilizzati per il trattamento dell’ulcera peptica. Riducono la produzione di acido gastrico, favorendo la guarigione dell’ulcera.
- Antibiotici: Se è presente l’infezione da H. pylori, vengono prescritti antibiotici per eradicare il batterio.
- Farmaci che proteggono la mucosa: Alcuni farmaci, come il sucralfato e il bismuto, formano un rivestimento protettivo sulla mucosa gastrica, favorendo la guarigione dell’ulcera.
- Modifiche dello stile di vita: Smettere di fumare, ridurre il consumo di alcol, evitare i FANS e gestire lo stress possono aiutare a prevenire le recidive.
- Chirurgia: La chirurgia è raramente necessaria per il trattamento dell’ulcera peptica. Può essere indicata in caso di complicanze, come sanguinamento massivo, perforazione o ostruzione.
Gestione della malattia
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- Follow-up: Dopo la guarigione dell’ulcera, è importante effettuare controlli periodici per monitorare l’evoluzione della malattia e prevenire le recidive.
- Educazione del paziente: È fondamentale educare il paziente sull’importanza di seguire la terapia prescritta, modificare lo stile di vita e riconoscere i sintomi di eventuali complicanze.
Polipi gastrici
Definizione
I polipi gastrici sono escrescenze anomale che si sviluppano dalla mucosa dello stomaco. Possono variare in dimensioni, forma e tipologia istologica. La maggior parte dei polipi gastrici sono benigni, ma alcuni possono evolvere in cancro allo stomaco.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’incidenza dei polipi gastrici varia a seconda della popolazione studiata e dei metodi diagnostici utilizzati. Studi endoscopici indicano una prevalenza che va dal 2% al 25% della popolazione adulta.
- Distribuzione per sesso: I polipi gastrici sono più comuni negli uomini che nelle donne, con un rapporto di circa 2:1.
- Età di insorgenza: L’incidenza dei polipi gastrici aumenta con l’età, con un picco tra i 50 e i 60 anni.
Eziologia e Genetica
Le cause esatte dello sviluppo dei polipi gastrici non sono completamente comprese, ma diversi fattori di rischio sono stati identificati:
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- Infezione da Helicobacter pylori: L’infezione cronica da H. pylori è un fattore di rischio significativo per lo sviluppo di polipi gastrici, in particolare i polipi iperplastici.
- Gastrite cronica: L’infiammazione cronica della mucosa gastrica, indipendentemente dalla causa, può predisporre allo sviluppo di polipi.
- Fattori genetici: Alcune sindromi genetiche rare, come la sindrome di Peutz-Jeghers e la poliposi adenomatosa familiare (FAP), sono associate ad un aumentato rischio di polipi gastrici.
- Fattori ambientali: Fumo, consumo eccessivo di alcol e dieta ricca di sale e conservanti possono aumentare il rischio di polipi gastrici.
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Patogenesi
La patogenesi dei polipi gastrici varia a seconda del tipo istologico. I polipi iperplastici, i più comuni, sono il risultato di una proliferazione eccessiva delle cellule della mucosa gastrica in risposta a un danno cronico. I polipi adenomatosi, invece, sono caratterizzati da una displasia epiteliale, ovvero un’alterazione precancerosa delle cellule.
Manifestazioni Cliniche
La maggior parte dei polipi gastrici sono asintomatici e vengono scoperti casualmente durante esami endoscopici eseguiti per altri motivi. Tuttavia, alcuni polipi possono causare sintomi come:
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- Dolore addominale: Di solito un dolore sordo e intermittente nella parte superiore dell’addome.
- Nausea e vomito: Possono verificarsi se il polipo è grande o ostruisce il passaggio del cibo.
- Sanguinamento gastrointestinale: Può manifestarsi come sangue nelle feci (melena) o vomito con sangue (ematemesi).
- Anemia: Secondaria a sanguinamento cronico.
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Procedimenti Diagnostici
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- Esofagogastroduodenoscopia (EGDS): È l’esame gold standard per la diagnosi dei polipi gastrici. Consente la visualizzazione diretta dei polipi e la biopsia per l’analisi istologica.
- Biopsia: L’esame istologico del tessuto bioptico è fondamentale per determinare il tipo di polipo e il grado di displasia, se presente.
- Esami di laboratorio: Possono essere utili per valutare lo stato di salute generale del paziente e per rilevare eventuali complicanze, come l’anemia.
Prognosi
La prognosi dei polipi gastrici dipende dal tipo istologico, dalle dimensioni e dalla presenza di displasia. I polipi iperplastici hanno un basso rischio di malignità e spesso regrediscono spontaneamente. I polipi adenomatosi, invece, hanno un rischio maggiore di trasformazione in cancro e richiedono un follow-up endoscopico regolare.
Cure e Trattamenti
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- Polipectomia endoscopica: È il trattamento di scelta per la maggior parte dei polipi gastrici. Consiste nella rimozione del polipo durante l’EGDS.
- Farmaci: In alcuni casi, possono essere utilizzati farmaci per ridurre l’infiammazione gastrica e prevenire la recidiva dei polipi, come gli inibitori di pompa protonica (PPI) e gli antibiotici per eradicare l’H. pylori.
- Chirurgia: La chirurgia può essere necessaria per i polipi di grandi dimensioni o con displasia grave, o in caso di complicanze come il sanguinamento o l’ostruzione.
- Follow-up: Dopo la rimozione di un polipo gastrico, è importante sottoporsi a controlli endoscopici regolari per monitorare eventuali recidive o lo sviluppo di nuovi polipi.
Gestione della Malattia
Oltre al trattamento specifico, la gestione dei polipi gastrici include:
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- Modifiche dello stile di vita: Smettere di fumare, ridurre il consumo di alcol e seguire una dieta sana ed equilibrata.
- Controllo dell’infezione da H. pylori: Se presente, l’infezione da H. pylori deve essere eradicata.
- Follow-up regolare: Per monitorare la situazione e prevenire complicanze.
Malattia di Menetrier
Definizione
La malattia di Ménétrier è una gastropatia iperproliferativa precancerosa che colpisce principalmente il corpo e il fondo dello stomaco. L’iperplasia delle cellule foveolari, responsabili della produzione di muco, porta alla formazione di pliche gastriche giganti e tortuose, conferendo alla mucosa un aspetto cerebriforme o “a ciottolato”.
Epidemiologia
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- Incidenza: La malattia di Ménétrier è rara, con un’incidenza stimata di circa 1 caso ogni 100.000 persone all’anno.
- Distribuzione per sesso: Colpisce leggermente più gli uomini che le donne.
- Età di insorgenza: Può manifestarsi a qualsiasi età, ma è più comune negli adulti di età compresa tra 30 e 60 anni.
Eziologia e genetica
La causa esatta della malattia di Ménétrier è sconosciuta. Tuttavia, diverse teorie suggeriscono un ruolo di:
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- Fattori di crescita: Un’eccessiva produzione di fattore di crescita trasformante alfa (TGF-α) sembra essere implicata nella patogenesi della malattia.
- Infezioni: L’infezione da Helicobacter pylori è stata associata alla malattia di Ménétrier, ma il suo ruolo esatto non è ancora chiaro.
- Fattori genetici: Sono stati riportati casi familiari di malattia di Ménétrier, suggerendo una possibile predisposizione genetica. Tuttavia, non sono stati identificati geni specifici responsabili della malattia.
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Patogenesi
L’iperplasia delle cellule foveolari, stimolata da un’eccessiva produzione di TGF-α, porta a un aumento della secrezione di muco e a una diminuzione della produzione di acido cloridrico. L’ispessimento della mucosa gastrica e la perdita di proteine attraverso la mucosa alterata causano ipoproteinemia ed edema.
Manifestazioni cliniche
I sintomi della malattia di Ménétrier possono variare da lievi a gravi e includono:
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- Dolore epigastrico: spesso descritto come un dolore sordo o urente nella parte superiore dell’addome.
- Nausea e vomito: possono essere presenti a causa dell’irritazione della mucosa gastrica.
- Perdita di appetito e perdita di peso: dovute alla mal digestione e all’ipoproteinemia.
- Edema: gonfiore dei tessuti, in particolare alle gambe e ai piedi, a causa della perdita di proteine.
- Diarrea: può essere presente a causa della malassorbento dei nutrienti.
- Emorragia gastrointestinale: in alcuni casi, le ulcere gastriche possono sanguinare, causando ematemesi (vomito di sangue) o melena (feci nere).
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Procedimenti diagnostici
La diagnosi della malattia di Ménétrier si basa su una combinazione di:
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- Anamnesi ed esame obiettivo: raccolta dei sintomi e valutazione dei segni clinici, come l’edema.
- Esofagogastroduodenoscopia (EGDS): permette la visualizzazione diretta della mucosa gastrica e la biopsia delle lesioni. Le pliche gastriche appaiono ispessite e tortuose, con un aspetto cerebriforme.
- Biopsia: l’esame istologico della biopsia gastrica conferma la diagnosi, mostrando l’iperplasia delle cellule foveolari e la diminuzione delle ghiandole gastriche.
- Studi di imaging: come la radiografia del tratto gastrointestinale superiore con mezzo di contrasto, possono mostrare l’ispessimento delle pliche gastriche.
- Esami di laboratorio: possono rivelare ipoproteinemia, ipoalbuminemia e anemia.
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Prognosi
La prognosi della malattia di Ménétrier è variabile. In alcuni casi, la malattia può regredire spontaneamente. Tuttavia, in altri casi, può persistere per anni e portare a complicanze come l’ipoproteinemia grave, l’edema persistente e l’aumento del rischio di adenocarcinoma gastrico (2-15% dei casi).
Cure e trattamenti
Non esiste una cura definitiva per la malattia di Ménétrier. Il trattamento mira ad alleviare i sintomi, correggere le complicanze e ridurre il rischio di cancro gastrico. Le opzioni terapeutiche includono:
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- Farmaci:
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- Antisecretori: come gli inibitori della pompa protonica (PPI), per ridurre la produzione di acido gastrico e alleviare i sintomi.
- Anticolinergici: per ridurre la secrezione gastrica e la motilità.
- Integratori di proteine: per correggere l’ipoproteinemia e l’edema.
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- Altri trattamenti:
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- Nutrizione parenterale: somministrazione di nutrienti per via endovenosa in caso di malassorbimento grave.
- Gastrectomia parziale o totale: rimozione chirurgica di una parte o di tutto lo stomaco nei casi gravi o in presenza di displasia o cancro.
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- Gestione della malattia:
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- Monitoraggio regolare: con EGDS e biopsie per valutare la progressione della malattia e il rischio di cancro.
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- Farmaci:
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Tumore dello stomaco
Definizione
Il tumore dello stomaco è una neoplasia maligna che origina dalle cellule della parete dello stomaco. La forma più comune è l’adenocarcinoma, che si sviluppa a partire dalle cellule ghiandolari della mucosa gastrica. Esistono anche forme più rare, come il linfoma gastrico, il leiomiosarcoma e i tumori stromali gastrointestinali (GIST).
Epidemiologia
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- Incidenza: Il tumore dello stomaco è una neoplasia relativamente frequente, con una stima di circa 1 milione di nuovi casi diagnosticati ogni anno nel mondo. L’incidenza varia significativamente tra i diversi paesi, con tassi più elevati in Asia orientale, Europa orientale e Sud America. In Italia, si stimano circa 13.000 nuovi casi all’anno.
- Distribuzione per sesso: Il tumore dello stomaco è più frequente negli uomini rispetto alle donne, con un rapporto di circa 2:1.
- Età di insorgenza: L’età media alla diagnosi è di circa 70 anni, con un picco di incidenza tra i 60 e gli 80 anni. Tuttavia, il tumore dello stomaco può colpire anche individui più giovani, seppur con minore frequenza.
Eziologia e Genetica
L’eziologia del tumore dello stomaco è multifattoriale, con un ruolo importante svolto da fattori ambientali, genetici e legati allo stile di vita. I principali fattori di rischio includono:
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- Infezione da Helicobacter pylori: Questo batterio è un fattore di rischio accertato per il tumore dello stomaco, in particolare per l’adenocarcinoma. L’infezione cronica da H. pylori può causare infiammazione e danni alla mucosa gastrica, favorendo la trasformazione neoplastica delle cellule.
- Alimentazione: Una dieta ricca di cibi salati, affumicati o conservati sotto sale, e povera di frutta e verdura, aumenta il rischio di tumore dello stomaco.
- Fumo di sigaretta: Il fumo è un importante fattore di rischio per diverse neoplasie, tra cui il tumore dello stomaco.
- Gastrite atrofica: La gastrite atrofica, una condizione caratterizzata da una riduzione delle cellule che producono acido cloridrico nello stomaco, aumenta il rischio di tumore gastrico.
- Fattori genetici: Alcuni individui presentano una predisposizione genetica allo sviluppo del tumore dello stomaco, legata a mutazioni in specifici geni.
- Altri fattori di rischio: Altre condizioni che possono aumentare il rischio di tumore dello stomaco includono: obesità, consumo eccessivo di alcol, esposizione a radiazioni ionizzanti, familiarità per tumore dello stomaco, polipi gastrici e alcune malattie genetiche rare.
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Patogenesi
La patogenesi del tumore dello stomaco è un processo complesso e multifasico, che coinvolge una serie di alterazioni genetiche e molecolari a carico delle cellule della mucosa gastrica. Queste alterazioni, accumulate nel tempo, portano alla proliferazione incontrollata delle cellule e alla formazione del tumore.
Il modello più accreditato per la patogenesi dell’adenocarcinoma gastrico è la “cascata di Correa”, che descrive una sequenza di eventi che, a partire dalla gastrite cronica, porta allo sviluppo del carcinoma invasivo:
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- Gastrite cronica: Infiammazione cronica della mucosa gastrica, spesso associata all’infezione da H. pylori.
- Gastrite atrofica: Riduzione delle cellule che producono acido cloridrico e pepsinogeno, con conseguente aumento del pH gastrico.
- Metaplasia intestinale: Sostituzione delle cellule gastriche con cellule di tipo intestinale.
- Displasia: Alterazioni precancerose della mucosa gastrica, caratterizzate da anomalie cellulari e architettoniche.
- Carcinoma in situ: Tumore confinato alla mucosa gastrica, senza invasione della sottomucosa.
- Carcinoma invasivo: Tumore che invade la sottomucosa e gli strati più profondi della parete gastrica.
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Manifestazioni Cliniche
Nelle fasi iniziali, il tumore dello stomaco può essere asintomatico o presentarsi con sintomi aspecifici, simili a quelli di altre patologie gastriche. Questo spesso ritarda la diagnosi, con conseguente peggioramento della prognosi. I sintomi più comuni includono:
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- Dolore addominale: Dolore sordo o crampiforme nella parte superiore dell’addome, spesso dopo i pasti.
- Dispepsia: Sensazione di indigestione, gonfiore, nausea e vomito.
- Perdita di appetito: Diminuzione del desiderio di mangiare, con conseguente perdita di peso involontaria.
- Sazietà precoce: Sensazione di pienezza dopo aver mangiato solo piccole quantità di cibo.
- Difficoltà a deglutire (disfagia): Sensazione di cibo che si blocca in gola o nell’esofago, più frequente nei tumori localizzati nella parte superiore dello stomaco (cardias).
- Anemia: Riduzione dei globuli rossi nel sangue, che può causare stanchezza, debolezza e pallore.
- Melena: Presenza di sangue digerito nelle feci, che appaiono nere e catramose.
- Ematemesi: Vomito di sangue, che può essere rosso vivo o scuro a seconda della quantità e del tempo di permanenza nello stomaco.
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Nelle fasi più avanzate, il tumore dello stomaco può causare altri sintomi, come:
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- Ascite: Accumulo di liquido nell’addome.
- Ittero: Colorazione giallastra della pelle e delle sclere (parte bianca degli occhi), dovuta all’ostruzione delle vie biliari.
- Linfonodi ingrossati: Aumento di volume dei linfonodi, soprattutto nella regione sopraclavicolare sinistra (linfonodo di Virchow).
- Massa addominale palpabile: Presenza di una massa anomala nell’addome, rilevabile alla palpazione.
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di tumore dello stomaco si basa su una serie di esami, che includono:
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- Esame obiettivo: Valutazione dei sintomi e dei segni clinici da parte del medico.
- Esami del sangue: Emocromo completo, test di funzionalità epatica e renale, markers tumorali (CEA, CA 19-9).
- Esame delle feci: Ricerca di sangue occulto nelle feci.
- Gastroscopia: Esame endoscopico che permette di visualizzare direttamente la mucosa gastrica e di eseguire biopsie per l’analisi istologica.
- Biopsia: Prelievo di un piccolo campione di tessuto per l’esame microscopico, che consente di confermare la diagnosi di tumore e di determinarne il tipo e il grado di differenziazione.
- Ecografia addominale: Esame che utilizza gli ultrasuoni per visualizzare gli organi addominali e individuare eventuali masse tumorali.
- Tomografia computerizzata (TC): Esame radiologico che fornisce immagini dettagliate degli organi interni, utile per valutare l’estensione del tumore e la presenza di metastasi.
- Risonanza magnetica (RM): Esame che utilizza campi magnetici e onde radio per creare immagini dettagliate degli organi interni, utile per valutare l’estensione del tumore e la presenza di metastasi.
- PET (Tomografia a emissione di positroni): Esame di medicina nucleare che permette di visualizzare l’attività metabolica delle cellule tumorali, utile per individuare metastasi a distanza.
- Laparoscopia: Intervento chirurgico mini-invasivo che permette di esplorare la cavità addominale e di prelevare campioni di tessuto per l’analisi.
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Prognosi della Malattia
La prognosi del tumore dello stomaco dipende da diversi fattori, tra cui:
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- Stadio del tumore: Lo stadio del tumore, che indica l’estensione della malattia, è il fattore prognostico più importante. Tumori diagnosticati in stadio precoce hanno una prognosi migliore rispetto a tumori in stadio avanzato.
- Grado di differenziazione: Il grado di differenziazione del tumore, che indica quanto le cellule tumorali assomigliano alle cellule normali, influisce sulla prognosi. Tumori ben differenziati hanno una prognosi migliore rispetto a tumori poco differenziati.
- Presenza di metastasi: La presenza di metastasi a distanza peggiora la prognosi.
- Età e condizioni generali del paziente: L’età e le condizioni generali di salute del paziente influiscono sulla prognosi.
- Risposta al trattamento: La risposta al trattamento, che può variare da paziente a paziente, influisce sulla prognosi.
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In generale, la sopravvivenza a 5 anni per il tumore dello stomaco è del 32% circa. Tuttavia, la sopravvivenza può variare significativamente in base ai fattori sopra elencati.
Cure e Trattamenti
Il trattamento del tumore dello stomaco dipende dallo stadio della malattia, dalle condizioni generali del paziente e da altri fattori. Le principali opzioni terapeutiche includono:
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- Chirurgia: La chirurgia è il trattamento di prima scelta per il tumore dello stomaco in stadio precoce e localizzato. L’intervento chirurgico può prevedere la rimozione parziale o totale dello stomaco (gastrectomia), con o senza l’asportazione dei linfonodi regionali.
- Chemioterapia: La chemioterapia utilizza farmaci antitumorali per distruggere le cellule tumorali. Può essere utilizzata prima dell’intervento chirurgico (chemioterapia neoadiuvante) per ridurre le dimensioni del tumore, dopo l’intervento chirurgico (chemioterapia adiuvante) per eliminare eventuali cellule tumorali residue, o in caso di tumore in stadio avanzato o metastatico.
- Radioterapia: La radioterapia utilizza radiazioni ionizzanti per distruggere le cellule tumorali. Può essere utilizzata in associazione alla chemioterapia o alla chirurgia.
- Terapia target: La terapia target utilizza farmaci che agiscono specificamente su bersagli molecolari presenti sulle cellule tumorali. Alcuni farmaci target sono disponibili per il trattamento del tumore dello stomaco in stadio avanzato.
- Immunoterapia: L’immunoterapia stimola il sistema immunitario del paziente a combattere il tumore. Alcuni farmaci immunoterapici sono in fase di studio per il trattamento del tumore dello stomaco.
- Terapia di supporto: La terapia di supporto mira a migliorare la qualità di vita dei pazienti con tumore dello stomaco, alleviando i sintomi e gestendo gli effetti collaterali dei trattamenti.
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3. MALATTIE DELL’INTESTINO TENUE
Malattia celiaca
La malattia celiaca (MC) è una patologia autoimmune cronica dell’intestino tenue scatenata dall’ingestione di glutine in soggetti geneticamente predisposti. Il glutine è un complesso proteico presente in alcuni cereali come grano, orzo e segale. La reazione immunitaria alla gliadina, una componente del glutine, provoca un’infiammazione cronica della mucosa intestinale, con conseguente atrofia dei villi e malassorbimento dei nutrienti.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’incidenza della MC è in aumento a livello globale, stimata intorno all’1% della popolazione.
- Distribuzione per sesso: La MC colpisce maggiormente le donne, con un rapporto femmine/maschi di circa 2:1.
- Età di insorgenza: La MC può manifestarsi a qualsiasi età, dall’infanzia alla terza età. Tuttavia, si osservano due picchi di incidenza: tra i 6 e i 24 mesi (in concomitanza con l’introduzione del glutine nella dieta) e tra i 30 e i 40 anni.
Eziologia e Genetica
La MC è una malattia multifattoriale, che si sviluppa in presenza di:
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- Predisposizione genetica: I geni HLA-DQ2 e HLA-DQ8 sono fortemente associati alla MC. Tuttavia, solo una piccola percentuale di individui portatori di questi geni sviluppa la malattia.
- Esposizione al glutine: L’ingestione di glutine è il fattore scatenante la reazione autoimmune nei soggetti predisposti.
- Fattori ambientali: Infezioni virali, alterazioni del microbiota intestinale e modalità di svezzamento potrebbero contribuire allo sviluppo della MC.
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Patogenesi
L’ingestione di glutine in soggetti predisposti innesca una complessa reazione immunitaria:
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- La gliadina attraversa la barriera intestinale e viene deaminata dall’enzima transglutaminasi tissutale (tTG).
- La gliadina deaminata si lega alle molecole HLA-DQ2/DQ8 sulle cellule presentanti l’antigene.
- I linfociti T CD4+ specifici per la gliadina vengono attivati e producono citochine pro-infiammatorie.
- L’infiammazione cronica causa danno ai villi intestinali, con conseguente atrofia e malassorbimento.
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Manifestazioni Cliniche
La MC può presentarsi con un’ampia varietà di sintomi, rendendo la diagnosi spesso complessa.
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- Sintomi tipici:
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- Diarrea cronica
- Dolore addominale
- Distensione addominale
- Perdita di peso
- Ritardo di crescita nei bambini
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- Sintomi atipici:
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- Anemia sideropenica
- Dermatite erpetiforme (manifestazione cutanea)
- Afte ricorrenti
- Osteoporosi
- Stanchezza cronica
- Cefalea
- Depressione
- Infertilità
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- Sintomi tipici:
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di MC si basa su:
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- Anamnesi ed esame obiettivo: Valutazione dei sintomi e dei segni clinici.
- Esami sierologici: Ricerca di anticorpi specifici per la MC (anti-transglutaminasi, anti-endomisio, anti-gliadina deaminata).
- Biopsia duodenale: Esame istologico per evidenziare l’atrofia dei villi e l’infiltrazione linfocitaria.
- Test genetici: Determinazione della predisposizione genetica (HLA-DQ2/DQ8).
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Prognosi
La prognosi della MC è generalmente buona se si segue una dieta senza glutine rigorosa. La remissione dei sintomi e la guarigione della mucosa intestinale si ottengono nella maggior parte dei casi. Tuttavia, la mancata aderenza alla dieta può portare a complicanze come:
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- Malassorbimento e carenze nutrizionali
- Osteoporosi
- Infertilità
- Linfoma intestinale
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Cure e Trattamenti
L’unico trattamento efficace per la MC è la dieta senza glutine (DSG) rigorosa e permanente.
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- Eliminazione di tutti gli alimenti contenenti grano, orzo e segale.
- Attenzione ai prodotti contaminati: Leggere attentamente le etichette degli alimenti.
- Educazione alimentare: Consulenza con un dietista specializzato in MC.
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Altri trattamenti:
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- Integratori vitaminici e minerali: Per correggere eventuali carenze nutrizionali.
- Farmaci: In alcuni casi, possono essere prescritti farmaci per controllare i sintomi (es. antidiarroici, antispastici) o per ridurre l’infiammazione (es. corticosteroidi).
- Nuovi approcci terapeutici: Sono in fase di studio farmaci che bloccano la risposta immunitaria al glutine o enzimi che degradano il glutine nell’intestino.
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Gestione della malattia:
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- Follow-up regolare: Controlli medici periodici per monitorare l’aderenza alla DSG e l’eventuale comparsa di complicanze.
Gastroenterite
Definizione
La gastroenterite è un’infiammazione del tratto gastrointestinale che coinvolge sia lo stomaco che l’intestino. E’ caratterizzata da un’alterazione della funzione intestinale, con conseguente aumento della frequenza e della fluidità delle evacuazioni. Spesso si accompagna a sintomi sistemici come nausea, vomito, febbre e dolori addominali.
Epidemiologia
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- Incidenza: La gastroenterite è una delle malattie infettive più comuni al mondo. Si stima che ogni anno si verifichino miliardi di casi, con un impatto significativo sulla salute pubblica, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
- Distribuzione per sesso: In generale, non ci sono differenze significative nell’incidenza della gastroenterite tra uomini e donne.
- Età di insorgenza: La gastroenterite può colpire individui di tutte le età, ma è particolarmente frequente nei bambini al di sotto dei 5 anni. Negli anziani, la gastroenterite può avere un decorso più severo e complicato.
Eziologia e genetica
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- Virus: I virus sono la causa più comune di gastroenterite, soprattutto nei bambini. I principali responsabili sono: Rotavirus, Norovirus, Adenovirus enterici, Astrovirus.
- Batteri: Diversi batteri possono causare gastroenterite, tra cui: Salmonella, Shigella, Campylobacter, Escherichia coli (in particolare il ceppo O157:H7), Clostridium difficile.
- Fattori di rischio: Alcuni fattori possono aumentare il rischio di contrarre la gastroenterite, tra cui: scarsa igiene personale, consumo di alimenti o acqua contaminati, viaggi in paesi con scarse condizioni igienico-sanitarie, sistema immunitario indebolito.
- Genetica: Non ci sono evidenze di una predisposizione genetica specifica alla gastroenterite. Tuttavia, alcune condizioni genetiche che compromettono il sistema immunitario possono aumentare il rischio di infezioni e complicanze.
Patogenesi
La patogenesi della gastroenterite varia a seconda dell’agente eziologico.
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- Virus: I virus infettano le cellule epiteliali dell’intestino tenue, causando danni alla mucosa e alterando l’assorbimento di acqua ed elettroliti.
- Batteri: Alcuni batteri aderiscono alla mucosa intestinale e producono tossine che causano infiammazione e diarrea. Altri batteri, come Salmonella e Shigella, invadono la mucosa intestinale, causando una risposta infiammatoria più intensa.
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In entrambi i casi, l’alterazione dell’equilibrio idroelettrolitico può portare a disidratazione, una complicanza potenzialmente grave, soprattutto nei bambini e negli anziani.
Manifestazioni cliniche
Le manifestazioni cliniche della gastroenterite possono variare in base all’agente eziologico, alla gravità dell’infezione e alle condizioni generali del paziente. I sintomi più comuni includono:
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- Diarrea: può essere acquosa, mucosanguinolenta o con presenza di pus.
- Vomito: può essere frequente e violento, portando a disidratazione.
- Crampi addominali: spesso intensi e associati a nausea.
- Febbre: generalmente di lieve entità, ma può essere elevata in caso di infezioni batteriche.
- Disidratazione: si manifesta con sete intensa, secchezza delle fauci, riduzione della diuresi, debolezza, vertigini. Nei casi più gravi può portare a shock ipovolemico.
- Altri sintomi: malessere generale, cefalea, mialgia, inappetenza.
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Procedimenti diagnostici
La diagnosi di gastroenterite si basa principalmente sulla valutazione clinica dei sintomi. In alcuni casi, possono essere necessari esami di laboratorio per identificare l’agente eziologico e escludere altre patologie.
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- Metodi generali: anamnesi accurata per valutare i sintomi, le abitudini alimentari, eventuali viaggi recenti e contatti con persone malate. Esame obiettivo per valutare lo stato di idratazione e la presenza di segni di complicanze.
- Esami di laboratorio:
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- Esame delle feci: coprocoltura per identificare batteri patogeni, ricerca di antigeni virali (es. Rotavirus, Adenovirus) mediante test rapidi o ELISA.
- Esami del sangue: emocromo per valutare la presenza di infezione e lo stato di idratazione, elettroliti per valutare l’equilibrio idroelettrolitico.
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- Metodi strumentali: in genere non sono necessari per la diagnosi di gastroenterite. In alcuni casi, in presenza di sintomi atipici o complicanze, può essere indicata l’esecuzione di una colonscopia o di una gastroscopia.
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Prognosi
Nella maggior parte dei casi, la gastroenterite ha un decorso benigno e si risolve spontaneamente entro pochi giorni. Tuttavia, in alcuni casi, soprattutto nei bambini, negli anziani e nei soggetti con sistema immunitario compromesso, la gastroenterite può avere complicanze, tra cui:
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- Disidratazione: è la complicanza più frequente e potenzialmente grave.
- Squilibri elettrolitici: possono causare alterazioni del ritmo cardiaco e convulsioni.
- Sindrome emolitico-uremica: complicanza rara ma grave causata da alcuni ceppi di E. coli, che può portare a insufficienza renale.
- Sepsi: complicanza rara, ma potenzialmente fatale, che si verifica quando l’infezione si diffonde nel sangue.
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Cure e trattamenti
Il trattamento della gastroenterite si basa principalmente sulla reidratazione orale, con soluzioni reidratanti orali (ORS) contenenti acqua, sali minerali e glucosio. In caso di vomito persistente o disidratazione grave, può essere necessaria la reidratazione endovenosa.
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- Farmaci specifici:
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- Antibiotici: sono indicati solo in caso di gastroenterite batterica grave o in presenza di complicanze. La scelta dell’antibiotico dipende dall’agente eziologico.
- Antivirali: non sono generalmente utilizzati nella gastroenterite virale, ad eccezione di casi specifici come l’infezione da Rotavirus in bambini con grave disidratazione.
- Antidiarroici: non sono raccomandati nella gastroenterite acuta, in quanto possono prolungare la durata della malattia e aumentare il rischio di complicanze.
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- Altri trattamenti:
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- Riposo: è importante riposare e evitare sforzi fisici durante la fase acuta della malattia.
- Dieta: si consiglia una dieta leggera, a base di cibi facilmente digeribili, come riso, patate lesse, banane, crackers. È importante evitare cibi grassi, fritti, piccanti e bevande zuccherate.
- Probiotici: possono essere utili per ripristinare la flora batterica intestinale e ridurre la durata della diarrea.
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- Farmaci specifici:
Gestione della malattia
La prevenzione della gastroenterite si basa principalmente sull’adozione di corrette misure igieniche:
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- Lavaggio frequente delle mani: con acqua e sapone, soprattutto dopo aver usato il bagno, prima di preparare i pasti e dopo aver toccato alimenti crudi.
- Consumo di acqua e alimenti sicuri: bere acqua potabile, consumare alimenti cotti a sufficienza ed evitare cibi crudi o poco cotti, soprattutto carne, pesce e uova.
- Vaccinazione: sono disponibili vaccini contro il Rotavirus, raccomandati per i bambini.
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In caso di gastroenterite, è importante:
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- Reidratarsi correttamente: bere abbondanti liquidi, come acqua, ORS, brodo vegetale.
- Seguire una dieta leggera: evitare cibi che possono irritare l’intestino.
- Riposare a sufficienza: per favorire la guarigione.
- Evitare il contatto con altre persone: per prevenire la diffusione dell’infezione.
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Parassitosi intestinale
Le parassitosi intestinali sono infezioni del tratto gastrointestinale causate da diversi tipi di parassiti, principalmente protozoi (organismi unicellulari) ed elminti (vermi). Questi organismi vivono nell’intestino umano, nutrendosi del cibo ingerito o del sangue dell’ospite, e possono causare una vasta gamma di sintomi.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’incidenza delle parassitosi intestinali varia notevolmente in base a fattori geografici, socioeconomici e igienico-sanitari. Sono più comuni nei paesi in via di sviluppo con scarse condizioni igieniche e accesso limitato all’acqua potabile. Nei paesi industrializzati, l’incidenza è generalmente bassa, ma alcune infezioni, come la giardiasi e l’ossiuriasi, rimangono relativamente comuni, soprattutto nei bambini.
- Distribuzione per sesso: Alcune parassitosi mostrano una leggera prevalenza in un sesso rispetto all’altro. Ad esempio, l’ossiuriasi è più comune nelle femmine, mentre la strongiloidiasi è più frequente nei maschi. Tuttavia, in generale, la maggior parte delle parassitosi intestinali colpisce entrambi i sessi in modo simile.
- Età di insorgenza: L’età di insorgenza varia a seconda del tipo di parassita. Le infezioni da ossiuri e giardia sono più comuni nei bambini in età scolare, mentre altre parassitosi possono colpire individui di tutte le età.
Eziologia e genetica
L’eziologia delle parassitosi intestinali è legata all’infestazione da specifici parassiti. I principali agenti eziologici includono:
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- Protozoi:
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- Giardia lamblia
- Entamoeba histolytica
- Cryptosporidium parvum
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- Elminti:
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- Ascaris lumbricoides (ascaride)
- Enterobius vermicularis (ossiuro)
- Trichuris trichiura (tricocefalo)
- Ancylostoma duodenale e Necator americanus (anchilostomi)
- Strongyloides stercoralis
- Taenia saginata (tenia del bovino)
- Taenia solium (tenia del suino)
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- Protozoi:
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La genetica dell’ospite può influenzare la suscettibilità alle infezioni parassitarie e la gravità della malattia. Alcuni individui possono essere geneticamente più predisposti a sviluppare infezioni gravi o complicanze.
Patogenesi
La patogenesi delle parassitosi intestinali varia a seconda del tipo di parassita, del suo ciclo vitale e della risposta immunitaria dell’ospite. I meccanismi patogenetici principali includono:
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- Danno diretto alla mucosa intestinale: Alcuni parassiti, come gli anchilostomi, si attaccano alla mucosa intestinale e si nutrono di sangue, causando anemia.
- Competizione per i nutrienti: I parassiti competono con l’ospite per l’assorbimento dei nutrienti, causando malnutrizione.
- Reazioni infiammatorie e immunitarie: La presenza di parassiti nell’intestino può scatenare una risposta infiammatoria e immunitaria, con conseguente danno tissutale e sintomi gastrointestinali.
- Ostruzione intestinale: In alcuni casi, un elevato numero di parassiti può causare un’ostruzione fisica dell’intestino.
- Migrazione in altri organi: Alcuni parassiti, come la larva di Taenia solium, possono migrare in altri organi, come il cervello, causando gravi complicanze.
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Manifestazioni cliniche
Le manifestazioni cliniche delle parassitosi intestinali sono variabili e dipendono dal tipo di parassita, dalla carica parassitaria e dalla risposta immunitaria dell’ospite. Molte infezioni sono asintomatiche, mentre altre possono causare una vasta gamma di sintomi, tra cui:
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- Sintomi gastrointestinali:
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- Diarrea (acuta o cronica)
- Dolore addominale
- Nausea e vomito
- Flatulenza
- Distensione addominale
- Perdita di appetito
- Perdita di peso
- Sangue nelle feci (visibile o occulto)
- Prurito anale (soprattutto nell’ossiuriasi)
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- Sintomi sistemici:
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- Febbre
- Affaticamento
- Malessere generale
- Anemia
- Eosinofilia (aumento degli eosinofili nel sangue)
- Reazioni allergiche
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- Sintomi gastrointestinali:
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Procedimenti diagnostici
La diagnosi di parassitosi intestinale si basa sull’anamnesi, sull’esame obiettivo e su specifici esami di laboratorio:
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- Metodi generali:
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- Anamnesi: raccolta di informazioni su sintomi, viaggi recenti, abitudini alimentari e igieniche.
- Esame obiettivo: valutazione dello stato generale del paziente e palpazione dell’addome.
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- Esami di laboratorio:
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- Esame parassitologico delle feci: ricerca di uova, larve o parassiti adulti nelle feci. È importante raccogliere campioni di feci in giorni diversi per aumentare la sensibilità del test.
- Test antigenici fecali: rilevazione di antigeni specifici di alcuni parassiti nelle feci.
- Esami del sangue: emocromo completo per valutare la presenza di anemia o eosinofilia; test sierologici per la ricerca di anticorpi specifici contro alcuni parassiti.
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- Metodi strumentali:
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- Endoscopia digestiva: visualizzazione diretta del tratto gastrointestinale per identificare eventuali lesioni o parassiti.
- Biopsia intestinale: prelievo di un piccolo campione di tessuto intestinale per l’esame istologico.
- Ecografia addominale: utile per valutare la presenza di eventuali masse o ascessi causati da parassiti.
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- Metodi generali:
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Prognosi
La prognosi delle parassitosi intestinali è generalmente buona, soprattutto se la diagnosi è tempestiva e il trattamento è adeguato. La maggior parte delle infezioni si risolve completamente con la terapia farmacologica. Tuttavia, alcune parassitosi, come la strongiloidiasi e l’amebiasi, possono causare complicanze gravi, come la malnutrizione, l’anemia e l’ostruzione intestinale.
Cure e trattamenti
Il trattamento delle parassitosi intestinali si basa sull’utilizzo di farmaci specifici, in associazione a misure igienico-sanitarie per prevenire la reinfezione.
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- Farmaci specifici:
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- Antiprotozoari: metronidazolo, tinidazolo, nitazoxanide.
- Antielmintici: albendazolo, mebendazolo, ivermectina, praziquantel.
- La scelta del farmaco dipende dal tipo di parassita e dalla gravità dell’infezione.
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- Altri trattamenti:
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- Reintegrazione dei liquidi e degli elettroliti in caso di diarrea grave.
- Supplementazione nutrizionale in caso di malnutrizione.
- Trattamento delle complicanze, come l’anemia e l’ostruzione intestinale.
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- Gestione della malattia:
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- Educazione del paziente sull’importanza dell’igiene personale e alimentare.
- Lavaggio accurato delle mani dopo aver usato il bagno e prima di mangiare.
- Consumo di acqua potabile o bollita.
- Cottura adeguata degli alimenti, soprattutto carne e pesce.
- Lavaggio accurato di frutta e verdura.
- Trattamento di tutti i membri della famiglia in caso di infezioni contagiose, come l’ossiuriasi.
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- Farmaci specifici:
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Sindrome da intestino corto
La sindrome da intestino corto (SBS), dall’inglese Short Bowel Syndrome) è una condizione caratterizzata da malassorbimento di nutrienti, liquidi ed elettroliti, conseguente alla resezione chirurgica o alla perdita funzionale di una parte significativa dell’intestino tenue. Questa condizione compromette la capacità dell’organismo di assorbire adeguatamente i nutrienti, con conseguenti manifestazioni cliniche che possono variare da lievi a gravi.
Epidemiologia
Incidenza: L’incidenza della SBS è in aumento, principalmente a causa dell’incremento degli interventi chirurgici addominali e della sopravvivenza di pazienti con condizioni che richiedono resezioni intestinali estese. Nonostante ciò, rimane una condizione relativamente rara, con una stima di circa 2-3 casi per milione di persone all’anno nei paesi occidentali.
Distribuzione per sesso: La SBS può colpire entrambi i sessi, senza una chiara predominanza. Tuttavia, alcune cause sottostanti, come la malattia di Crohn, possono avere una leggera prevalenza in un sesso rispetto all’altro.
Età di insorgenza: La SBS può manifestarsi a qualsiasi età, a seconda della causa scatenante. Nei neonati, può essere causata da malformazioni congenite o da enterocolite necrotizzante. Negli adulti, le cause più comuni sono la malattia di Crohn, l’ischemia mesenterica e le resezioni chirurgiche per tumori o traumi.
Eziologia e genetica
La SBS è principalmente causata da:
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- Resezioni chirurgiche: La causa più comune di SBS è la rimozione chirurgica di una porzione significativa dell’intestino tenue, necessaria in caso di:
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- Malattia di Crohn
- Ischemia mesenterica
- Tumori intestinali
- Traumi addominali
- Volvolo intestinale
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- Malattie congenite: Alcune malformazioni congenite, come l’atresia intestinale o la gastroschisi, possono causare SBS.
- Enterite da radiazioni: La radioterapia addominale può danneggiare l’intestino tenue, causando SBS.
- Malattie infiammatorie croniche intestinali: La malattia di Crohn può causare SBS a causa di infiammazione cronica e stenosi intestinali.
- Resezioni chirurgiche: La causa più comune di SBS è la rimozione chirurgica di una porzione significativa dell’intestino tenue, necessaria in caso di:
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Genetica: Sebbene la SBS non sia generalmente considerata una malattia ereditaria, alcuni fattori genetici possono predisporre allo sviluppo di condizioni che possono portare alla SBS, come la malattia di Crohn.
Patogenesi
La patogenesi della SBS è complessa e multifattoriale. La perdita di superficie assorbente dell’intestino tenue comporta una ridotta capacità di digerire e assorbire nutrienti, liquidi ed elettroliti. Questo può portare a:
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- Malassorbimento: Diarrea, steatorrea (presenza di grasso nelle feci), perdita di peso, deficit di vitamine e minerali.
- Disidratazione: Perdita eccessiva di liquidi ed elettroliti attraverso le feci.
- Acidosi metabolica: Accumulo di acidi nell’organismo a causa del malassorbimento.
- Disbiosi intestinale: Alterazione della flora batterica intestinale.
- Compromissione della funzione epatica: Il fegato può essere sovraccarico a causa del malassorbimento e della disbiosi intestinale.
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Manifestazioni cliniche
Le manifestazioni cliniche della SBS variano a seconda della lunghezza e della porzione di intestino tenue residuo, della presenza o meno della valvola ileocecale, e della causa sottostante. I sintomi più comuni includono:
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- Diarrea: La diarrea è il sintomo più frequente e può essere acquosa, grassa o mista. Può essere accompagnata da crampi addominali, gonfiore e flatulenza.
- Perdita di peso: Il malassorbimento di nutrienti può causare perdita di peso significativa, malnutrizione e cachessia.
- Debolezza e affaticamento: La malnutrizione e la disidratazione possono causare debolezza, affaticamento e riduzione della capacità fisica.
- Dolore addominale: Il dolore addominale può essere crampiforme o continuo e può essere causato da distensione intestinale, malassorbimento o disbiosi.
- Nausea e vomito: La nausea e il vomito possono essere presenti a causa del malassorbimento o della dismotilità intestinale.
- Disidratazione: La perdita eccessiva di liquidi può causare disidratazione, con sintomi come sete intensa, secchezza delle fauci, riduzione della produzione di urina e vertigini.
- Disturbi elettrolitici: Il malassorbimento di elettroliti può causare squilibri elettrolitici, con sintomi come debolezza muscolare, crampi, aritmie cardiache e convulsioni.
- Calcoli renali: L’iperossaluria, dovuta al malassorbimento di ossalati, può predisporre alla formazione di calcoli renali.
- Osteoporosi: Il malassorbimento di calcio e vitamina D può causare osteoporosi e un aumentato rischio di fratture.
- Anemia: Il malassorbimento di ferro, vitamina B12 e acido folico può causare anemia.
- Problemi cutanei: La carenza di vitamine e minerali può causare secchezza cutanea, desquamazione e fragilità delle unghie.
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Procedimenti diagnostici
La diagnosi di SBS si basa su:
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- Anamnesi: Raccolta di informazioni sulla storia clinica del paziente, inclusi eventuali interventi chirurgici addominali, malattie intestinali e sintomi.
- Esame obiettivo: Valutazione dello stato nutrizionale del paziente, della presenza di disidratazione e di altri segni clinici.
- Esami di laboratorio:
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- Esame emocromocitometrico completo: per valutare la presenza di anemia.
- Elettroliti sierici: per valutare la presenza di squilibri elettrolitici.
- Test di funzionalità epatica e renale: per valutare la funzione di questi organi.
- Esame delle feci: per valutare la presenza di steatorrea e di altri segni di malassorbimento.
- Test di tolleranza al glucosio: per valutare la capacità di assorbimento del glucosio.
- Test del respiro all’idrogeno: per valutare la presenza di disbiosi intestinale.
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- Esami strumentali:
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- Radiografia dell’addome: per valutare la lunghezza dell’intestino tenue residuo.
- Transito del piccolo intestino: per valutare la motilità intestinale.
- Endoscopia digestiva: per visualizzare l’intestino tenue e prelevare biopsie.
- TC addome: per valutare la presenza di complicanze, come aderenze o fistole.
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Prognosi
La prognosi della SBS dipende da diversi fattori, tra cui:
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- Lunghezza dell’intestino tenue residuo: Maggiore è la lunghezza dell’intestino residuo, migliore è la prognosi.
- Presenza della valvola ileocecale: La presenza della valvola ileocecale rallenta il transito intestinale e favorisce l’assorbimento.
- Causa sottostante: La prognosi può essere influenzata dalla causa sottostante della SBS.
- Presenza di complicanze: La presenza di complicanze, come disidratazione, squilibri elettrolitici o infezioni, può peggiorare la prognosi.
- Adesione alla terapia: L’aderenza alla terapia nutrizionale e farmacologica è fondamentale per migliorare la prognosi.
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Con una gestione adeguata, molti pazienti con SBS possono raggiungere una buona qualità di vita e un’adeguata autonomia.
Cure e trattamenti
Il trattamento della SBS mira a:
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- Controllare i sintomi: Diarrea, dolore addominale, disidratazione.
- Migliorare l’assorbimento dei nutrienti: Supporto nutrizionale, farmaci.
- Prevenire e trattare le complicanze: Disidratazione, squilibri elettrolitici, infezioni.
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Farmaci specifici:
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- Antidiarroici: Loperamide, codeina.
- Acidi biliari sequestranti: Colestiramina, colestipolo.
- Integratori di enzimi pancreatici: Per migliorare la digestione dei grassi.
- Ormoni: Teduglutide (analogo del GLP-2), per stimolare la crescita dell’intestino.
- Antibiotici: Per trattare la disbiosi intestinale o le infezioni.
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Altri trattamenti:
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- Supporto nutrizionale:
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- Nutrizione parenterale: somministrazione di nutrienti direttamente in vena.
- Nutrizione enterale: somministrazione di nutrienti tramite sondino nasogastrico o gastrostomia.
- Dieta modificata: dieta a basso contenuto di grassi, zuccheri semplici e fibre, ricca di proteine e carboidrati complessi.
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- Trapianto intestinale: In casi selezionati di SBS grave e refrattaria alla terapia medica, il trapianto intestinale può essere un’opzione terapeutica.
- Supporto nutrizionale:
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Gestione della malattia:
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- Monitoraggio regolare: Visite mediche periodiche, esami di laboratorio e strumentali per monitorare l’evoluzione della malattia e la risposta alla terapia.
- Educazione del paziente: Informazioni sulla malattia, sulla terapia e sulle strategie per gestire i sintomi.
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Deficit di lattasi
Definizione
Il deficit di lattasi, comunemente noto come intolleranza al lattosio, è una condizione caratterizzata dall’incapacità dell’organismo di digerire completamente il lattosio, lo zucchero principale presente nel latte e nei suoi derivati. Questa incapacità è dovuta a una carenza o assenza dell’enzima lattasi, prodotto dalle cellule dell’intestino tenue.
La lattasi è un enzima che scinde il lattosio in glucosio e galattosio, due zuccheri semplici che possono essere assorbiti dall’intestino. In caso di deficit di lattasi, il lattosio non digerito rimane nel lume intestinale, dove viene fermentato dalla flora batterica. Questo processo produce gas (idrogeno, metano e anidride carbonica) e acidi grassi a catena corta, responsabili dei sintomi tipici dell’intolleranza al lattosio.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’intolleranza al lattosio è una condizione estremamente comune, che colpisce circa il 65% della popolazione mondiale. La prevalenza varia notevolmente tra le diverse etnie, con una maggiore frequenza nelle popolazioni asiatiche, africane e native americane. In Italia, si stima che ne soffra circa il 50% della popolazione.
- Distribuzione per sesso: Non ci sono differenze significative nella prevalenza dell’intolleranza al lattosio tra uomini e donne.
- Età di insorgenza: L’intolleranza al lattosio può manifestarsi a qualsiasi età, ma è più comune negli adulti. La produzione di lattasi tende a diminuire fisiologicamente dopo lo svezzamento, con un picco di riduzione intorno ai 20 anni. Tuttavia, in alcuni casi, l’intolleranza può manifestarsi già nell’infanzia o nell’adolescenza.
Eziologia e Genetica
Esistono diverse forme di deficit di lattasi:
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- Deficit congenito di lattasi: è una forma rara, a trasmissione autosomica recessiva, causata da mutazioni nel gene LCT. I bambini affetti presentano diarrea grave fin dalla nascita e richiedono una dieta priva di lattosio fin dai primi giorni di vita.
- Deficit primario di lattasi: è la forma più comune, caratterizzata da una progressiva riduzione della produzione di lattasi con l’età. Si ritiene che questa riduzione sia geneticamente determinata, ma influenzata anche da fattori ambientali.
- Deficit secondario di lattasi: è una forma temporanea, causata da danni alla mucosa intestinale a seguito di infezioni, malattie infiammatorie intestinali, interventi chirurgici o terapie farmacologiche. In questi casi, la produzione di lattasi può riprendere una volta risolta la causa scatenante.
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Patogenesi
Come accennato in precedenza, la patogenesi dell’intolleranza al lattosio è legata alla fermentazione del lattosio non digerito da parte della flora batterica intestinale. Questo processo produce gas e acidi grassi a catena corta, che causano:
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- Aumento della pressione osmotica nel lume intestinale: richiama acqua nell’intestino, causando diarrea.
- Distensione delle pareti intestinali: provoca dolore addominale, crampi e gonfiore.
- Irritazione della mucosa intestinale: può contribuire alla diarrea e al malassorbimento di altri nutrienti.
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Manifestazioni Cliniche
I sintomi dell’intolleranza al lattosio variano da persona a persona, in base alla quantità di lattosio ingerita e al grado di deficit di lattasi. I sintomi più comuni includono:
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- Dolore addominale
- Crampi addominali
- Gonfiore addominale
- Flatulenza
- Diarrea
- Nausea
- Borborigmi (rumori intestinali)
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In alcuni casi, possono manifestarsi anche sintomi extra-intestinali, come mal di testa, stanchezza cronica e difficoltà di concentrazione.
Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di intolleranza al lattosio si basa su:
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- Anamnesi: raccolta dei sintomi e delle abitudini alimentari del paziente.
- Esame obiettivo: valutazione dello stato generale di salute del paziente.
- Test diagnostici:
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- Breath test all’idrogeno: misura la quantità di idrogeno espirato dopo l’ingestione di una dose di lattosio.
- Test di tolleranza al lattosio: misura la glicemia dopo l’ingestione di una dose di lattosio.
- Biopsia intestinale: permette di misurare l’attività della lattasi nella mucosa intestinale.
- Test genetici: per identificare mutazioni nel gene LCT.
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Prognosi
L’intolleranza al lattosio è una condizione cronica, ma non pericolosa per la salute. Con una corretta gestione della dieta e, se necessario, l’utilizzo di integratori di lattasi, è possibile controllare i sintomi e vivere una vita normale.
Cure e Trattamenti
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- Farmaci specifici:
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- Integratori di lattasi: assumere compresse o capsule contenenti lattasi prima di consumare alimenti contenenti lattosio.
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- Altri trattamenti:
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- Dieta priva di lattosio: eliminare o ridurre il consumo di alimenti contenenti lattosio.
- Assunzione di latticini delattosati: consumare latte e derivati delattosati.
- Probiotici: assumere probiotici contenenti batteri lattici in grado di digerire il lattosio.
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- Gestione della malattia:
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- Educazione alimentare: imparare a leggere le etichette degli alimenti e a riconoscere gli alimenti contenenti lattosio.
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- Farmaci specifici:
Tumori dello intestino tenue
I tumori dell’intestino tenue sono neoplasie che originano dalle cellule che rivestono questo tratto dell’apparato digerente. L’intestino tenue, responsabile dell’assorbimento dei nutrienti, si divide in tre sezioni: duodeno, digiuno e ileo.
Sebbene rari rispetto ai tumori del colon-retto, i tumori del tenue sono in aumento. La loro classificazione si basa sul tipo di cellula da cui originano:
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- Adenocarcinoma: il più comune, origina dalle cellule ghiandolari della mucosa.
- Tumori neuroendocrini: originano dalle cellule che producono ormoni.
- Linfomi: interessano il tessuto linfoide dell’intestino.
- GIST (tumori stromali gastrointestinali): originano dalle cellule interstiziali di Cajal, responsabili della motilità intestinale.
- Sarcomi: tumori del tessuto connettivo.
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Epidemiologia
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- Incidenza: I tumori del tenue rappresentano l’1-3% di tutti i tumori gastrointestinali. L’incidenza è in aumento, probabilmente a causa di una migliore diagnosi e di fattori ambientali.
- Distribuzione per sesso: L’incidenza è leggermente maggiore negli uomini.
- Età di insorgenza: La maggior parte dei casi si verifica tra i 50 e i 70 anni.
Eziologia e genetica
Le cause esatte dei tumori del tenue non sono completamente note, ma alcuni fattori di rischio sono stati identificati:
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Fattori di rischio:
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- Morbo di Crohn: l’infiammazione cronica aumenta il rischio di adenocarcinoma.
- Celiachia: la malattia celiaca non trattata aumenta il rischio di linfoma.
- Poliposi adenomatosa familiare: una condizione ereditaria che aumenta il rischio di adenomi e adenocarcinoma.
- Sindrome di Peutz-Jeghers: una condizione ereditaria che aumenta il rischio di polipi e tumori.
- Esposizione a radiazioni: l’esposizione a radiazioni ionizzanti aumenta il rischio di tumori.
- Dieta: una dieta ricca di grassi animali e povera di fibre può aumentare il rischio.
- Fumo: il fumo di sigaretta aumenta il rischio di adenocarcinoma.
- Alcol: il consumo eccessivo di alcol aumenta il rischio di adenocarcinoma.
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Genetica:
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- Mutazioni in geni come APC, MLH1, MSH2, MSH6 e PMS2 sono associate ad un aumentato rischio di tumori del tenue.
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Patogenesi
La patogenesi dei tumori del tenue è complessa e varia a seconda del tipo di tumore. In generale, il processo inizia con una serie di mutazioni genetiche che alterano il normale ciclo cellulare delle cellule, portando ad una crescita incontrollata e alla formazione di un tumore.
Manifestazioni cliniche
I sintomi dei tumori del tenue sono spesso aspecifici e possono essere confusi con quelli di altre patologie gastrointestinali.
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Sintomi precoci:
- Dolore addominale
- Nausea e vomito
- Perdita di peso
- Cambiamenti nelle abitudini intestinali (diarrea o stitichezza)
- Anemia (dovuta a sanguinamento occulto)
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Sintomi tardivi:
- Occlusione intestinale
- Perforazione intestinale
- Sanguinamento gastrointestinale
Procedimenti diagnostici
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Metodi generali:
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- Esame obiettivo
- Anamnesi
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Metodi strumentali:
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- Endoscopia: permette di visualizzare l’interno dell’intestino tenue e di prelevare campioni di tessuto (biopsie).
- Enteroscopia con videocapsula: una piccola capsula contenente una telecamera viene ingerita e registra immagini dell’intestino tenue mentre lo attraversa.
- Radiografia con mezzo di contrasto: permette di visualizzare l’anatomia dell’intestino tenue.
- Tomografia computerizzata (TC): fornisce immagini dettagliate dell’addome.
- Risonanza magnetica (RM): fornisce immagini dettagliate dell’addome.
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Esami di laboratorio:
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- Esami del sangue (emocromo, funzionalità epatica, markers tumorali)
- Esame delle feci (ricerca di sangue occulto)
- Esame istologico delle biopsie
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Prognosi
La prognosi dei tumori del tenue dipende da diversi fattori, tra cui:
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- Tipo di tumore
- Stadio del tumore al momento della diagnosi
- Grado di differenziazione del tumore
- Presenza di metastasi
- Età e condizioni generali del paziente
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In generale, la prognosi è migliore se il tumore viene diagnosticato in uno stadio precoce e se è possibile rimuoverlo completamente con la chirurgia.
Cure e trattamenti
Il trattamento dei tumori del tenue dipende da diversi fattori, tra cui il tipo di tumore, lo stadio della malattia e le condizioni generali del paziente.
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- Chirurgia: la rimozione chirurgica del tumore è il trattamento principale per la maggior parte dei tumori del tenue.
- Chemioterapia: può essere utilizzata prima o dopo la chirurgia per ridurre le dimensioni del tumore o per uccidere le cellule tumorali residue.
- Radioterapia: può essere utilizzata per ridurre le dimensioni del tumore o per alleviare i sintomi.
- Terapia mirata: utilizza farmaci che agiscono specificamente sulle cellule tumorali, bloccando la loro crescita o causandone la morte.
- Immunoterapia: stimola il sistema immunitario del paziente ad attaccare le cellule tumorali.
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Gestione della malattia
La gestione dei tumori del tenue richiede un approccio multidisciplinare che coinvolge diversi specialisti, tra cui gastroenterologi, oncologi, chirurghi, radioterapisti e infermieri.
4. MALATTIE DEL COLON
Malattia di Crohn
Definizione
La malattia di Crohn è una patologia infiammatoria cronica che può colpire qualsiasi tratto del sistema digestivo, dalla bocca all’ano, sebbene si manifesti più comunemente nell’ileo terminale (ultima parte dell’intestino tenue) e nel colon. Caratterizzata da un’infiammazione transmurale, ovvero che interessa tutti gli strati della parete intestinale, la malattia di Crohn si distingue per la presenza di lesioni segmentarie, con tratti di intestino sano intervallati da aree infiammate.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’incidenza della malattia di Crohn varia a seconda della regione geografica, con tassi più elevati nei paesi occidentali industrializzati. Negli Stati Uniti e in Europa, l’incidenza è stimata tra 5 e 10 nuovi casi per 100.000 persone all’anno.
- Distribuzione per sesso: La malattia di Crohn colpisce in modo quasi equo uomini e donne.
- Età di insorgenza: La malattia di Crohn può manifestarsi a qualsiasi età, ma è più comunemente diagnosticata tra i 15 e i 35 anni. Un secondo picco di incidenza si osserva tra i 60 e gli 80 anni.
Eziologia e Genetica
La causa esatta della malattia di Crohn è sconosciuta, ma si ritiene che sia il risultato di una complessa interazione tra fattori genetici, ambientali e immunologici.
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- Fattori genetici: Studi hanno dimostrato che la malattia di Crohn è più comune nelle persone con una storia familiare della malattia. Sono stati identificati numerosi geni associati ad un aumentato rischio di sviluppare la malattia di Crohn, tra cui NOD2, ATG16L1 e IRGM.
- Fattori ambientali: Diversi fattori ambientali sono stati implicati nello sviluppo della malattia di Crohn, tra cui il fumo di sigaretta, l’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), le infezioni intestinali e la dieta.
- Fattori immunologici: Nella malattia di Crohn, il sistema immunitario reagisce in modo anomalo, attaccando la parete intestinale e causando infiammazione cronica.
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Patogenesi
La patogenesi della malattia di Crohn è complessa e non completamente compresa. Si ritiene che una combinazione di alterazioni nella barriera intestinale, disbiosi del microbiota intestinale e una risposta immunitaria disregolata contribuiscano allo sviluppo della malattia.
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- Alterazione della barriera intestinale: La barriera intestinale è un complesso sistema che separa il contenuto intestinale dal resto del corpo. Nella malattia di Crohn, questa barriera può essere compromessa, consentendo ai batteri e ad altre sostanze di penetrare nella parete intestinale, innescando l’infiammazione.
- Disbiosi del microbiota intestinale: Il microbiota intestinale è l’insieme di microrganismi che risiedono nell’intestino. Nella malattia di Crohn, si osserva un’alterazione nella composizione e nella funzione del microbiota intestinale, che può contribuire all’infiammazione.
- Risposta immunitaria disregolata: Nella malattia di Crohn, il sistema immunitario reagisce in modo eccessivo a stimoli normalmente innocui, causando un’infiammazione cronica nella parete intestinale.
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Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche della malattia di Crohn sono variabili e dipendono dalla localizzazione e dall’estensione dell’infiammazione. I sintomi più comuni includono:
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- Dolore addominale: Spesso crampiforme e localizzato nel quadrante inferiore destro dell’addome.
- Diarrea: Può essere acquosa, con o senza sangue o muco.
- Perdita di peso: Dovuta alla malassorbimento dei nutrienti e alla diminuzione dell’appetito.
- Anemia: Può essere causata da sanguinamento cronico o da malassorbimento di ferro e vitamina B12.
- Febbre: Può essere presente durante le riacutizzazioni della malattia.
- Manifestazioni extraintestinali: La malattia di Crohn può associarsi a manifestazioni extraintestinali, come artrite, uveite, eritema nodoso e colangite sclerosante primaria.
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di malattia di Crohn si basa su una combinazione di:
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- Anamnesi ed esame obiettivo: Raccolta dei sintomi e valutazione dello stato generale del paziente.
- Esami di laboratorio: Esami del sangue (emocromo, VES, PCR, calprotectina fecale) per valutare l’infiammazione e la presenza di anemia.
- Esami strumentali:
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- Colonscopia: Permette di visualizzare l’interno del colon e del retto e di prelevare biopsie per l’esame istologico.
- Gastroscopia: Permette di visualizzare l’esofago, lo stomaco e il duodeno.
- Enteroscopia con videocapsula: Permette di visualizzare l’intero intestino tenue.
- Radiografia con mezzo di contrasto: Permette di valutare la morfologia dell’intestino.
- Tomografia computerizzata (TC) e risonanza magnetica (RM): Permettono di visualizzare l’intero addome e di valutare la presenza di complicanze come ascessi o fistole.
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Prognosi
La malattia di Crohn è una condizione cronica che può avere un andamento variabile. La maggior parte dei pazienti sperimenta periodi di remissione alternati a periodi di riacutizzazione. La prognosi a lungo termine dipende da diversi fattori, tra cui l’estensione della malattia, la presenza di complicanze e la risposta al trattamento.
Cure e Trattamenti
L’obiettivo del trattamento della malattia di Crohn è quello di indurre e mantenere la remissione, prevenire le complicanze e migliorare la qualità di vita del paziente. Il trattamento può includere:
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- Farmaci:
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- Farmaci antinfiammatori: Come aminosalicilati (sulfasalazina, mesalazina) e corticosteroidi (prednisone, budesonide).
- Immunomodulatori: Come azatioprina, 6-mercaptopurina e metotrexato.
- Farmaci biologici: Come infliximab, adalimumab e golimumab, che bloccano specifiche molecole coinvolte nel processo infiammatorio.
- Antibiotici: Come metronidazolo e ciprofloxacina, per il trattamento di ascessi o fistole.
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- Altri trattamenti:
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- Chirurgia: Può essere necessaria in caso di complicanze come stenosi, fistole o perforazioni.
- Nutrizione enterale: Somministrazione di nutrienti direttamente nell’intestino tenue tramite sondino nasogastrico o gastrostomia.
- Terapie di supporto: Come la gestione dello stress, la terapia del dolore e il supporto psicologico.
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- Farmaci:
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Gestione della Malattia
La gestione della malattia di Crohn richiede un approccio multidisciplinare che coinvolge il gastroenterologo, il chirurgo, il dietologo e altri specialisti. È fondamentale che i pazienti siano attivamente coinvolti nella gestione della propria malattia, seguendo attentamente le indicazioni del medico, adottando uno stile di vita sano e partecipando a programmi di educazione terapeutica.
Rettocolite ulcerosa
Definizione
La rettocolite ulcerosa (RCU) è una malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI) che colpisce il rivestimento del colon e del retto. Caratterizzata da periodi di remissione e riacutizzazione, la RCU può manifestarsi con una varietà di sintomi e richiede una gestione a lungo termine.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’incidenza della RCU varia a livello globale, con tassi più elevati nei paesi occidentali industrializzati. In Europa e Nord America, l’incidenza è stimata tra 6 e 20 nuovi casi per 100.000 persone all’anno.
- Distribuzione per sesso: La RCU colpisce uomini e donne in modo quasi uguale, sebbene alcune ricerche suggeriscano una leggera prevalenza nel sesso maschile.
- Età di insorgenza: La RCU può manifestarsi a qualsiasi età, ma i picchi di incidenza si osservano tra i 15 e i 30 anni e tra i 50 e i 70 anni.
Eziologia e Genetica
La causa esatta della RCU rimane sconosciuta, ma si ritiene che sia il risultato di una complessa interazione tra fattori genetici, ambientali e immunologici.
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- Fattori genetici: Studi hanno dimostrato una predisposizione genetica alla RCU, con un rischio aumentato nei parenti di primo grado di pazienti affetti. Diversi geni sono stati associati alla malattia, molti dei quali coinvolti nella regolazione della risposta immunitaria e nell’integrità della barriera intestinale.
- Fattori ambientali: Fattori ambientali come il fumo di sigaretta, l’uso di antibiotici, l’infezione con specifici microrganismi e la dieta possono influenzare il rischio di sviluppare la RCU o la sua attività.
- Fattori immunologici: La RCU è caratterizzata da una risposta immunitaria disregolata nella mucosa intestinale, con un’attivazione inappropriata delle cellule immunitarie e la produzione di citochine pro-infiammatorie.
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Patogenesi
La patogenesi della RCU è complessa e non completamente compresa. Si ritiene che l’infiammazione sia innescata da una combinazione di fattori che portano a una rottura della tolleranza immunitaria verso la flora batterica intestinale. Questo porta a un’attivazione cronica del sistema immunitario nella mucosa intestinale, con conseguente danno tissutale e ulcerazione.
Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche della RCU variano a seconda della gravità e dell’estensione dell’infiammazione. I sintomi più comuni includono:
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- Diarrea: Spesso con sangue e muco.
- Dolore addominale: Crampi o dolore costante.
- Tenesmo rettale: Sensazione di bisogno urgente di defecare.
- Perdita di peso: Dovuta a malassorbimento e diminuzione dell’appetito.
- Febbre: Durante le riacutizzazioni.
- Anemia: Secondaria alla perdita di sangue cronica.
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In alcuni casi, la RCU può manifestarsi con sintomi extra-intestinali, come:
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- Artrite: Infiammazione delle articolazioni.
- Uveite: Infiammazione dell’occhio.
- Eritema nodoso: Infiammazione del tessuto adiposo sottocutaneo.
- Colangite sclerosante primaria: Infiammazione dei dotti biliari.
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di RCU si basa su una combinazione di:
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- Anamnesi e esame obiettivo: Valutazione dei sintomi e dei segni clinici.
- Esami di laboratorio: Esami del sangue (emocromo, PCR, VES) e delle feci (calprotectina fecale) per valutare l’infiammazione e escludere altre cause di diarrea.
- Esami strumentali:
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- Colonscopia: Esame endoscopico del colon e del retto con biopsie per visualizzare la mucosa e ottenere campioni di tessuto per l’analisi istologica.
- Sigmoidoscopia: Esame endoscopico del retto e del sigma.
- Radiografia con clisma opaco: Esame radiologico del colon.
- Entero-TC o Entero-RM: Tecniche di imaging per valutare l’estensione e la gravità dell’infiammazione.
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Prognosi
La RCU è una malattia cronica con un decorso variabile. La maggior parte dei pazienti sperimenta periodi di remissione alternati a riacutizzazioni. La prognosi a lungo termine è generalmente buona, ma la RCU può aumentare il rischio di complicanze come:
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- Megacolon tossico: Dilatazione acuta del colon con rischio di perforazione.
- Stenosi intestinali: Restringimento del lume intestinale.
- Cancro del colon-retto: Rischio aumentato nei pazienti con RCU di lunga durata e estesa.
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Cure e Trattamenti
L’obiettivo del trattamento della RCU è quello di indurre e mantenere la remissione, prevenire le complicanze e migliorare la qualità di vita del paziente. Le opzioni terapeutiche includono:
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- Farmaci specifici:
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- Aminosalicilati: Riducono l’infiammazione nella mucosa intestinale.
- Corticosteroidi: Potenti antinfiammatori utilizzati per controllare le riacutizzazioni.
- Immunomodulatori: Sopprimono il sistema immunitario per ridurre l’infiammazione.
- Farmaci biologici: Anticorpi monoclonali che bloccano specifiche molecole coinvolte nel processo infiammatorio.
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- Altri trattamenti:
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- Chirurgia: Indicata in casi di malattia refrattaria alla terapia medica, complicanze o displasia grave.
- Terapie complementari: Approcci come la dieta, l’esercizio fisico e la gestione dello stress possono contribuire a migliorare i sintomi e la qualità di vita.
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- Gestione della malattia:
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- Educazione del paziente: Informazioni sulla malattia, i trattamenti e le strategie di gestione.
- Monitoraggio regolare: Visite mediche, esami di laboratorio e strumentali per valutare l’attività della malattia e la risposta al trattamento.
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- Farmaci specifici:
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Stipsi cronica
Definizione
La stipsi cronica, anche nota come stitichezza cronica, è un disturbo gastrointestinale comune caratterizzato da difficoltà o infrequenza nell’evacuazione delle feci.
La stipsi cronica è generalmente definita dalla presenza di due o più dei seguenti sintomi per almeno tre mesi:
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- Sforzo durante la defecazione per almeno il 25% delle volte
- Feci dure o caprine per almeno il 25% delle volte
- Sensazione di evacuazione incompleta per almeno il 25% delle volte
- Sensazione di ostruzione o blocco anorettale per almeno il 25% delle volte
- Necessità di manovre manuali per facilitare l’evacuazione per almeno il 25% delle volte (es. digitazione rettale)
- Meno di tre evacuazioni a settimana
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È importante sottolineare che la frequenza delle evacuazioni può variare da persona a persona. Alcune persone possono evacuare quotidianamente, mentre altre possono farlo solo poche volte a settimana. La stipsi si verifica quando la frequenza delle evacuazioni diminuisce rispetto a ciò che è normale per l’individuo e si accompagna ad altri sintomi come quelli elencati sopra.
Epidemiologia
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- Incidenza: La stipsi cronica è un problema diffuso, che colpisce circa il 15-20% della popolazione generale nei paesi occidentali.
- Distribuzione per sesso: Le donne sono colpite più frequentemente degli uomini, con un rapporto di circa 2:1. Questo può essere dovuto a fattori ormonali, anatomici e a differenze nella dieta e nello stile di vita.
- Età di insorgenza: La stipsi può insorgere a qualsiasi età, ma è più comune negli anziani (over 65) e nei bambini. Negli anziani, la stipsi può essere correlata a cambiamenti nella dieta, riduzione dell’attività fisica, uso di farmaci e comorbidità. Nei bambini, la stipsi può essere legata a fattori comportamentali, come la paura di usare il bagno o il rifiuto di defecare.
Eziologia e Genetica
La stipsi cronica può essere classificata in due categorie principali:
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Stipsi primaria o funzionale: In questo caso, non è possibile identificare una causa organica specifica. Si ritiene che sia causata da una combinazione di fattori, tra cui:
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- Dieta povera di fibre: Le fibre alimentari aumentano il volume delle feci e ne facilitano il passaggio attraverso l’intestino.
- Scarsa idratazione: L’acqua è essenziale per ammorbidire le feci e facilitarne il transito.
- Mancanza di esercizio fisico: L’attività fisica stimola la motilità intestinale.
- Alterazioni della motilità intestinale: Il rallentamento del transito intestinale (stipsi da rallentato transito) o la dissinergia addomino-pelvica (difficoltà nel coordinare i muscoli coinvolti nella defecazione) possono causare stipsi.
- Fattori psicologici: Stress, ansia e depressione possono influenzare la funzione intestinale.
- Abuso di lassativi: L’uso eccessivo di lassativi può portare a dipendenza e peggiorare la stipsi a lungo termine.
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Stipsi secondaria: In questo caso, la stipsi è causata da una condizione medica sottostante o dall’uso di farmaci. Alcune delle cause più comuni includono:
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- Condizioni mediche: Diabete mellito, ipotiroidismo, malattie neurologiche (es. morbo di Parkinson, sclerosi multipla), sindrome dell’intestino irritabile, ostruzione intestinale, cancro del colon-retto.
- Farmaci: Oppioidi, antidepressivi, anticolinergici, antiacidi contenenti alluminio, integratori di ferro.
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Genetica:
Sebbene non ci siano geni specifici direttamente associati alla stipsi cronica, alcuni studi suggeriscono che la predisposizione genetica può giocare un ruolo nello sviluppo della condizione. Ad esempio, alcune persone possono avere una predisposizione genetica ad avere una motilità intestinale più lenta.
Patogenesi
La patogenesi della stipsi cronica è complessa e varia a seconda della causa sottostante. In generale, la stipsi si verifica quando il movimento delle feci attraverso l’intestino crasso è rallentato o ostacolato. Questo può essere dovuto a una combinazione di fattori, tra cui:
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- Riduzione della motilità intestinale: Il colon si contrae meno frequentemente o con meno forza, rallentando il transito delle feci.
- Aumento dell’assorbimento di acqua: Il colon assorbe troppa acqua dalle feci, rendendole dure e secche.
- Disfunzione del pavimento pelvico: I muscoli del pavimento pelvico non si rilassano correttamente durante la defecazione, rendendo difficile l’espulsione delle feci.
- Ostruzione meccanica: Un tumore, un restringimento del colon o un fecaloma (massa di feci indurite) possono bloccare il passaggio delle feci.
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Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche della stipsi cronica possono variare da persona a persona. I sintomi più comuni includono:
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- Evacuazioni infrequenti: Meno di tre evacuazioni a settimana.
- Sforzo durante la defecazione: Sensazione di dover spingere molto per evacuare.
- Feci dure o caprine: Le feci sono difficili da espellere e possono avere una forma irregolare.
- Sensazione di evacuazione incompleta: Sensazione di non aver svuotato completamente l’intestino.
- Dolore addominale: Crampi o dolore addominale, spesso alleviati dopo l’evacuazione.
- Gonfiore addominale: Sensazione di pienezza o gonfiore nell’addome.
- Mal di testa: Alcuni pazienti lamentano mal di testa associati alla stipsi.
- Emorroidi: Le emorroidi sono vene gonfie nell’ano o nel retto, che possono essere causate dallo sforzo durante la defecazione.
- Ragadi anali: Le ragadi anali sono piccole lacerazioni nella pelle dell’ano, che possono essere causate dal passaggio di feci dure.
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In alcuni casi, la stipsi cronica può portare a complicanze più gravi, come:
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- Fecaloma: Accumulo di feci indurite nel retto, che può causare ostruzione intestinale.
- Incontinenza fecale: Perdita involontaria di feci.
- Prolasso rettale: Protrusione del retto attraverso l’ano.
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di stipsi cronica si basa principalmente sull’anamnesi del paziente e sull’esame obiettivo. Il medico indagherà sulla frequenza delle evacuazioni, sulla consistenza delle feci, sulla presenza di altri sintomi e sulle eventuali condizioni mediche o farmaci che potrebbero contribuire alla stipsi.
Oltre all’anamnesi e all’esame obiettivo, possono essere utilizzati i seguenti esami diagnostici:
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- Esami di laboratorio: Generalmente non sono necessari per la diagnosi di stipsi funzionale, ma possono essere utili per escludere altre condizioni mediche. Gli esami di laboratorio possono includere: emocromo completo, elettroliti, glicemia, funzionalità tiroidea.
- Esami strumentali:
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- Colonscopia: Permette di visualizzare l’interno del colon e del retto e di escludere la presenza di polipi, tumori o altre anomalie.
- Defecografia: Esame radiologico che valuta la funzione dei muscoli del pavimento pelvico durante la defecazione.
- Manometria anorettale: Misura la pressione all’interno dell’ano e del retto e valuta la funzione degli sfinteri anali.
- Studio del tempo di transito intestinale: Valuta la velocità con cui le feci si muovono attraverso l’intestino.
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Prognosi
La prognosi della stipsi cronica è generalmente buona, soprattutto se la causa sottostante viene identificata e trattata. Nella maggior parte dei casi, la stipsi può essere gestita efficacemente con cambiamenti nello stile di vita, nella dieta e con l’uso di farmaci. Tuttavia, in alcuni casi, la stipsi può essere un problema cronico che richiede un trattamento a lungo termine.
Cure e Trattamenti
Il trattamento della stipsi cronica dipende dalla causa sottostante e dalla gravità dei sintomi. In generale, l’approccio terapeutico prevede una combinazione di misure non farmacologiche e farmacologiche.
Misure non farmacologiche:
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- Modifiche nella dieta: Aumentare l’assunzione di fibre alimentari (frutta, verdura, cereali integrali, legumi), bere almeno 2 litri di acqua al giorno, limitare il consumo di cibi raffinati e trasformati.
- Aumento dell’attività fisica: L’esercizio fisico regolare stimola la motilità intestinale.
- Educazione all’igiene della defecazione: Andare in bagno alla stessa ora ogni giorno, non ignorare lo stimolo a defecare, dedicare tempo sufficiente alla defecazione, adottare una posizione corretta sul water (con le ginocchia più alte delle anche).
- Biofeedback: Tecnica che aiuta a rieducare i muscoli del pavimento pelvico.
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Trattamenti farmacologici:
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- Lassativi: I lassativi sono farmaci che aiutano ad ammorbidire le feci e a facilitarne l’espulsione. Esistono diverse classi di lassativi, ognuna con un meccanismo d’azione diverso. È importante utilizzare i lassativi con cautela e sotto la supervisione di un medico, poiché l’abuso può portare a dipendenza e peggiorare la stipsi a lungo termine.
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- Lassativi formanti massa: Aumentano il volume delle feci (es. psyllium, metilcellulosa).
- Lassativi osmotici: Richiamano acqua nell’intestino, ammorbidendo le feci (es. lattulosio, macrogol).
- Lassativi stimolanti: Stimolano le contrazioni intestinali (es. bisacodile, senna).
- Lassativi lubrificanti: Rivestono le feci e ne facilitano il passaggio (es. olio minerale).
- Agenti ammorbidenti delle feci: Ammorbidiscono le feci rendendole più facili da espellere (es. docusato sodico).
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- Nuovi farmaci: Negli ultimi anni sono stati sviluppati nuovi farmaci per il trattamento della stipsi cronica, come:
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- Agonisti del recettore della serotonina-4 (5-HT4): Stimolano la motilità intestinale (es. prucalopride).
- Agonisti del recettore della guanilato ciclasi-C (GC-C): Aumentano la secrezione di fluidi nell’intestino (es. linaclotide, plecanatide).
- Antagonisti del recettore degli oppioidi: Bloccano l’effetto costipante degli oppioidi (es. metilnaltrexone, naloxegol).
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- Lassativi: I lassativi sono farmaci che aiutano ad ammorbidire le feci e a facilitarne l’espulsione. Esistono diverse classi di lassativi, ognuna con un meccanismo d’azione diverso. È importante utilizzare i lassativi con cautela e sotto la supervisione di un medico, poiché l’abuso può portare a dipendenza e peggiorare la stipsi a lungo termine.
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Altri trattamenti:
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- Chirurgia: La chirurgia è raramente necessaria per il trattamento della stipsi cronica. Può essere presa in considerazione in caso di ostruzione intestinale o di prolasso rettale.
- Terapia comportamentale: Può essere utile per affrontare i fattori psicologici che contribuiscono alla stipsi, come l’ansia e la depressione.
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Diarrea cronica
Definizione
La diarrea cronica è un disturbo gastrointestinale comune caratterizzato da evacuazioni frequenti e liquide che persistono per almeno quattro settimane. Questo problema può influenzare significativamente la qualità della vita, causando disagio fisico, disidratazione e problemi emotivi. È importante distinguere la diarrea cronica da quella acuta, che ha una durata inferiore e spesso è causata da infezioni.
Epidemiologia
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- Incidenza: La prevalenza della diarrea cronica nella popolazione generale varia dal 3% al 5%, ma può raggiungere il 15-30% negli anziani.
- Distribuzione per sesso: Le donne sono leggermente più colpite degli uomini.
- Età di insorgenza: La diarrea cronica può manifestarsi a qualsiasi età, ma è più comune negli adulti e negli anziani.
Eziologia e Genetica
Le cause della diarrea cronica sono molteplici e possono essere classificate in diverse categorie:
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- Malattie infiammatorie intestinali (IBD): Morbo di Crohn e colite ulcerosa sono le IBD più comuni associate a diarrea cronica. Queste malattie sono caratterizzate da un’infiammazione cronica del tratto gastrointestinale.
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- Fattori genetici: Esiste una predisposizione genetica allo sviluppo delle IBD, con diversi geni coinvolti nella regolazione del sistema immunitario e nella risposta infiammatoria.
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- Sindrome dell’intestino irritabile (IBS): L’IBS è un disturbo funzionale del tratto gastrointestinale che si manifesta con dolore addominale, gonfiore e alterazioni dell’alvo, tra cui la diarrea.
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- Fattori genetici: Anche se non è stata identificata una causa genetica specifica per l’IBS, studi familiari suggeriscono una possibile componente ereditaria.
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- Malassorbimento: L’incapacità di assorbire correttamente i nutrienti dall’intestino può causare diarrea cronica. Le cause di malassorbimento includono:
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- Celiachia: Intolleranza al glutine che danneggia la mucosa intestinale.
- Insufficienza pancreatica: Mancata produzione di enzimi digestivi da parte del pancreas.
- Sindrome dell’intestino corto: Riduzione della superficie di assorbimento intestinale.
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- Infezioni croniche: Alcune infezioni, come la giardiasi o l’amebiasi, possono causare diarrea cronica se non trattate adeguatamente.
- Farmaci: Alcuni farmaci, come antibiotici, lassativi e antiacidi, possono causare diarrea come effetto collaterale.
- Altre cause: Diabete, ipertiroidismo, tumori del tratto gastrointestinale, e disturbi della motilità intestinale.
- Malattie infiammatorie intestinali (IBD): Morbo di Crohn e colite ulcerosa sono le IBD più comuni associate a diarrea cronica. Queste malattie sono caratterizzate da un’infiammazione cronica del tratto gastrointestinale.
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Patogenesi
La patogenesi della diarrea cronica varia a seconda della causa sottostante. In generale, i meccanismi coinvolti includono:
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- Aumento della secrezione di fluidi nell’intestino: Questo può essere causato da infezioni, infiammazione o alcuni farmaci.
- Riduzione dell’assorbimento di fluidi nell’intestino: Questo si verifica in caso di malassorbimento o malattie che danneggiano la mucosa intestinale.
- Alterazioni della motilità intestinale: Un transito intestinale accelerato può causare diarrea, mentre un transito rallentato può causare stitichezza.
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Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche della diarrea cronica possono variare in base alla causa e alla gravità del disturbo. I sintomi più comuni includono:
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- Aumento della frequenza delle evacuazioni: Più di 3 al giorno.
- Feci liquide o non formate: Possono contenere muco, sangue o pus in caso di infiammazione.
- Urgenza defecatoria: Difficoltà a controllare lo stimolo ad evacuare.
- Dolore addominale: Crampi o dolore diffuso.
- Gonfiore addominale: Sensazione di pienezza e distensione.
- Nausea e vomito: Possono essere presenti in caso di infezioni o ostruzione intestinale.
- Perdita di peso: Può essere significativa in caso di malassorbimento o malattie infiammatorie.
- Disidratazione: Se la diarrea è grave e prolungata, può causare perdita di liquidi ed elettroliti, con conseguente debolezza, stanchezza e crampi muscolari.
- Sintomi extraintestinali: Alcune malattie associate a diarrea cronica, come le IBD, possono causare sintomi anche in altri organi, come articolazioni, pelle e occhi.
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di diarrea cronica inizia con un’accurata anamnesi e un esame obiettivo. Successivamente, possono essere necessari diversi esami per identificare la causa sottostante:
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- Metodi generali:
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- Anamnesi: Raccolta di informazioni sui sintomi, la storia medica del paziente, le abitudini alimentari e l’assunzione di farmaci.
- Esame obiettivo: Valutazione dello stato generale del paziente, palpazione dell’addome e ricerca di eventuali segni di disidratazione.
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- Esami strumentali:
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- Colonscopia: Permette di visualizzare l’interno del colon e del retto, prelevare biopsie per l’analisi istologica e identificare eventuali infiammazioni, polipi o tumori.
- Gastroscopia: Permette di visualizzare l’esofago, lo stomaco e il duodeno, prelevare biopsie e identificare eventuali gastriti, ulcere o celiachia.
- Enteroscopia: Permette di visualizzare l’intestino tenue, che non è raggiungibile con la colonscopia.
- Ecografia addominale: Permette di visualizzare gli organi addominali e identificare eventuali masse o anomalie.
- TAC addome: Fornisce immagini dettagliate dell’addome e può essere utile per identificare infiammazioni, ascessi o tumori.
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- Esami di laboratorio:
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- Esame delle feci: Ricerca di sangue occulto, leucociti, parassiti e batteri.
- Test per la celiachia: Ricerca di anticorpi specifici nel sangue.
- Test per il malassorbimento: Valutazione dell’assorbimento dei grassi e di altri nutrienti.
- Test per le infezioni: Ricerca di batteri, virus o parassiti nelle feci.
- Esami del sangue: Emocromo, elettroliti, funzionalità epatica e renale, markers infiammatori.
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- Metodi generali:
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Prognosi
La prognosi della diarrea cronica dipende dalla causa sottostante. Nella maggior parte dei casi, con una diagnosi accurata e un trattamento adeguato, è possibile ottenere un buon controllo dei sintomi e migliorare la qualità della vita. Tuttavia, alcune malattie croniche, come le IBD, possono richiedere un trattamento a lungo termine e possono avere un impatto significativo sulla salute del paziente.
Cure e Trattamenti
Il trattamento della diarrea cronica si basa sulla gestione della causa sottostante e sul controllo dei sintomi. Le opzioni terapeutiche includono:
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- Farmaci specifici:
- Antidiarroici: Loperamide, difenossilato e codeina possono ridurre la frequenza delle evacuazioni.
- Antibiotici: Utilizzati in caso di infezioni batteriche.
- Farmaci anti-infiammatori: Corticosteroidi, aminosalicilati e immunomodulatori sono utilizzati per il trattamento delle IBD.
- Enzimi pancreatici: Utilizzati in caso di insufficienza pancreatica.
- Farmaci per il controllo della motilità intestinale: Anticolinergici e agonisti dei recettori della serotonina possono rallentare il transito intestinale.
- Altri trattamenti:
- Dieta: Modifiche nella dieta possono essere utili per ridurre i sintomi, come evitare cibi grassi, piccanti o che fermentano nell’intestino. In caso di celiachia, è necessario seguire una dieta senza glutine.
- Probiotici: Possono aiutare a ripristinare l’equilibrio della flora batterica intestinale.
- Psicoterapia: Può essere utile per gestire lo stress e l’ansia, che possono peggiorare i sintomi dell’IBS.
- Gestione della malattia:
- Idratazione: È importante bere molti liquidi per prevenire la disidratazione.
- Supporto nutrizionale: In caso di malassorbimento o perdita di peso, può essere necessario un supporto nutrizionale con integratori o nutrizione parenterale.
- Farmaci specifici:
Diverticolosi del colon
Definizione
La diverticolosi del colon è una condizione comune, caratterizzata dalla presenza di piccole sacche sporgenti (diverticoli) nella parete del colon. Nella maggior parte dei casi, la diverticolosi è asintomatica. Tuttavia, quando i diverticoli si infiammano o si infettano, si sviluppa la diverticolite, che può causare una serie di sintomi, tra cui dolore addominale, febbre e cambiamenti nelle abitudini intestinali.
Epidemiologia
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- Incidenza: La diverticolosi è una condizione comune, la cui prevalenza aumenta con l’età. Colpisce circa il 50% delle persone di età superiore ai 60 anni e fino all’80% delle persone di età superiore agli 80 anni.
- Distribuzione per sesso: La diverticolosi è leggermente più comune nelle donne rispetto agli uomini.
- Età di insorgenza: La diverticolosi può svilupparsi a qualsiasi età, ma è più comune nelle persone di età superiore ai 40 anni.
Eziologia e genetica
La causa esatta della diverticolosi non è completamente compresa, ma si ritiene che sia il risultato di una combinazione di fattori, tra cui:
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- Dieta povera di fibre: Una dieta a basso contenuto di fibre può portare a feci dure e secche, che richiedono una maggiore pressione per essere espulse. Questa pressione aumenta lo stress sulla parete del colon, favorendo la formazione di diverticoli.
- Invecchiamento: Con l’età, la parete del colon si indebolisce, rendendola più suscettibile alla formazione di diverticoli.
- Fattori genetici: Esiste una predisposizione familiare alla diverticolosi, suggerendo un ruolo della genetica nello sviluppo della malattia.
- Obesità: L’obesità è un fattore di rischio per la diverticolosi, probabilmente a causa dell’aumento della pressione intra-addominale.
- Stile di vita sedentario: La mancanza di attività fisica può contribuire alla stitichezza e quindi aumentare il rischio di diverticolosi.
- Fumo: Il fumo è stato associato a un aumentato rischio di diverticolosi.
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Patogenesi
La formazione di diverticoli è favorita dalla pressione elevata all’interno del colon. Questa pressione può essere causata da sforzi durante la defecazione, da una dieta povera di fibre o da altri fattori. I punti deboli nella parete del colon, spesso dove i vasi sanguigni penetrano nello strato muscolare, sono i siti più comuni per la formazione di diverticoli.
Manifestazioni cliniche
Nella maggior parte dei casi, la diverticolosi è asintomatica. Tuttavia, quando i diverticoli si infiammano o si infettano (diverticolite), possono comparire i seguenti sintomi:
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- Dolore addominale: Il dolore è tipicamente localizzato nella parte inferiore sinistra dell’addome, ma può essere presente anche in altre aree.
- Febbre: La febbre è un segno di infezione.
- Nausea e vomito: Questi sintomi possono essere presenti in caso di infiammazione o infezione.
- Cambiamenti nelle abitudini intestinali: La diverticolite può causare diarrea o stitichezza.
- Sanguinamento rettale: Il sanguinamento rettale può verificarsi se un diverticolo si rompe.
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In alcuni casi, la diverticolite può portare a complicanze come ascessi, peritonite, fistole o ostruzione intestinale.
Procedimenti diagnostici
La diagnosi di diverticolosi si basa su una combinazione di:
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- Anamnesi ed esame obiettivo: Il medico raccoglierà informazioni sui sintomi e sull’anamnesi del paziente ed eseguirà un esame obiettivo.
- Esami strumentali:
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- Colonscopia: La colonscopia è l’esame gold standard per la diagnosi di diverticolosi. Consente di visualizzare direttamente l’interno del colon e identificare la presenza di diverticoli.
- TC addome: La TC addome può essere utile per valutare l’estensione dell’infiammazione in caso di diverticolite.
- Clisma opaco: Il clisma opaco è un esame radiologico che utilizza un mezzo di contrasto per visualizzare il colon. Può essere utile per identificare la presenza di diverticoli, ma è meno accurato della colonscopia.
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- Esami di laboratorio: Gli esami del sangue possono essere utili per valutare la presenza di infezione o infiammazione.
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Prognosi
La prognosi della diverticolosi è generalmente buona. La maggior parte delle persone con diverticolosi non sviluppa mai sintomi o complicanze. Tuttavia, circa il 20% delle persone con diverticolosi sviluppa diverticolite. La prognosi della diverticolite dipende dalla gravità dell’infiammazione e dalla presenza di complicanze.
Cure e trattamenti
Il trattamento della diverticolosi e della diverticolite dipende dalla gravità dei sintomi e dalla presenza di complicanze.
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- Diverticolosi asintomatica: Non richiede alcun trattamento specifico. Si consiglia una dieta ricca di fibre e un adeguato apporto di liquidi per prevenire la stitichezza.
- Diverticolite:
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- Farmaci:
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- Antibiotici: Gli antibiotici sono utilizzati per trattare l’infezione.
- Antispastici: Gli antispastici possono aiutare ad alleviare il dolore addominale.
- Analgesici: Gli analgesici possono essere utilizzati per controllare il dolore.
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- Altri trattamenti:
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- Riposo intestinale: In caso di diverticolite acuta, può essere necessario un periodo di riposo intestinale, con una dieta liquida o semiliquida.
- Chirurgia: La chirurgia può essere necessaria in caso di complicanze come ascessi, peritonite, fistole o ostruzione intestinale.
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- Gestione della malattia:
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- Dieta ricca di fibre: Una dieta ricca di fibre aiuta a prevenire la stitichezza e a ridurre il rischio di diverticolite.
- Adeguato apporto di liquidi: Bere molti liquidi aiuta a mantenere le feci morbide e a prevenire la stitichezza.
- Esercizio fisico regolare: L’esercizio fisico regolare aiuta a migliorare la funzione intestinale e a ridurre il rischio di diverticolite.
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- Farmaci:
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Polipi del colon
Definizione
I polipi del colon sono escrescenze anomale che si sviluppano sulla mucosa del colon, la parte finale dell’intestino crasso. Possono variare in dimensioni, forma e tipologia istologica. La maggior parte dei polipi sono benigni, ma alcuni possono evolvere in cancro del colon-retto nel corso del tempo.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’incidenza dei polipi del colon aumenta con l’età. Studi di screening indicano che circa il 20-30% degli adulti di età superiore ai 50 anni presenta almeno un polipo del colon.
- Distribuzione per sesso: I polipi del colon sono leggermente più comuni negli uomini che nelle donne.
- Età di insorgenza: Sebbene possano verificarsi a qualsiasi età, la maggior parte dei polipi del colon si sviluppa dopo i 50 anni.
Eziologia e Genetica
La causa esatta dello sviluppo dei polipi del colon non è completamente compresa, ma diversi fattori contribuiscono al loro sviluppo:
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- Fattori genetici:
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- Mutazioni in geni come APC, MLH1, MSH2, MSH6 e PMS2 aumentano il rischio di sviluppare polipi e cancro del colon-retto.
- Sindromi ereditarie come la poliposi adenomatosa familiare (FAP) e la sindrome di Lynch aumentano significativamente il rischio di polipi e cancro del colon-retto.
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- Fattori ambientali:
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- Dieta: Una dieta ricca di grassi saturi, carni rosse e lavorate, e povera di frutta, verdura e fibre è associata a un aumento del rischio di polipi del colon.
- Stile di vita sedentario: La mancanza di attività fisica aumenta il rischio di polipi del colon.
- Fumo: Il fumo di sigaretta è un fattore di rischio per lo sviluppo di polipi del colon.
- Obesità: L’obesità è associata a un aumento del rischio di polipi del colon.
- Età: Il rischio di sviluppare polipi del colon aumenta con l’età.
- Storia familiare: Avere un familiare di primo grado con polipi del colon o cancro del colon-retto aumenta il rischio.
- Malattie infiammatorie intestinali: La colite ulcerosa e il morbo di Crohn aumentano il rischio di polipi del colon.
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- Fattori genetici:
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Patogenesi
I polipi del colon si sviluppano a causa di una crescita anomala delle cellule della mucosa del colon. Questo processo è spesso guidato da mutazioni genetiche che alterano il normale ciclo cellulare e promuovono la proliferazione cellulare incontrollata.
Manifestazioni Cliniche
Nella maggior parte dei casi, i polipi del colon sono asintomatici. Tuttavia, polipi di grandi dimensioni o multipli possono causare:
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- Sangue nelle feci: Può essere visibile ad occhio nudo o rilevato solo tramite un esame delle feci.
- Cambiamenti nelle abitudini intestinali: Stipsi, diarrea o un’alternanza tra le due.
- Dolore addominale: Di solito crampiforme e localizzato nella parte inferiore dell’addome.
- Anemia: Causato da una perdita cronica di sangue.
- Raramente, ostruzione intestinale: Si verifica quando un polipo di grandi dimensioni blocca il passaggio delle feci.
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Procedimenti Diagnostici
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- Colonscopia: È l’esame gold standard per la diagnosi dei polipi del colon. Consente la visualizzazione diretta dell’intero colon e la rimozione di eventuali polipi durante la procedura.
- Sigmoidoscopia flessibile: Permette di visualizzare solo il sigma e il retto.
- Clisma opaco a doppio contrasto: Esame radiologico che utilizza un mezzo di contrasto per visualizzare il colon.
- Colonscopia virtuale: Tecnica di imaging che utilizza la tomografia computerizzata (TC) per creare immagini tridimensionali del colon.
- Esame delle feci per la ricerca del sangue occulto: Può aiutare a identificare la presenza di sangue nelle feci, che può essere un segno di polipi o cancro del colon-retto.
- Test genetici: Utilizzati per identificare mutazioni genetiche associate a un aumentato rischio di polipi del colon, come nel caso della FAP e della sindrome di Lynch.
Prognosi
La prognosi per i polipi del colon è generalmente buona, soprattutto se vengono rilevati e rimossi precocemente. La maggior parte dei polipi non si trasformano in cancro. Tuttavia, alcuni tipi di polipi, come gli adenomi, hanno un rischio maggiore di malignità. La prognosi dipende da diversi fattori, tra cui:
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- Tipo di polipo: Gli adenomi villose hanno un rischio maggiore di malignità rispetto agli adenomi tubulari.
- Dimensioni del polipo: Polipi più grandi hanno un rischio maggiore di malignità.
- Numero di polipi: La presenza di più polipi aumenta il rischio di cancro del colon-retto.
- Grado di displasia: La displasia è una condizione precancerosa. Polipi con displasia di alto grado hanno un rischio maggiore di malignità.
- Storia familiare: Una storia familiare di cancro del colon-retto aumenta il rischio di malignità.
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Cure e Trattamenti
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- Polipectomia: La rimozione dei polipi durante la colonscopia è il trattamento di scelta.
- Chirurgia: In caso di polipi di grandi dimensioni, multipli o con displasia di alto grado, può essere necessario un intervento chirurgico per rimuovere una parte del colon.
- Sorveglianza: Dopo la rimozione dei polipi, è necessaria una sorveglianza periodica con colonscopia per identificare eventuali nuovi polipi.
- Farmaci: In alcuni casi, possono essere utilizzati farmaci come l’aspirina o gli inibitori della COX-2 per ridurre il rischio di sviluppare nuovi polipi.
- Cambiamenti nello stile di vita: Una dieta sana, l’esercizio fisico regolare e l’astensione dal fumo possono aiutare a ridurre il rischio di polipi del colon.
Emorroidi
Definizione
Le emorroidi rappresentano una patologia molto comune che interessa i plessi venosi del canale anale. Sebbene spesso asintomatiche, possono causare disagio e dolore significativo, influenzando la qualità della vita del paziente. Sono cuscinetti vascolari, fisiologicamente presenti nel canale anale, composti da tessuto connettivo, muscolatura liscia e vasi sanguigni. La malattia emorroidaria si sviluppa quando questi cuscinetti si dilatano e prolassano, causando sintomi come sanguinamento, dolore, prurito e fastidio.
Si distinguono due tipi di emorroidi:
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- Emorroidi interne: localizzate al di sopra della linea dentata, rivestite da mucosa rettale.
- Emorroidi esterne: situate al di sotto della linea dentata, ricoperte da cute.
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Epidemiologia
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- Incidenza: Le emorroidi sono estremamente comuni, con una prevalenza stimata tra il 4,4% e il 36,4% della popolazione generale.
- Distribuzione per sesso: Non ci sono differenze significative nell’incidenza tra uomini e donne.
- Età di insorgenza: La prevalenza aumenta con l’età, raggiungendo il picco tra i 45 e i 65 anni.
Eziologia e genetica
La causa principale delle emorroidi è l’aumento della pressione venosa nel plesso emorroidario. Diversi fattori possono contribuire a questo aumento di pressione, tra cui:
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- Stipsi cronica: lo sforzo durante la defecazione aumenta la pressione addominale e venosa.
- Diarrea cronica: l’irritazione e l’infiammazione cronica possono indebolire i tessuti di supporto.
- Gravidanza: l’aumento del volume uterino e i cambiamenti ormonali aumentano la pressione venosa pelvica.
- Obesità: l’eccesso di peso aumenta la pressione addominale.
- Familiarità: una predisposizione genetica può contribuire allo sviluppo di emorroidi.
- Dieta povera di fibre: una dieta a basso contenuto di fibre può favorire la stipsi.
- Sedentarietà: la mancanza di attività fisica può rallentare il transito intestinale.
- Età avanzata: i tessuti di supporto tendono a indebolirsi con l’età.
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Patogenesi
L’aumento della pressione venosa nel plesso emorroidario causa la dilatazione e il prolasso dei cuscinetti emorroidari. Il prolasso può essere classificato in quattro gradi:
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- Grado I: le emorroidi non prolassano.
- Grado II: le emorroidi prolassano durante la defecazione, ma si riducono spontaneamente.
- Grado III: le emorroidi prolassano durante la defecazione e richiedono la riduzione manuale.
- Grado IV: le emorroidi sono permanentemente prolassate e non possono essere ridotte manualmente.
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Manifestazioni cliniche
Le emorroidi possono presentarsi con una varietà di sintomi, tra cui:
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- Sanguinamento rettale: il sintomo più comune, spesso si manifesta come sangue rosso vivo sulla carta igienica o nelle feci.
- Dolore: può essere presente in caso di trombosi emorroidaria o prolasso.
- Prurito anale: causato dall’irritazione della cute perianale.
- Secrezione mucosa: può essere presente in caso di prolasso.
- Sensazione di massa anale: percepita in caso di prolasso.
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Procedimenti diagnostici
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- Esame obiettivo: ispezione visiva e palpazione digitale del canale anale.
- Anoscopia: visualizzazione diretta del canale anale con un anoscopio.
- Rettoscopia: visualizzazione del retto con un rettoscopio.
- Colonscopia: esame completo del colon, utile per escludere altre patologie.
Prognosi
La prognosi delle emorroidi è generalmente buona, soprattutto se trattate tempestivamente. La maggior parte dei pazienti risponde bene alle misure conservative e ai trattamenti non chirurgici.
Cure e trattamenti
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- Misure conservative:
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- Aumento dell’apporto di fibre nella dieta.
- Aumento dell’assunzione di liquidi.
- Esercizio fisico regolare.
- Evitare lo sforzo durante la defecazione.
- Igiene accurata della zona anale.
- Bagni caldi.
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- Farmaci:
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- Farmaci topici: creme e unguenti a base di corticosteroidi, anestetici locali e vasocostrittori.
- Farmaci sistemici: flebotonici, analgesici, lassativi.
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- Trattamenti non chirurgici:
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- Legatura elastica: posizionamento di un elastico alla base dell’emorroide per interromperne l’afflusso di sangue.
- Scleroterapia: iniezione di una sostanza sclerosante per ridurre il volume dell’emorroide.
- Fotocoagulazione a infrarossi: utilizzo di raggi infrarossi per coagulare l’emorroide.
- Crioterapia: congelamento dell’emorroide.
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- Chirurgia:
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- riservata ai casi più gravi o non responsivi ad altri trattamenti. Le tecniche chirurgiche includono:
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- Emorroidectomia: asportazione chirurgica delle emorroidi.
- Emorroidopessi: fissazione delle emorroidi prolassate.
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- riservata ai casi più gravi o non responsivi ad altri trattamenti. Le tecniche chirurgiche includono:
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- Misure conservative:
Gestione della malattia
La gestione delle emorroidi prevede un approccio multidisciplinare che include:
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- Educazione del paziente sulla natura della malattia e sulle misure preventive.
- Modifiche dello stile di vita per ridurre i fattori di rischio.
- Trattamento tempestivo dei sintomi.
- Follow-up regolare per monitorare l’evoluzione della malattia.
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Ragade anale
Definizione
La ragade anale è una condizione comune che colpisce l’ano, causando dolore e sanguinamento, soprattutto durante la defecazione. Una ragade anale è una lacerazione o un’ulcera longitudinale nell’anoderma, il rivestimento del canale anale. Queste lacerazioni sono spesso piccole, ma possono essere piuttosto dolorose a causa dell’elevata concentrazione di terminazioni nervose nell’area.
Epidemiologia
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- Incidenza: La ragade anale è una condizione comune, che colpisce persone di tutte le età, anche se è più frequente nei giovani adulti e nei neonati. Non ci sono dati precisi sull’incidenza, ma si stima che colpisca una percentuale significativa della popolazione almeno una volta nella vita.
- Distribuzione per sesso: La ragade anale colpisce uomini e donne in egual misura.
- Età di insorgenza: Come accennato, la ragade anale può colpire persone di tutte le età, con picchi di incidenza nei giovani adulti e nei neonati.
Eziologia e Genetica
La causa principale della ragade anale è lo stiramento e il trauma del canale anale, spesso causati da:
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- Stitichezza: Il passaggio di feci dure e voluminose può lacerare l’anoderma.
- Diarrea: Anche la diarrea cronica può irritare e danneggiare l’anoderma.
- Parto: Il parto può causare ragadi anali nelle donne.
- Traumi: L’inserimento di oggetti estranei nell’ano può causare lesioni.
- Malattie infiammatorie intestinali: La malattia di Crohn e la colite ulcerosa possono predisporre alle ragadi anali.
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Non ci sono fattori genetici noti che predispongano allo sviluppo di ragadi anali.
Patogenesi
La patogenesi della ragade anale coinvolge un ciclo di dolore, spasmo e ischemia. La lacerazione iniziale causa dolore, che porta a uno spasmo dello sfintere anale interno. Questo spasmo riduce il flusso sanguigno all’area, compromettendo la guarigione e perpetuando il ciclo.
Manifestazioni Cliniche
Il sintomo principale della ragade anale è il dolore durante e dopo la defecazione. Il dolore può essere descritto come bruciante, lancinante o pulsante e può durare diverse ore. Altri sintomi includono:
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- Sanguinamento rettale: Spesso si nota una piccola quantità di sangue rosso vivo sulla carta igienica o nelle feci.
- Prurito: L’irritazione cronica può causare prurito anale.
- Sensazione di corpo estraneo: Alcuni pazienti avvertono la sensazione di avere qualcosa bloccato nell’ano.
- Difficoltà a defecare: Il dolore e lo spasmo possono rendere difficile la defecazione.
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In alcuni casi, la ragade anale può diventare cronica, con la formazione di tessuto cicatriziale e la persistenza dei sintomi per più di 6 settimane.
Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di ragade anale è generalmente clinica, basata sull’anamnesi e sull’esame obiettivo.
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- Esame obiettivo: Il medico ispezionerà visivamente l’area anale, cercando la presenza di lacerazioni o ulcere. Un esame rettale digitale può essere eseguito per valutare lo spasmo dello sfintere, ma spesso viene evitato a causa del dolore.
- Anoscopia: In alcuni casi, può essere necessaria un’anoscopia per visualizzare meglio il canale anale e escludere altre condizioni.
- Sigmoidoscopia o colonscopia: Questi esami possono essere necessari se si sospetta una malattia infiammatoria intestinale o altre patologie del colon.
- Esami di laboratorio: Generalmente non sono necessari esami di laboratorio per la diagnosi di ragade anale.
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Prognosi
La maggior parte delle ragadi anali guarisce entro poche settimane con un trattamento conservativo. Tuttavia, alcune ragadi possono diventare croniche, richiedendo un trattamento più aggressivo. La prognosi è generalmente buona, ma le recidive sono comuni.
Cure e Trattamenti
L’obiettivo del trattamento è alleviare il dolore, promuovere la guarigione e prevenire le complicanze.
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Farmaci:
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- Lassativi: Per ammorbidire le feci e ridurre lo sforzo durante la defecazione.
- Anestetici topici: Per alleviare il dolore.
- Nitroglicerina topica: Per rilassare lo sfintere anale e migliorare il flusso sanguigno.
- Bloccanti dei canali del calcio: Per ridurre lo spasmo dello sfintere.
- Iniezioni di tossina botulinica: Per paralizzare temporaneamente lo sfintere anale.
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Altri trattamenti:
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- Bagni caldi: Per rilassare lo sfintere e promuovere la guarigione.
- Igiene accurata: Per prevenire l’infezione.
- Dieta ricca di fibre: Per prevenire la stitichezza.
- Sfinterotomia laterale interna: Una procedura chirurgica che prevede l’incisione parziale dello sfintere anale interno per ridurre lo spasmo.
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Gestione della malattia:
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- Educazione del paziente: Fornire informazioni sulla condizione e sulle strategie di gestione.
- Modifiche dello stile di vita: Incoraggiare una dieta sana, l’esercizio fisico regolare e l’evitamento dello sforzo durante la defecazione.
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Fistola anale
La fistola anale rappresenta una condizione patologica relativamente comune in gastroenterologia, caratterizzata dalla formazione di un tragitto fistoloso che mette in comunicazione l’ano o il retto con la cute perianale. Questo tragitto anomalo si sviluppa a seguito di un’infezione a livello delle ghiandole anali, che determina la formazione di un ascesso. Se l’ascesso non guarisce completamente o non viene drenato adeguatamente, può cronicizzare e dare origine alla fistola.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’incidenza annuale delle fistole anali è stimata intorno a 8-10 casi ogni 100.000 persone.
- Distribuzione per sesso: La patologia è più frequente negli uomini, con un rapporto uomo:donna di circa 2:1.
- Età di insorgenza: Le fistole anali possono manifestarsi a qualsiasi età, ma sono più comuni tra i 30 e i 50 anni.
Eziologia e Genetica
La causa principale della fistola anale è l’infezione delle ghiandole anali, che si trovano nello spazio intersfinterico. Queste ghiandole producono muco che lubrifica il canale anale durante la defecazione. Quando il dotto di una ghiandola si ostruisce, i batteri possono proliferare al suo interno, causando un’infezione e la formazione di un ascesso.
Fattori predisponenti allo sviluppo di fistole anali includono:
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- Ascessi anali: La maggior parte delle fistole anali si sviluppa a seguito di un ascesso anale.
- Malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI): Il morbo di Crohn, in particolare, aumenta il rischio di fistole anali.
- Diverticolite: La diverticolite può causare la formazione di fistole che coinvolgono l’intestino e altre strutture, incluso l’ano.
- Traumi: Lesioni a livello anale, come quelle che possono verificarsi durante il parto o a seguito di interventi chirurgici, possono favorire lo sviluppo di fistole.
- Immunodeficienza: Le persone con un sistema immunitario indebolito sono più suscettibili alle infezioni, comprese quelle che possono causare fistole anali.
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Non ci sono evidenze di una predisposizione genetica specifica per lo sviluppo di fistole anali, sebbene alcune condizioni genetiche che influenzano il sistema immunitario possano aumentare il rischio di sviluppare la patologia.
Patogenesi
La patogenesi della fistola anale può essere riassunta nei seguenti passaggi:
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- Ostruzione del dotto ghiandolare: L’ostruzione del dotto di una ghiandola anale, causata da feci, corpi estranei o infiammazione, impedisce il drenaggio del muco e crea un ambiente favorevole alla proliferazione batterica.
- Infezione e formazione dell’ascesso: I batteri proliferano all’interno della ghiandola ostruita, causando un’infezione e la formazione di un ascesso. L’ascesso è una raccolta di pus che si forma nei tessuti circostanti.
- Formazione del tragitto fistoloso: Se l’ascesso non viene drenato o non guarisce completamente, il pus può cercare una via di uscita attraverso i tessuti, creando un tragitto fistoloso che mette in comunicazione la ghiandola infetta con la cute perianale.
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Manifestazioni Cliniche
Le fistole anali possono presentarsi con una varietà di sintomi, tra cui:
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- Dolore: Il dolore è spesso il sintomo principale, soprattutto durante la defecazione o quando si è seduti.
- Gonfiore: La zona perianale può apparire gonfia e arrossata.
- Secrezione: Può esserci una secrezione purulenta o maleodorante dall’orifizio esterno della fistola.
- Sanguinamento: In alcuni casi, può verificarsi un sanguinamento dall’orifizio esterno della fistola.
- Prurito: Il prurito anale è un sintomo comune, spesso associato all’irritazione cutanea causata dalla secrezione.
- Febbre: La febbre può essere presente in caso di infezione acuta.
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Le fistole anali possono essere classificate in base alla loro posizione e al loro decorso anatomico. La classificazione più utilizzata è quella di Parks, che distingue quattro tipi di fistole:
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- Intersfinterica: La fistola attraversa lo sfintere anale interno e si apre nella cute perianale.
- Transsfinterica: La fistola attraversa entrambi gli sfinteri anali (interno ed esterno) e si apre nella cute perianale.
- Soprasfinterica: La fistola passa al di sopra dello sfintere anale esterno e si apre nella cute perianale.
- Extrasfinterica: La fistola origina al di sopra dello sfintere anale esterno e si apre nella cute perianale, senza attraversare gli sfinteri.
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di fistola anale si basa sull’anamnesi, sull’esame obiettivo e su alcuni esami strumentali.
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- Anamnesi: Il medico raccoglierà informazioni sui sintomi del paziente, sulla storia clinica e su eventuali fattori di rischio.
- Esame obiettivo: L’esame obiettivo prevede l’ispezione della regione perianale e l’esplorazione rettale digitale. Durante l’esplorazione rettale, il medico può palpare l’orifizio interno della fistola e valutare il suo decorso.
- Esami strumentali:
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- Ecografia endoanale: L’ecografia endoanale è un esame non invasivo che consente di visualizzare la fistola e valutare la sua estensione.
- Risonanza magnetica (RM) pelvica: La RM pelvica fornisce immagini dettagliate della regione anale e può essere utile per identificare fistole complesse o recidivanti.
- Fistolografia: La fistolografia è una tecnica radiologica che prevede l’iniezione di un mezzo di contrasto nella fistola per visualizzarne il decorso.
- Anoscopia: L’anoscopia è un esame endoscopico che consente di visualizzare il canale anale e l’orifizio interno della fistola.
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Prognosi
La prognosi delle fistole anali dipende da diversi fattori, tra cui la complessità della fistola, la presenza di comorbidità e la tempestività del trattamento. In generale, le fistole semplici hanno una buona prognosi e possono essere curate con successo con un intervento chirurgico. Le fistole complesse o recidivanti, invece, possono richiedere trattamenti più aggressivi e avere una prognosi meno favorevole.
Cure e Trattamenti
L’obiettivo del trattamento delle fistole anali è quello di eliminare il tragitto fistoloso e prevenire le recidive. Il trattamento di scelta è generalmente chirurgico, ma in alcuni casi possono essere utilizzati anche farmaci o altre terapie conservative.
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Trattamento farmacologico:
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- Antibiotici: Gli antibiotici sono utilizzati per trattare l’infezione e ridurre l’infiammazione. Possono essere somministrati per via orale o topica.
- Immunosoppressori: Gli immunosoppressori possono essere utilizzati in pazienti con fistole anali associate a malattie infiammatorie croniche intestinali.
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Trattamento chirurgico:
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- Fistulotomia: La fistulotomia è la tecnica chirurgica più comune per il trattamento delle fistole anali. Consiste nell’incisione del tragitto fistoloso per metterlo in comunicazione con il canale anale e favorirne la guarigione.
- Fistulectomia: La fistulectomia prevede l’asportazione completa del tragitto fistoloso. È una procedura più invasiva della fistulotomia, ma può essere necessaria in caso di fistole complesse o recidivanti.
- Setone: Il setone è un filo chirurgico che viene inserito nel tragitto fistoloso per mantenerlo aperto e drenare il pus. Può essere utilizzato come trattamento temporaneo o definitivo.
- Advancement flap: L’advancement flap è una tecnica chirurgica che prevede lo spostamento di un lembo di tessuto sano per chiudere l’orifizio interno della fistola.
- Plug: Il plug è un dispositivo biocompatibile che viene inserito nel tragitto fistoloso per chiuderlo.
- Colla di fibrina: La colla di fibrina è una sostanza biologica che viene iniettata nel tragitto fistoloso per chiuderlo.
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Altri trattamenti:
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- Terapia laser: La terapia laser può essere utilizzata per distruggere il tessuto fistoloso.
- Crioterapia: La crioterapia utilizza il freddo per distruggere il tessuto fistoloso.
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Prolasso rettale
Definizione
Il prolasso rettale è una condizione in cui il retto, la porzione terminale dell’intestino crasso, fuoriesce dall’ano. Può manifestarsi come una protrusione della mucosa rettale (prolasso mucoso) o dell’intero spessore della parete rettale (prolasso completo). Questa condizione può causare disagio significativo, imbarazzo e influire sulla qualità della vita del paziente.
Epidemiologia
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- Incidenza: Il prolasso rettale è una condizione relativamente rara, con una prevalenza stimata tra 0.5 e 4 casi ogni 100.000 persone.
- Distribuzione per sesso: Colpisce più frequentemente le donne, con un rapporto femmine:maschi di circa 6:1.
- Età di insorgenza: Si osserva principalmente in due fasce d’età: bambini di età inferiore ai 4 anni e adulti di età superiore ai 50 anni.
Eziologia e Genetica
Le cause del prolasso rettale sono multifattoriali e non completamente comprese. I principali fattori di rischio includono:
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- Stipsi cronica: Lo sforzo ripetuto durante la defecazione può indebolire i muscoli del pavimento pelvico e i legamenti che sostengono il retto.
- Parto: Il parto vaginale può danneggiare i muscoli e i nervi del pavimento pelvico, aumentando il rischio di prolasso rettale.
- Età avanzata: Con l’invecchiamento, i muscoli e i tessuti di sostegno del retto possono indebolirsi.
- Obesità: L’eccesso di peso corporeo può aumentare la pressione addominale e contribuire al prolasso rettale.
- Malattie neurologiche: Condizioni come la sclerosi multipla e il morbo di Parkinson possono influire sul controllo neuromuscolare del pavimento pelvico.
- Fattori genetici: Sebbene non siano stati identificati specifici geni responsabili del prolasso rettale, si ritiene che una predisposizione genetica possa contribuire allo sviluppo della condizione.
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Patogenesi
La patogenesi del prolasso rettale è complessa e coinvolge diversi fattori:
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- Indebolimento dei muscoli del pavimento pelvico: I muscoli del pavimento pelvico forniscono supporto al retto e agli altri organi pelvici. L’indebolimento di questi muscoli può consentire al retto di prolassare.
- Disfunzione del legamento retto-sacrale: Questo legamento aiuta a mantenere il retto nella sua posizione anatomica. Un suo allungamento o danneggiamento può contribuire al prolasso.
- Alterazioni della compliance rettale: Un aumento della compliance rettale, ovvero la capacità del retto di distendersi, può predisporre al prolasso.
- Intussuscezione rettale: In alcuni casi, il prolasso rettale può essere causato da un’invaginazione del retto su se stesso (intussuscezione).
Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche del prolasso rettale possono variare a seconda della gravità della condizione. I sintomi più comuni includono:
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- Protrusione di tessuto dall’ano: La protrusione può essere intermittente o persistente e può aumentare di dimensioni con lo sforzo.
- Sanguinamento rettale: Il sanguinamento può essere lieve o moderato e solitamente si verifica durante la defecazione.
- Dolore rettale: Il dolore può essere presente durante la defecazione o anche a riposo.
- Incontinenza fecale: La perdita involontaria di feci può essere un sintomo del prolasso rettale, soprattutto nei casi più gravi.
- Sensazione di incompleto svuotamento: Il paziente può avere la sensazione di non aver evacuato completamente l’intestino.
- Muco rettale: La produzione di muco dal retto può aumentare in presenza di prolasso.
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di prolasso rettale si basa sull’anamnesi, sull’esame obiettivo e su alcuni esami strumentali.
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- Esame obiettivo: L’esame obiettivo include l’ispezione visiva dell’ano e del retto, spesso durante la manovra di Valsalva (sforzo come per defecare).
- Defecografia: Questo esame radiologico permette di visualizzare il retto durante la defecazione e di valutare la presenza di prolasso.
- Manometria anorettale: Questo esame valuta la funzione dei muscoli dello sfintere anale e può essere utile per identificare eventuali disfunzioni associate al prolasso rettale.
- Colonscopia: La colonscopia può essere eseguita per escludere altre patologie del colon, come polipi o tumori.
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Prognosi
La prognosi del prolasso rettale dipende dalla gravità della condizione, dall’età del paziente e dalla presenza di eventuali comorbidità. Nei casi lievi, il trattamento conservativo può essere sufficiente a migliorare i sintomi. Nei casi più gravi, può essere necessario un intervento chirurgico.
Cure e Trattamenti
Il trattamento del prolasso rettale dipende dalla gravità dei sintomi e dalle condizioni generali del paziente.
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Trattamento conservativo: Nei casi lievi, il trattamento conservativo può includere:
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- Modifiche dello stile di vita: Aumento dell’apporto di fibre nella dieta, assunzione di liquidi, esercizio fisico regolare per migliorare la funzione intestinale e rafforzare i muscoli del pavimento pelvico.
- Biofeedback: Questa tecnica può aiutare il paziente a imparare a controllare i muscoli del pavimento pelvico.
- Farmaci: Lassativi per ammorbidire le feci e ridurre lo sforzo durante la defecazione.
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Trattamento chirurgico: Nei casi più gravi o quando il trattamento conservativo non è efficace, può essere necessario un intervento chirurgico. Le principali tecniche chirurgiche includono:
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- Rettopessi: Questa procedura prevede il riposizionamento del retto nella sua posizione anatomica e la sua fissazione al sacro.
- Resezione rettale: In alcuni casi, può essere necessario rimuovere una porzione del retto.
- Sfinteroplastica: Questo intervento mira a rafforzare i muscoli dello sfintere anale.
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Tumore del colon-retto
Definizione
Il tumore del colon-retto (CCR) rappresenta una delle neoplasie più frequenti a livello globale, con un impatto significativo sulla salute pubblica. E’ una neoplasia maligna che origina dalle cellule della mucosa che riveste il colon e il retto, ovvero l’ultima porzione dell’apparato digerente.
Epidemiologia
Incidenza: Il CCR è il terzo tumore più comune al mondo, con circa 2 milioni di nuovi casi diagnosticati ogni anno. In Italia, nel 2023, si stimano circa 50.500 nuove diagnosi, con una leggera prevalenza negli uomini (26.800) rispetto alle donne (23.700).
Distribuzione per sesso: Come accennato, il CCR colpisce leggermente di più gli uomini rispetto alle donne.
Età di insorgenza: L’età media alla diagnosi è intorno ai 70 anni, ma l’incidenza sta aumentando anche nelle fasce di età più giovani, al di sotto dei 50 anni.
Eziologia e Genetica
L’eziologia del CCR è multifattoriale, con un’interazione complessa tra fattori genetici e ambientali.
Fattori di rischio:
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- Età: il rischio aumenta con l’avanzare dell’età.
- Familiarità: la presenza di parenti di primo grado con CCR aumenta il rischio individuale.
- Fattori genetici: alcune sindromi ereditarie, come la poliposi adenomatosa familiare (FAP) e la sindrome di Lynch (HNPCC), predispongono allo sviluppo del CCR.
- Fattori ambientali e stile di vita:
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- Dieta: un’alimentazione ricca di carne rossa e lavorata, grassi animali e povera di fibre è associata ad un aumentato rischio di CCR.
- Sovrappeso e obesità: l’eccesso di peso corporeo rappresenta un fattore di rischio.
- Sedentarietà: la mancanza di attività fisica aumenta il rischio.
- Fumo di sigaretta: il fumo è un fattore di rischio per molti tumori, incluso il CCR.
- Consumo di alcol: un consumo eccessivo di alcol è associato ad un aumentato rischio.
- Malattie infiammatorie croniche intestinali: la presenza di malattie come la colite ulcerosa e il morbo di Crohn aumenta il rischio di CCR.
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Genetica:
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- Mutazioni somatiche: la maggior parte dei CCR si sviluppa a seguito dell’accumulo di mutazioni somatiche nel DNA delle cellule della mucosa del colon-retto.
- Predisposizione genetica: alcune mutazioni ereditarie, come quelle nei geni APC, MLH1, MSH2, MSH6 e PMS2, aumentano significativamente il rischio di sviluppare CCR.
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Patogenesi
La patogenesi del CCR è un processo multistep che coinvolge la progressiva trasformazione di cellule normali in cellule tumorali. Nella maggior parte dei casi, il CCR si sviluppa a partire da polipi adenomatosi, escrescenze benigne della mucosa del colon-retto.
Sequenza adenoma-carcinoma:
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- Formazione di polipi: i polipi si formano a seguito di alterazioni genetiche e molecolari che causano una proliferazione incontrollata delle cellule della mucosa.
- Displasia: i polipi possono evolvere verso una condizione di displasia, caratterizzata da alterazioni cellulari precancerose.
- Carcinoma in situ: la displasia può progredire verso un carcinoma in situ, in cui le cellule tumorali sono confinate alla mucosa.
- Carcinoma invasivo: il carcinoma in situ può invadere la parete del colon-retto e diffondersi ad altri organi (metastasi).
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Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche del CCR possono essere variabili e spesso asintomatiche nelle fasi iniziali. I sintomi più comuni includono:
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- Alterazioni dell’alvo: diarrea, stipsi o alternanza di diarrea e stipsi.
- Sangue nelle feci: può essere visibile ad occhio nudo (ematochezia) o occulto (rilevabile solo con esami specifici).
- Dolore addominale: può essere crampiforme o continuo.
- Tenesmo rettale: sensazione di incompleto svuotamento dopo la defecazione.
- Anemia sideropenica: causata da perdite croniche di sangue.
- Perdita di peso: non intenzionale e progressiva.
- Astenia: senso di stanchezza e debolezza.
- Febbre: in caso di infezioni o complicanze.
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In alcuni casi, il CCR può manifestarsi con sintomi legati alla presenza di metastasi, come dolore osseo, ittero o difficoltà respiratorie.
Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di CCR si basa su una combinazione di esami clinici, strumentali e di laboratorio.
Metodi generali:
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- Anamnesi: raccolta di informazioni sulla storia clinica del paziente e sui fattori di rischio.
- Esame obiettivo: valutazione dello stato generale del paziente e palpazione dell’addome.
- Esplorazione rettale digitale: permette di valutare la presenza di eventuali masse nel retto.
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Metodi strumentali:
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- Colonscopia: esame endoscopico che permette di visualizzare l’intero colon e il retto, prelevare biopsie e rimuovere eventuali polipi.
- Rettosigmoidoscopia: esame endoscopico che permette di visualizzare il retto e il sigma, la porzione terminale del colon.
- Clisma opaco a doppio contrasto: esame radiologico che utilizza un mezzo di contrasto per visualizzare il colon.
- TC addome e pelvi: permette di valutare l’estensione del tumore e la presenza di eventuali metastasi.
- RMN addome e pelvi: utile per la stadiazione del tumore e la valutazione delle metastasi epatiche.
- PET-TC: esame di medicina nucleare che permette di identificare eventuali metastasi a distanza.
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Esami di laboratorio:
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- Ricerca del sangue occulto nelle feci: test non invasivo per la diagnosi precoce del CCR.
- Esami del sangue: emocromo, funzionalità epatica e renale, marcatori tumorali (CEA).
- Esame istologico: analisi al microscopio del tessuto prelevato durante la colonscopia per confermare la diagnosi e definire il tipo di tumore.
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Prognosi
La prognosi del CCR dipende da diversi fattori, tra cui lo stadio del tumore al momento della diagnosi, il grado di differenziazione cellulare, la presenza di metastasi e lo stato di salute generale del paziente. La sopravvivenza a 5 anni varia dal 90% per i tumori diagnosticati in stadio iniziale al 10% per i tumori metastatici.
Cure e Trattamenti
Il trattamento del CCR si basa su un approccio multidisciplinare che coinvolge diverse figure professionali, tra cui gastroenterologi, oncologi, chirurghi, radioterapisti e psicologi.
Farmaci specifici:
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- Chemioterapia: utilizza farmaci antitumorali per distruggere le cellule tumorali.
- Terapia biologica: utilizza farmaci che interferiscono con specifici meccanismi molecolari coinvolti nella crescita del tumore.
- Terapia ormonale: utilizzata in alcuni casi di tumore del retto.
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Altri trattamenti:
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- Chirurgia: l’intervento chirurgico è il trattamento di prima scelta per la maggior parte dei CCR. La tecnica chirurgica varia in base alla localizzazione e all’estensione del tumore.
- Radioterapia: utilizza radiazioni ionizzanti per distruggere le cellule tumorali.
- Terapia locoregionale: comprende tecniche come la radiofrequenza, la crioterapia e l’elettroporazione, utilizzate per distruggere il tumore in modo localizzato.
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Gestione della malattia:
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- Follow-up: dopo il trattamento, è necessario un follow-up periodico per monitorare l’eventuale ricomparsa del tumore e gestire eventuali complicanze.
- Sostegno psicologico: il supporto psicologico è importante per aiutare il paziente e la sua famiglia ad affrontare la malattia e le sue conseguenze.
- Stile di vita: adottare uno stile di vita sano, con un’alimentazione equilibrata, attività fisica regolare e astensione dal fumo e dall’alcol, può contribuire a migliorare la prognosi e la qualità di vita.
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Prevenzione
La prevenzione del CCR si basa su:
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- Screening: la partecipazione ai programmi di screening per il CCR permette di individuare la malattia in fase precoce, quando le possibilità di guarigione sono maggiori.
- Stile di vita sano: adottare uno stile di vita sano, con un’alimentazione ricca di fibre e povera di grassi animali, attività fisica regolare e astensione dal fumo e dall’alcol, può ridurre il rischio di sviluppare CCR.
- Consulenza genetica: per le persone con familiarità per CCR o sindromi ereditarie, la consulenza genetica può aiutare a valutare il rischio individuale e adottare misure preventive personalizzate.
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5. MALATTIE DEL FEGATO
Epatite virale (A, B, C, D, E)
Definizione
L’epatite virale è un’infiammazione del fegato causata da un’infezione da uno dei cinque virus dell’epatite noti: A, B, C, D ed E. Questi virus differiscono significativamente nelle modalità di trasmissione, nella gravità della malattia e nelle conseguenze a lungo termine. Mentre l’epatite A ed E causano tipicamente infezioni acute e autolimitanti, i virus B, C e D possono portare a epatite cronica, cirrosi epatica e carcinoma epatocellulare.
L’epatite virale è caratterizzata da un danno epatico indotto dall’infezione virale. Questo danno può variare da una lieve infiammazione a una grave necrosi degli epatociti. Il processo infiammatorio può interferire con le funzioni vitali del fegato, tra cui la sintesi proteica, la produzione di bile e il metabolismo dei farmaci e delle tossine.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’incidenza dell’epatite virale varia a seconda del tipo di virus e della regione geografica. L’epatite A ed E sono più comuni nelle aree con scarse condizioni igienico-sanitarie, mentre l’epatite B e C sono diffuse in tutto il mondo. L’epatite D si verifica solo in presenza di un’infezione da epatite B.
- Distribuzione per sesso: L’epatite B e C mostrano una leggera prevalenza nel sesso maschile, mentre l’epatite A ed E non presentano differenze significative tra i sessi.
- Età di insorgenza: L’epatite A ed E colpiscono prevalentemente bambini e giovani adulti, mentre l’epatite B e C possono manifestarsi a qualsiasi età, con un picco di incidenza tra i 20 e i 40 anni.
Eziologia e Genetica
L’eziologia dell’epatite virale è l’infezione da uno dei cinque virus epatotropi:
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- Virus dell’epatite A (HAV): Virus a RNA appartenente alla famiglia dei Picornaviridae.
- Virus dell’epatite B (HBV): Virus a DNA appartenente alla famiglia degli Hepadnaviridae.
- Virus dell’epatite C (HCV): Virus a RNA appartenente alla famiglia dei Flaviviridae.
- Virus dell’epatite D (HDV): Virus a RNA difettivo che richiede la presenza del virus dell’epatite B per replicarsi.
- Virus dell’epatite E (HEV): Virus a RNA appartenente alla famiglia degli Hepeviridae.
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La suscettibilità all’infezione e la progressione della malattia possono essere influenzate da fattori genetici dell’ospite, come il genotipo HLA.
Patogenesi
La patogenesi dell’epatite virale coinvolge diversi meccanismi:
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- Infezione degli epatociti: I virus dell’epatite infettano gli epatociti, le cellule principali del fegato.
- Risposta immunitaria: Il sistema immunitario dell’ospite riconosce e attacca le cellule infette, contribuendo al danno epatico.
- Infiammazione e necrosi: L’infiammazione cronica e la necrosi degli epatociti possono portare alla fibrosi epatica e, in alcuni casi, alla cirrosi e al carcinoma epatocellulare.
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Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche dell’epatite virale variano a seconda del tipo di virus, della fase dell’infezione (acuta o cronica) e della gravità della malattia.
Fase acuta:
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- Sintomi aspecifici: affaticamento, malessere generale, febbre, nausea, vomito, dolore addominale, perdita di appetito.
- Ittero: colorazione giallastra della pelle e delle sclere (parte bianca degli occhi), urine scure, feci chiare.
- Epatomegalia: ingrossamento del fegato, palpabile all’esame obiettivo.
- Splenomegalia: ingrossamento della milza.
- Linfoadenopatia: ingrossamento dei linfonodi.
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Fase cronica:
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- Spesso asintomatica: la malattia può progredire silenziosamente per anni.
- Affaticamento cronico.
- Disturbi digestivi.
- Segni di insufficienza epatica: ittero, ascite (accumulo di liquido nell’addome), encefalopatia epatica (alterazione dello stato mentale).
- Complicanze: cirrosi epatica, carcinoma epatocellulare, varici esofagee.
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Procedimenti Diagnostici
Metodi generali:
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- Anamnesi: raccolta di informazioni sulla storia clinica del paziente, inclusi eventuali fattori di rischio per l’epatite virale (es. viaggi in aree endemiche, uso di droghe iniettive, trasfusioni di sangue).
- Esame obiettivo: valutazione dello stato generale del paziente, palpazione dell’addome per rilevare epatomegalia o splenomegalia.
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Esami di laboratorio:
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- Test sierologici: ricerca di anticorpi specifici contro i virus dell’epatite (anti-HAV, anti-HBs, anti-HCV, anti-HDV, anti-HEV).
- Test molecolari: ricerca del materiale genetico dei virus (PCR) per confermare la diagnosi e valutare la carica virale.
- Test di funzionalità epatica: misurazione dei livelli di enzimi epatici (AST, ALT, GGT, ALP), bilirubina e albumina per valutare la funzionalità del fegato.
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Metodi strumentali:
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- Ecografia epatica: visualizzazione del fegato per valutare le sue dimensioni, la struttura e la presenza di eventuali lesioni.
- Biopsia epatica: prelievo di un piccolo campione di tessuto epatico per l’esame istologico, che permette di valutare il grado di infiammazione e fibrosi.
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Prognosi della Malattia
La prognosi dell’epatite virale dipende da diversi fattori, tra cui il tipo di virus, la gravità dell’infezione, l’età del paziente e la presenza di altre patologie.
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- Epatite A ed E: generalmente hanno una prognosi favorevole, con risoluzione completa dell’infezione nella maggior parte dei casi.
- Epatite B e C: possono evolvere in epatite cronica, con rischio di cirrosi epatica e carcinoma epatocellulare. La prognosi è migliore nei pazienti che rispondono al trattamento antivirale.
- Epatite D: la prognosi è generalmente peggiore rispetto all’epatite B, con un rischio più elevato di complicanze.
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Cure e Trattamenti
Farmaci specifici:
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- Epatite A ed E: non richiedono un trattamento specifico, ma si raccomanda il riposo, l’idratazione e una dieta leggera.
- Epatite B: i farmaci antivirali (es. interferone, analoghi nucleos(t)idici) possono sopprimere la replicazione virale e rallentare la progressione della malattia.
- Epatite C: i farmaci antivirali ad azione diretta (DAA) sono altamente efficaci nell’eliminare il virus in oltre il 95% dei casi.
- Epatite D: il trattamento con interferone pegilato può essere efficace in alcuni casi, ma non esiste una terapia specifica per l’epatite D.
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Altri trattamenti:
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- Gestione delle complicanze: in caso di cirrosi epatica o carcinoma epatocellulare, possono essere necessari trattamenti specifici, come la paracentesi (drenaggio del liquido ascitico), il trapianto di fegato o la chemioterapia.
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Gestione della malattia:
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- Vaccinazione: la vaccinazione è disponibile per l’epatite A e B ed è altamente efficace nella prevenzione dell’infezione.
- Misure preventive: adottare comportamenti a basso rischio, come evitare il contatto con sangue e fluidi corporei infetti, praticare sesso sicuro e non condividere aghi o altri oggetti personali.
- Controlli regolari: i pazienti con epatite cronica devono sottoporsi a controlli regolari per monitorare la progressione della malattia e l’efficacia del trattamento.
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Epatite autoimmune
L’epatite autoimmune (AIH) è una malattia infiammatoria cronica del fegato caratterizzata da un attacco del sistema immunitario contro le cellule epatiche. Questa reazione autoimmune causa un’infiammazione progressiva che, se non trattata, può portare a cirrosi e insufficienza epatica.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’AIH è una malattia relativamente rara, con un’incidenza stimata di circa 1-2 casi per 100.000 persone all’anno.
- Distribuzione per sesso: Colpisce prevalentemente le donne, con un rapporto femmine/maschi di circa 4:1.
- Età di insorgenza: Può manifestarsi a qualsiasi età, ma è più frequente tra i 15 e i 40 anni e dopo i 60 anni.
Eziologia e Genetica
La causa esatta dell’AIH è sconosciuta, ma si ritiene che sia il risultato di una combinazione di fattori genetici e ambientali.
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- Fattori genetici: Esiste una predisposizione genetica all’AIH, con un’associazione con alcuni geni del complesso maggiore di istocompatibilità (HLA), in particolare HLA-DR3 e HLA-DR4.
- Fattori ambientali: Alcuni fattori ambientali, come infezioni virali, farmaci e tossine, possono scatenare la malattia in individui geneticamente predisposti.
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Patogenesi
L’AIH è caratterizzata da una perdita di tolleranza immunitaria, in cui il sistema immunitario non riconosce più le cellule del fegato come proprie e inizia ad attaccarle. Questo processo è mediato da linfociti T autoreattivi e da autoanticorpi diretti contro antigeni epatici. L’infiammazione cronica che ne deriva porta alla distruzione degli epatociti e alla fibrosi epatica.
Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche dell’AIH sono molto variabili, da forme asintomatiche a forme acute e severe.
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- Forme asintomatiche: La malattia può essere scoperta casualmente durante esami di routine o per la presenza di alterazioni degli enzimi epatici.
- Forme acute: Si presentano con ittero, astenia, dolore addominale, nausea, vomito e febbre. Possono simulare un’epatite virale acuta.
- Forme croniche: I sintomi sono spesso aspecifici, come stanchezza, debolezza, prurito, dolori articolari e amenorrea. Nel tempo, la malattia può progredire verso la cirrosi epatica con le sue complicanze (ascite, encefalopatia epatica, varici esofagee).
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Altre manifestazioni:
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- Manifestazioni extraepatiche: L’AIH può associarsi ad altre malattie autoimmuni, come la tiroidite di Hashimoto, il diabete mellito di tipo 1 e la celiachia.
- Complicanze: La principale complicanza dell’AIH è la cirrosi epatica, che può portare a insufficienza epatica e carcinoma epatocellulare.
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di AIH si basa su una combinazione di elementi:
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- Anamnesi ed esame obiettivo: Valutazione dei sintomi, dei fattori di rischio e della presenza di segni di malattia epatica.
- Esami di laboratorio:
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- Enzimi epatici: Aumento delle transaminasi (AST e ALT), della gamma-glutamil transferasi (GGT) e della fosfatasi alcalina (ALP).
- Test sierologici: Presenza di autoanticorpi, come gli anticorpi antinucleo (ANA), gli anticorpi anti-muscolo liscio (ASMA) e gli anticorpi anti-LKM1.
- Markers di infiammazione: Aumento della velocità di eritrosedimentazione (VES) e della proteina C reattiva (PCR).
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- Esami strumentali:
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- Ecografia epatica: Valutazione delle dimensioni e della struttura del fegato.
- Biopsia epatica: Esame gold standard per la diagnosi di AIH. Permette di valutare il grado di infiammazione e fibrosi epatica e di escludere altre cause di malattia epatica.
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Prognosi
La prognosi dell’AIH è generalmente buona se la malattia viene diagnosticata e trattata precocemente. La terapia immunosoppressiva è in grado di controllare l’infiammazione e di prevenire la progressione verso la cirrosi. Tuttavia, la malattia può essere cronica e richiedere un trattamento a lungo termine.
Cure e Trattamenti
L’obiettivo del trattamento dell’AIH è quello di sopprimere l’infiammazione epatica, prevenire la progressione della malattia e migliorare la qualità di vita del paziente.
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- Farmaci specifici:
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- Corticosteroidi: Prednisone o prednisolone sono i farmaci di prima linea nel trattamento dell’AIH.
- Immunosoppressori: Azatioprina o 6-mercaptopurina sono spesso utilizzati in combinazione con i corticosteroidi per ridurre la dose di questi ultimi e mantenere la remissione della malattia.
- Altri immunosoppressori: Micofenolato mofetile, ciclosporina e tacrolimus possono essere utilizzati in pazienti che non rispondono o non tollerano la terapia standard.
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- Altri trattamenti:
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- Trapianto di fegato: Indicato in caso di insufficienza epatica grave o di mancata risposta alla terapia medica.
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- Gestione della malattia:
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- Controlli periodici: Monitoraggio della funzionalità epatica, degli autoanticorpi e degli effetti collaterali della terapia.
- Stile di vita sano: Alimentazione equilibrata, attività fisica regolare, astensione dall’alcol e dal fumo.
- Vaccinazione: Vaccinazione contro l’epatite A e B, l’influenza e lo pneumococco.
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- Farmaci specifici:
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Cirrosi epatica
La cirrosi epatica è una patologia cronica e progressiva caratterizzata da una fibrosi diffusa e irreversibile del fegato, con formazione di noduli di rigenerazione e distorsione dell’architettura epatica. Questo processo porta ad un’alterazione del flusso sanguigno e della funzionalità epatica, con conseguente sviluppo di insufficienza epatica e ipertensione portale.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’incidenza della cirrosi epatica varia a seconda delle cause e della regione geografica. Nei paesi occidentali, le principali cause sono l’abuso di alcol e l’epatite C cronica. L’incidenza globale è stimata intorno ai 20 casi per 100.000 abitanti all’anno.
- Distribuzione per sesso: La cirrosi epatica è più frequente negli uomini rispetto alle donne, con un rapporto di circa 2:1. Questo è probabilmente dovuto ad una maggiore prevalenza di fattori di rischio come l’abuso di alcol e l’epatite virale negli uomini.
- Età di insorgenza: La cirrosi epatica può svilupparsi a qualsiasi età, ma è più comune negli adulti di età compresa tra 40 e 60 anni.
Eziologia e Genetica
Le cause della cirrosi epatica sono molteplici. Le più comuni includono:
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- Abuso di alcol: L’eccessivo consumo di alcol per un periodo prolungato è una delle principali cause di cirrosi epatica.
- Epatite virale cronica: L’infezione cronica da virus dell’epatite B o C può portare a cirrosi epatica nel corso di diversi anni.
- Steatoepatite non alcolica (NAFLD) e steatoepatite non alcolica (NASH): L’accumulo di grasso nel fegato (steatosi epatica) può progredire in infiammazione e fibrosi, portando alla cirrosi.
- Malattie autoimmuni: Alcune malattie autoimmuni, come l’epatite autoimmune e la colangite biliare primitiva, possono causare cirrosi epatica.
- Malattie genetiche: Alcune malattie genetiche, come l’emocromatosi e la malattia di Wilson, possono causare un accumulo di sostanze tossiche nel fegato, portando alla cirrosi.
- Ostruzione delle vie biliari: L’ostruzione delle vie biliari, causata da calcoli biliari, tumori o altre condizioni, può portare a cirrosi biliare secondaria.
- Farmaci e tossine: Alcuni farmaci e tossine possono danneggiare il fegato e portare alla cirrosi.
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La predisposizione genetica può influenzare la suscettibilità allo sviluppo della cirrosi epatica in risposta a determinati fattori di rischio.
Patogenesi
La patogenesi della cirrosi epatica è complessa e coinvolge diversi meccanismi. In generale, il danno epatico cronico, indipendentemente dalla causa, innesca una risposta infiammatoria e una successiva deposizione di tessuto fibroso. Questo processo porta alla formazione di noduli di rigenerazione e alla distorsione dell’architettura epatica, con conseguente alterazione del flusso sanguigno e della funzionalità epatica.
Manifestazioni Cliniche
La cirrosi epatica può essere asintomatica nelle fasi iniziali. Con il progredire della malattia, possono manifestarsi i seguenti sintomi:
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- Astenia e affaticamento: Questi sono spesso i primi sintomi della cirrosi epatica.
- Perdita di appetito e di peso: La riduzione dell’appetito e la perdita di peso possono essere dovute a malassorbimento e alterazioni metaboliche.
- Nausea e vomito: Questi sintomi possono essere causati da un accumulo di tossine nel sangue.
- Ittero: L’ittero, caratterizzato da colorazione giallastra della pelle e delle sclere, è dovuto ad un accumulo di bilirubina nel sangue.
- Dolore addominale: Il dolore addominale può essere causato da un aumento delle dimensioni del fegato o dalla presenza di ascite.
- Ascite: L’ascite è un accumulo di liquido nell’addome, che può causare gonfiore e discomfort.
- Edema degli arti inferiori: L’edema degli arti inferiori può essere causato da un’alterazione della circolazione sanguigna.
- Emorragia gastrointestinale: La cirrosi epatica può causare varici esofagee o gastriche, che possono rompersi e sanguinare.
- Encefalopatia epatica: L’encefalopatia epatica è una condizione neurologica causata da un accumulo di tossine nel cervello. I sintomi possono includere confusione mentale, sonnolenza, coma.
- Ginecomastia e atrofia testicolare: Negli uomini, la cirrosi epatica può causare ginecomastia (ingrossamento del seno) e atrofia testicolare.
- Spider nevi: Le spider nevi sono piccole dilatazioni dei vasi sanguigni superficiali, che si presentano come macchie rosse sulla pelle.
- Eritema palmare: L’eritema palmare è un arrossamento del palmo delle mani.
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di cirrosi epatica si basa su:
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- Anamnesi ed esame obiettivo: L’anamnesi e l’esame obiettivo possono fornire informazioni importanti sui fattori di rischio e sui sintomi del paziente.
- Esami di laboratorio: Gli esami del sangue possono rivelare alterazioni della funzionalità epatica, come aumento delle transaminasi, della bilirubina e del tempo di protrombina.
- Esami strumentali:
- Ecografia addominale: L’ecografia addominale è un esame non invasivo che consente di visualizzare il fegato e valutare la presenza di fibrosi e noduli.
- Tomografia computerizzata (TC) addominale: La TC addominale fornisce immagini più dettagliate del fegato e può essere utile per valutare la gravità della cirrosi.
- Risonanza magnetica (RM) addominale: La RM addominale è un esame non invasivo che fornisce immagini dettagliate del fegato e può essere utile per valutare la gravità della cirrosi.
- Biopsia epatica: La biopsia epatica è l’esame gold standard per la diagnosi di cirrosi epatica. Consiste nel prelievo di un piccolo campione di tessuto epatico, che viene poi analizzato al microscopio.
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Prognosi
La prognosi della cirrosi epatica dipende da diversi fattori, tra cui la causa della malattia, la gravità della fibrosi e la presenza di complicanze. La cirrosi epatica è una malattia progressiva che può portare a insufficienza epatica e morte. Tuttavia, con una diagnosi precoce e un trattamento adeguato, è possibile rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità di vita del paziente.
Cure e Trattamenti
Il trattamento della cirrosi epatica mira a:
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- Eliminare la causa della malattia: Se possibile, è importante eliminare la causa della cirrosi epatica, ad esempio smettendo di bere alcol o trattando l’epatite virale.
- Rallentare la progressione della malattia: Diversi farmaci possono essere utilizzati per rallentare la progressione della cirrosi epatica, come i beta-bloccanti e i diuretici.
- Gestire le complicanze: Le complicanze della cirrosi epatica, come l’ascite, l’encefalopatia epatica e l’emorragia gastrointestinale, richiedono un trattamento specifico.
- Trapianto di fegato: Il trapianto di fegato è l’unica opzione terapeutica curativa per la cirrosi epatica in fase terminale.
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Farmaci specifici:
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- Beta-bloccanti: I beta-bloccanti, come il propranololo e il nadololo, sono utilizzati per ridurre la pressione portale e prevenire l’emorragia gastrointestinale.
- Diuretici: I diuretici, come la furosemide e lo spironolattone, sono utilizzati per ridurre l’ascite.
- Lactulosio: Il lactulosio è un lassativo utilizzato per ridurre i livelli di ammoniaca nel sangue e prevenire l’encefalopatia epatica.
- Antibiotici: Gli antibiotici possono essere utilizzati per trattare le infezioni batteriche, che sono comuni nei pazienti con cirrosi epatica.
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Altri trattamenti:
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- Paracentesi: La paracentesi è una procedura che consiste nel drenare il liquido ascitico dall’addome.
- Legatura endoscopica delle varici: La legatura endoscopica delle varici è una procedura che consiste nel bloccare le varici esofagee o gastriche per prevenire l’emorragia.
- TIPS (Transjugular Intrahepatic Portosystemic Shunt): La TIPS è una procedura che consiste nel creare uno shunt tra la vena porta e la vena epatica per ridurre la pressione portale.
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Steatoepatite alcolica
Definizione
La steatoepatite alcolica (SA) rappresenta una grave forma di danno epatico causata dall’abuso cronico di alcol. Si tratta di una condizione infiammatoria che si sviluppa in individui con steatosi epatica (fegato grasso) preesistente, caratterizzata da accumulo di grasso, infiammazione e danno cellulare a livello del fegato.
La SA è definita come una condizione epatica caratterizzata da:
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- Steatosi: accumulo di trigliceridi negli epatociti.
- Infiammazione lobulare: presenza di infiltrati infiammatori composti da neutrofili e macrofagi.
- Danno epatocellulare: necrosi o apoptosi degli epatociti.
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La SA può presentarsi con diversi gradi di gravità, da forme lievi e asintomatiche a forme severe con insufficienza epatica e complicanze potenzialmente letali.
Epidemiologia
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- Incidenza:
- L’incidenza della SA è in aumento a livello globale, in parallelo con l’incremento del consumo di alcol. Si stima che circa il 20% dei forti bevitori sviluppi la SA.
- Distribuzione per sesso:
- La SA è più comune negli uomini rispetto alle donne, con un rapporto di circa 2:1. Tuttavia, negli ultimi anni si osserva un aumento dell’incidenza anche nella popolazione femminile, probabilmente legato a cambiamenti negli stili di vita.
- Età di insorgenza:
- La SA si manifesta in genere tra i 40 e i 60 anni, ma può colpire anche individui più giovani, soprattutto in caso di consumo eccessivo di alcol.
Eziologia e Genetica
Eziologia
La principale causa della SA è l’abuso cronico di alcol. La quantità di alcol necessaria per sviluppare la SA varia da individuo a individuo, ma in generale si considera a rischio chi consuma più di 40-80 g di alcol al giorno per gli uomini e più di 20-40 g al giorno per le donne per un periodo prolungato.
Genetica:
La suscettibilità individuale alla SA è influenzata da fattori genetici. Alcuni geni coinvolti nel metabolismo dell’alcol e nella risposta infiammatoria sono stati associati a un aumentato rischio di sviluppare la malattia.
Patogenesi
La patogenesi della SA è complessa e multifattoriale. L’alcol, una volta metabolizzato dal fegato, produce acetaldeide, una sostanza tossica che induce stress ossidativo, infiammazione e danno cellulare. Inoltre, l’alcol altera il metabolismo lipidico, favorendo l’accumulo di grasso nel fegato.
Altri fattori che contribuiscono alla patogenesi della SA includono:
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- Disbiosi intestinale: alterazione della flora batterica intestinale, che favorisce l’infiammazione sistemica e la progressione del danno epatico.
- Immunità innata e adattativa: attivazione del sistema immunitario, con rilascio di citochine pro-infiammatorie che contribuiscono al danno epatico.
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Manifestazioni Cliniche
La SA può presentarsi con un ampio spettro di manifestazioni cliniche, da forme asintomatiche a forme severe con insufficienza epatica.
Forme lievi:
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- Astenia
- Inappetenza
- Dolore addominale lieve
- Epatomegalia (ingrossamento del fegato)
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Forme moderate-severe:
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- Ittero (colorazione giallastra della pelle e delle sclere)
- Ascite (accumulo di liquido nella cavità addominale)
- Encefalopatia epatica (alterazioni dello stato mentale)
- Emorragia gastrointestinale
- Insufficienza epatica
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Procedimenti Diagnostici
Metodi generali:
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- Anamnesi: raccolta di informazioni sul consumo di alcol e sulla storia clinica del paziente.
- Esame obiettivo: valutazione dello stato generale del paziente, con particolare attenzione all’esame addominale.
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Esami strumentali:
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- Ecografia epatica: permette di visualizzare il fegato e di valutare la presenza di steatosi, infiammazione e fibrosi.
- Tomografia computerizzata (TC) addome: fornisce immagini più dettagliate del fegato e degli organi addominali.
- Risonanza magnetica (RM) addome: utile per valutare la gravità della steatosi e della fibrosi.
- Elastografia: tecnica non invasiva che misura l’elasticità del fegato, correlata al grado di fibrosi.
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Esami di laboratorio:
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- Test di funzionalità epatica: AST, ALT, GGT, fosfatasi alcalina, bilirubina.
- Emocromo completo: valutazione delle cellule del sangue.
- Tempo di protrombina (PT): misura la capacità del sangue di coagulare.
- Markers di infiammazione: PCR, VES.
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Prognosi
La prognosi della SA dipende da diversi fattori, tra cui la gravità del danno epatico, la presenza di complicanze e la risposta al trattamento. La sospensione completa dell’assunzione di alcol è fondamentale per migliorare la prognosi.
In assenza di trattamento, la SA può progredire verso la cirrosi epatica e l’insufficienza epatica, con un elevato rischio di mortalità.
Cure e Trattamenti
Farmaci specifici:
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- Corticosteroidi: utilizzati in caso di SA grave con insufficienza epatica.
- Pentoxifillina: farmaco anti-infiammatorio che può migliorare la sopravvivenza in pazienti con SA grave.
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Altri trattamenti:
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- Supporto nutrizionale: importante per correggere eventuali carenze nutrizionali e migliorare lo stato generale del paziente.
- Trapianto di fegato: considerato in caso di insufficienza epatica terminale.
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Gestione della malattia:
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- Astinenza completa dall’alcol: fondamentale per arrestare la progressione della malattia e favorire la guarigione del fegato.
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Steatoepatite non alcolica (NASH)
Definizione
La NASH è una forma progressiva di malattia del fegato grasso non alcolica (NAFLD). È caratterizzata da steatosi (accumulo di grasso nel fegato), infiammazione e danno epatocellulare (morte delle cellule del fegato), che possono portare alla fibrosi e, in ultima analisi, alla cirrosi. A differenza della steatosi epatica semplice, la NASH presenta un danno epatico simile a quello causato dall’abuso di alcol, ma si sviluppa in individui che consumano poco o nessun alcol.
Epidemiologia
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- Incidenza: La NASH è in aumento a livello globale, in parallelo con l’epidemia di obesità e diabete di tipo 2. Si stima che colpisca il 3-5% della popolazione generale nei paesi occidentali, ma la prevalenza può variare a seconda dei metodi diagnostici e delle popolazioni studiate.
- Distribuzione per sesso: La NASH è leggermente più comune negli uomini rispetto alle donne.
- Età di insorgenza: Sebbene possa colpire persone di tutte le età, la NASH è più frequente negli adulti di mezza età (40-60 anni). Tuttavia, si osserva un aumento preoccupante nei bambini e negli adolescenti, correlato all’aumento dell’obesità infantile.
Eziologia e Genetica
La NASH è una malattia multifattoriale con una complessa interazione di fattori genetici, ambientali e metabolici.
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Fattori di rischio:
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- Obesità, in particolare l’obesità viscerale (grasso addominale)
- Diabete mellito di tipo 2 o resistenza all’insulina
- Dislipidemia (livelli elevati di colesterolo e trigliceridi)
- Sindrome metabolica (combinazione di obesità, ipertensione, dislipidemia e iperglicemia)
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Fattori genetici:
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- Polimorfismi del gene PNPLA3 (patatin-like phospholipase domain-containing protein 3)
- Varianti del gene TM6SF2 (transmembrane 6 superfamily member 2)
- Altri geni coinvolti nel metabolismo lipidico, nella risposta infiammatoria e nello stress ossidativo
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Altri fattori:
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- Dieta ricca di zuccheri e grassi saturi
- Sedentarietà
- Apnea ostruttiva del sonno
- Microbiota intestinale alterato
- Alcuni farmaci (es. corticosteroidi, tamoxifene)
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Patogenesi
La patogenesi della NASH è complessa e non completamente compresa. Il modello attualmente accettato è la “teoria dei due colpi“:
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- Primo colpo: Accumulo di grasso nel fegato (steatosi) a causa di un’aumentata lipogenesi epatica, ridotta ossidazione degli acidi grassi e/o aumentato afflusso di acidi grassi al fegato.
- Secondo colpo: Stress ossidativo, infiammazione, disfunzione mitocondriale e morte cellulare, che portano alla progressione della steatosi alla NASH e alla fibrosi.
Manifestazioni Cliniche
La NASH è spesso asintomatica nelle fasi iniziali. Quando presenti, i sintomi possono essere aspecifici e includere:
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- Affaticamento
- Malessere generale
- Dolore o fastidio al quadrante superiore destro dell’addome
- Epatomegalia (ingrossamento del fegato) rilevabile all’esame obiettivo
Con la progressione della malattia e lo sviluppo di fibrosi e cirrosi, possono comparire:
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- Ittero (colorazione giallastra della pelle e delle sclere)
- Ascite (accumulo di liquido nell’addome)
- Encefalopatia epatica (confusione mentale, sonnolenza)
- Sanguinamento gastrointestinale da varici esofagee
Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di NASH richiede una combinazione di:
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- Anamnesi ed esame obiettivo: Valutazione dei fattori di rischio, dei sintomi e della presenza di epatomegalia.
- Esami di laboratorio:
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- Test di funzionalità epatica: AST, ALT, GGT, fosfatasi alcalina, bilirubina
- Glicemia a digiuno e HbA1c: per valutare la presenza di diabete o resistenza all’insulina
- Profilo lipidico: colesterolo totale, HDL, LDL, trigliceridi
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- Esami strumentali:
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- Ecografia epatica: primo esame per valutare la steatosi epatica
- Elastografia transiente: misura la rigidità del fegato, correlata al grado di fibrosi
- Risonanza magnetica (RM) con spettroscopia: quantifica il contenuto di grasso nel fegato
- Biopsia epatica: gold standard per la diagnosi di NASH e la stadiazione della fibrosi. Permette di valutare la presenza di steatosi, infiammazione, danno epatocellulare e fibrosi.
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Prognosi
La prognosi della NASH è variabile e dipende dal grado di fibrosi e dalla presenza di complicanze. La NASH può progredire lentamente o rimanere stabile per anni. Tuttavia, in alcuni casi, può evolvere in:
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- Fibrosi avanzata
- Cirrosi epatica
- Insufficienza epatica
- Carcinoma epatocellulare (tumore del fegato)
- Aumentato rischio di malattie cardiovascolari
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Cure e Trattamenti
Attualmente non esistono farmaci specifici approvati per la NASH. La gestione della malattia si basa su:
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Modifiche dello stile di vita:
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- Perdita di peso: obiettivo del 7-10% del peso corporeo attraverso dieta ipocalorica e attività fisica regolare
- Dieta equilibrata: ricca di frutta, verdura, cereali integrali e povera di grassi saturi, zuccheri e bevande zuccherate
- Esercizio fisico: almeno 150 minuti a settimana di attività aerobica di intensità moderata
- Controllo dei fattori di rischio: diabete, dislipidemia, ipertensione
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Farmaci:
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- Vitamina E: può essere utile in pazienti non diabetici con NASH confermata da biopsia
- Pioglitazone: farmaco antidiabetico che può migliorare la steatosi e l’infiammazione epatica
- Acido obeticolico: agonista del recettore FXR, in fase di studio per la NASH
- Altri farmaci in fase di sviluppo: si rivolgono a diversi meccanismi patogenetici, come l’infiammazione, la fibrosi e il metabolismo lipidico
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Altri trattamenti:
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- Chirurgia bariatrica: può essere considerata in pazienti con obesità grave e NASH
- Trapianto di fegato: opzione terapeutica per pazienti con insufficienza epatica terminale
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Cirrosi biliare primitiva
La Cirrosi Biliare Primitiva (CBP), comunemente denominata Colangite Biliare Primitiva, è una malattia autoimmune cronica del fegato caratterizzata da una progressiva distruzione dei dotti biliari intraepatici. Questa distruzione porta a un accumulo di bile nel fegato (colestasi), causando infiammazione, fibrosi e, infine, cirrosi e insufficienza epatica.
Epidemiologia
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- Incidenza: La CBP è considerata una malattia rara, con un’incidenza stimata tra 1 e 10 casi per 100.000 persone all’anno.
- Distribuzione per sesso: Colpisce prevalentemente le donne, con un rapporto femmine/maschi di circa 9:1.
- Età di insorgenza: L’età media di insorgenza è tra i 40 e i 60 anni, anche se può manifestarsi in qualsiasi età.
Eziologia e Genetica
La causa esatta della CBP è sconosciuta, ma si ritiene che sia il risultato di una combinazione di fattori genetici e ambientali.
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- Fattori genetici: Studi hanno dimostrato una predisposizione genetica alla CBP, con un’aumentata incidenza in individui con una storia familiare della malattia. Alcuni geni associati al sistema immunitario (HLA) sono stati identificati come possibili fattori di rischio.
- Fattori ambientali: Infezioni virali, esposizione a tossine ambientali e fumo di sigaretta sono stati proposti come possibili fattori scatenanti.
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Patogenesi
La CBP è una malattia autoimmune in cui il sistema immunitario attacca erroneamente i dotti biliari intraepatici. Questo attacco è mediato principalmente da linfociti T autoreattivi che riconoscono antigeni specifici presenti sulle cellule dei dotti biliari. La distruzione dei dotti biliari porta a colestasi, infiammazione cronica e fibrosi progressiva del fegato.
Manifestazioni Cliniche
Nelle fasi iniziali, la CBP può essere asintomatica. Con il progredire della malattia, i sintomi più comuni includono:
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- Affaticamento: Questo è spesso il sintomo iniziale e può essere presente anche in assenza di altri segni.
- Prurito: Il prurito, spesso intenso e generalizzato, è causato dall’accumulo di sali biliari nella pelle.
- Ittero: L’ittero, una colorazione giallastra della pelle e delle sclere, si verifica quando la bilirubina si accumula nel sangue a causa dell’ostruzione dei dotti biliari.
- Xantelasmi e xantomi: Depositi di colesterolo sotto la pelle, spesso intorno agli occhi (xantelasmi) o sui tendini (xantomi).
- Epatomegalia: Ingrossamento del fegato, spesso palpabile all’esame obiettivo.
- Splenomegalia: Ingrossamento della milza, che può essere associato a ipertensione portale.
- Sintomi di cirrosi epatica: Nelle fasi avanzate, possono manifestarsi ascite (accumulo di liquido nell’addome), encefalopatia epatica (alterazione della funzione cerebrale), varici esofagee (vene dilatate nell’esofago) e sanguinamento gastrointestinale.
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Altre manifestazioni:
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- Secchezza delle fauci e degli occhi (sindrome di Sjögren)
- Fenomeno di Raynaud
- Malattie autoimmuni associate (tiroidite autoimmune, artrite reumatoide)
- Osteoporosi
- Malassorbimento di vitamine liposolubili (A, D, E, K)
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di CBP si basa su una combinazione di:
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- Esami del sangue:
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- Test di funzionalità epatica: aumento delle transaminasi (AST, ALT), della fosfatasi alcalina (ALP) e della gamma-glutamil transferasi (GGT).
- Anticorpi anti-mitocondri (AMA): presenti nella maggior parte dei pazienti con CBP.
- IgM elevate: spesso presenti.
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- Esami strumentali:
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- Ecografia addominale: può mostrare alterazioni del fegato e delle vie biliari.
- Colangiopancreatografia retrograda endoscopica (ERCP): consente di visualizzare i dotti biliari e di ottenere campioni di bile per l’analisi.
- Biopsia epatica: esame gold standard per la diagnosi di CBP, che mostra la distruzione dei dotti biliari e la presenza di infiammazione e fibrosi.
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- Esami del sangue:
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Prognosi
La prognosi della CBP è variabile e dipende dalla gravità della malattia al momento della diagnosi e dalla risposta al trattamento. In generale, la CBP è una malattia progressiva che, se non trattata, può portare a cirrosi epatica e insufficienza epatica. Tuttavia, con una diagnosi precoce e un trattamento adeguato, molti pazienti possono avere una buona qualità di vita e una sopravvivenza a lungo termine.
Cure e Trattamenti
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- Farmaci specifici:
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- Acido ursodesossicolico (UDCA): è il farmaco di prima linea per la CBP. Riduce la colestasi, l’infiammazione e la progressione della fibrosi.
- Acidi biliari sintetici (obeticolico): possono essere utilizzati in combinazione con UDCA in pazienti con risposta inadeguata.
- Immunosoppressori: come azatioprina o metotrexato, possono essere utilizzati in casi selezionati.
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- Altri trattamenti:
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- Gestione del prurito: antistaminici, colestiramina, rifampicina.
- Supplementazione di vitamine liposolubili: vitamina A, D, E, K.
- Trattamento delle complicanze: ascite, encefalopatia epatica, varici esofagee.
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- Trapianto di fegato: è l’opzione terapeutica definitiva per i pazienti con CBP in fase avanzata o con insufficienza epatica.
- Farmaci specifici:
Gestione della malattia
La gestione della CBP richiede un approccio multidisciplinare che coinvolge gastroenterologi, epatologi, infermieri specializzati e altri professionisti sanitari. È importante:
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- Monitorare regolarmente la funzione epatica: attraverso esami del sangue e visite mediche periodiche.
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Emocromatosi
Definizione
L’emocromatosi è una malattia genetica, in genere ereditaria, che interferisce con il normale processo di regolazione dell’assorbimento del ferro. In condizioni fisiologiche, l’organismo assorbe solo la quantità di ferro necessaria, eliminando il surplus. Nell’emocromatosi, questo meccanismo di controllo è alterato, portando ad un accumulo eccessivo di ferro che si deposita in diversi organi e tessuti.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’emocromatosi è una malattia relativamente comune, soprattutto nelle popolazioni di origine nord europea. La prevalenza dell’emocromatosi ereditaria di tipo 1, la forma più frequente, è stimata in circa 1 persona su 200-300.
- Distribuzione per sesso: L’emocromatosi è più comune negli uomini rispetto alle donne, con un rapporto di circa 2:1. Questo si spiega in parte con il fatto che le donne perdono ferro con le mestruazioni, riducendo il rischio di accumulo.
- Età di insorgenza: I sintomi dell’emocromatosi si manifestano in genere in età adulta, tra i 30 e i 50 anni negli uomini e dopo la menopausa nelle donne. Tuttavia, forme più rare di emocromatosi giovanile possono manifestarsi anche in adolescenza.
Eziologia e Genetica
La forma più comune di emocromatosi, detta emocromatosi ereditaria di tipo 1, è causata da mutazioni nel gene HFE, situato sul cromosoma 6. Questo gene è coinvolto nella regolazione dell’assorbimento del ferro. La mutazione più frequente è la C282Y, che in omozigosi (presente su entrambe le copie del gene) determina un elevato rischio di sviluppare la malattia. Esistono anche altre mutazioni del gene HFE e di altri geni, come HJV e HAMP, che possono causare forme più rare di emocromatosi.
Patogenesi
L’alterazione genetica alla base dell’emocromatosi compromette la produzione di una proteina chiamata epcidina, che regola l’assorbimento del ferro a livello intestinale. La carenza di epcidina determina un aumento incontrollato dell’assorbimento di ferro, che si accumula progressivamente negli organi e tessuti, causando danni cellulari e disfunzioni organiche.
Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche dell’emocromatosi sono variabili e dipendono dalla quantità di ferro accumulata e dagli organi coinvolti. I sintomi iniziali sono spesso aspecifici, come stanchezza, debolezza, dolori articolari e addominali. Con il progredire della malattia, possono comparire:
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- Manifestazioni cutanee: colorazione bronzea o grigiastra della pelle, soprattutto nelle zone esposte al sole.
- Manifestazioni epatiche: epatomegalia (ingrossamento del fegato), steatosi epatica (fegato grasso), fibrosi epatica, cirrosi epatica, carcinoma epatocellulare.
- Manifestazioni cardiache: cardiomiopatia dilatativa, aritmie cardiache, insufficienza cardiaca.
- Manifestazioni endocrine: diabete mellito, ipogonadismo (riduzione della produzione di ormoni sessuali), ipotiroidismo.
- Manifestazioni articolari: artrite, soprattutto a carico delle piccole articolazioni delle mani e dei piedi.
- Altre manifestazioni: alterazioni della pigmentazione cutanea, perdita di capelli, iperpigmentazione delle mucose, astenia, perdita di libido.
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di emocromatosi si basa su una combinazione di:
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- Anamnesi: raccolta di informazioni sulla storia clinica del paziente e della sua famiglia.
- Esame obiettivo: valutazione dei segni clinici, come la colorazione della pelle e l’ingrossamento del fegato.
- Esami di laboratorio:
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- sideremia: misurazione della concentrazione di ferro nel sangue.
- ferritina sierica: misurazione della concentrazione di ferritina, una proteina che immagazzina il ferro.
- transferrina: misurazione della proteina che trasporta il ferro nel sangue.
- saturazione della transferrina: rapporto tra sideremia e transferrina, che indica la percentuale di transferrina legata al ferro.
- test genetici: ricerca delle mutazioni nel gene HFE e in altri geni coinvolti nell’emocromatosi.
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- Esami strumentali:
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- ecografia epatica: valutazione delle dimensioni e della struttura del fegato.
- risonanza magnetica (RM) epatica: valutazione della quantità di ferro accumulata nel fegato.
- biopsia epatica: prelievo di un piccolo campione di tessuto epatico per l’analisi microscopica e la quantificazione del ferro.
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Prognosi
La prognosi dell’emocromatosi è generalmente buona se la diagnosi è precoce e il trattamento viene iniziato tempestivamente. Il trattamento può prevenire o rallentare la progressione della malattia e le complicanze a carico degli organi. Tuttavia, se la malattia è già in fase avanzata al momento della diagnosi, possono esserci danni irreversibili agli organi, con conseguente riduzione dell’aspettativa di vita.
Cure e Trattamenti
Il trattamento dell’emocromatosi mira a rimuovere l’eccesso di ferro dall’organismo e a prevenire ulteriori accumuli. Le principali opzioni terapeutiche sono:
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- Salasso: rimozione periodica di una quantità di sangue per ridurre la concentrazione di ferro. È il trattamento di prima scelta per l’emocromatosi ereditaria.
- Chelanti del ferro: farmaci che legano il ferro e ne favoriscono l’eliminazione dall’organismo. Sono utilizzati in pazienti che non possono tollerare i salassi o in caso di emocromatosi secondaria.
- Gestione delle complicanze: trattamento delle complicanze a carico degli organi, come diabete, cardiomiopatia, cirrosi epatica.
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Malattia di Wilson
Definizione
La malattia di Wilson, nota anche come degenerazione epatolenticolare, è un disordine autosomico recessivo del metabolismo del rame, caratterizzato dall’incapacità dell’organismo di eliminare correttamente il rame in eccesso attraverso la bile. Ciò porta ad un accumulo tossico di rame in vari organi, in particolare nel fegato, nel cervello, negli occhi e nei reni.
Epidemiologia
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- Incidenza: La malattia di Wilson è relativamente rara, con una prevalenza stimata di circa 1 caso ogni 30.000 individui a livello mondiale.
- Distribuzione per sesso: La malattia colpisce uomini e donne in egual misura.
- Età di insorgenza: I sintomi possono manifestarsi a qualsiasi età, ma più comunemente compaiono tra i 5 e i 35 anni.
Eziologia e Genetica
La malattia di Wilson è causata da mutazioni nel gene ATP7B, situato sul cromosoma 13. Questo gene codifica per una proteina che trasporta il rame all’interno delle cellule epatiche e ne facilita l’escrezione nella bile. Le mutazioni nel gene ATP7B compromettono la funzione di questa proteina, causando l’accumulo di rame nel fegato e il suo rilascio nel flusso sanguigno, con conseguente deposito in altri organi.
Patogenesi
L’accumulo di rame nel fegato causa inizialmente una steatosi epatica, seguita da infiammazione, fibrosi e, infine, cirrosi. Il rilascio di rame dal fegato danneggiato porta al suo accumulo in altri organi, in particolare nel cervello, dove causa danni ai gangli della base e ad altre strutture, provocando sintomi neurologici e psichiatrici.
Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche della malattia di Wilson sono estremamente variabili e possono coinvolgere diversi organi e sistemi.
Manifestazioni epatiche:
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- Asintomatiche: In molti casi, la malattia epatica è asintomatica e viene scoperta casualmente durante esami di routine.
- Epatite acuta: Può manifestarsi con ittero, dolore addominale, nausea, vomito e febbre.
- Epatite cronica: Può portare a fibrosi e cirrosi epatica, con conseguente insufficienza epatica.
- Cirrosi epatica: Si manifesta con ascite, ittero, encefalopatia epatica e varici esofagee.
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Manifestazioni neurologiche:
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- Disturbi del movimento: Tremori, rigidità, distonia, discinesia, atassia.
- Disturbi psichiatrici: Depressione, ansia, psicosi, cambiamenti di personalità.
- Disturbi cognitivi: Difficoltà di concentrazione, memoria, linguaggio.
- Disturbi del linguaggio: Disartria, balbuzie.
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Altre manifestazioni:
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- Anelli di Kayser-Fleischer: Depositi di rame nella cornea, visibili come anelli dorati o bruno-verdastri attorno all’iride.
- Insufficienza renale: Danno renale causato dall’accumulo di rame.
- Emolisi: Distruzione dei globuli rossi.
- Osteoporosi: Fragilità ossea.
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Procedimenti Diagnostici
La diagnosi della malattia di Wilson si basa su una combinazione di:
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- Esami di laboratorio:
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- Ceruloplasmina sierica: Livelli ridotti.
- Cupremia sierica: Livelli ridotti.
- Cupruria delle 24 ore: Livelli elevati.
- Test genetici: Identificazione di mutazioni nel gene ATP7B.
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- Esami strumentali:
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- Biopsia epatica: Valutazione del danno epatico e misurazione del contenuto di rame nel fegato.
- Risonanza magnetica (RM) cerebrale: Identificazione di anomalie nei gangli della base e in altre strutture cerebrali.
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- Esami di laboratorio:
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Prognosi
La prognosi della malattia di Wilson è generalmente buona se la diagnosi viene fatta precocemente e il trattamento viene iniziato tempestivamente. Senza trattamento, la malattia può progredire rapidamente e portare a gravi complicazioni, tra cui insufficienza epatica, danni neurologici irreversibili e morte.
Cure e Trattamenti
Il trattamento della malattia di Wilson mira a ridurre l’accumulo di rame nell’organismo, prevenire ulteriori danni agli organi e gestire i sintomi.
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- Farmaci specifici:
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- Chelanti del rame: D-penicillamina, trientina. Questi farmaci legano il rame in eccesso e ne promuovono l’escrezione attraverso le urine.
- Sali di zinco: Acetato di zinco. Lo zinco blocca l’assorbimento del rame nell’intestino.
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- Altri trattamenti:
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- Trapianto di fegato: Indicato nei casi di insufficienza epatica grave o in pazienti che non rispondono alla terapia farmacologica.
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- Gestione della malattia:
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- Dieta a basso contenuto di rame: Evitare cibi ricchi di rame, come fegato, frutti di mare, cioccolato, noci.
- Monitoraggio regolare: Controlli periodici per valutare l’efficacia del trattamento e la progressione della malattia.
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- Farmaci specifici:
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Tumore del fegato
Definizione
Il tumore del fegato, o epatocarcinoma (HCC), è una neoplasia maligna che origina dalle cellule del fegato (epatociti). Rappresenta una delle principali cause di morte per cancro a livello mondiale. L’HCC è un tumore primitivo del fegato, il che significa che ha origine nel fegato stesso, a differenza delle metastasi epatiche, che derivano dalla diffusione di cellule tumorali da altri organi. L’HCC si sviluppa principalmente in un fegato già danneggiato, spesso a causa di cirrosi epatica.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’incidenza dell’HCC varia notevolmente in tutto il mondo, con tassi più elevati in Asia e Africa subsahariana. In Italia, l’incidenza è relativamente bassa rispetto ad altri paesi europei, con circa 11.000 nuovi casi diagnosticati ogni anno.
- Distribuzione per sesso: L’HCC è più comune negli uomini che nelle donne, con un rapporto di circa 3:1.
- Età di insorgenza: L’HCC si verifica più frequentemente in persone di età superiore ai 50 anni, con un picco di incidenza tra i 60 e i 70 anni.
Eziologia e Genetica
Le principali cause dell’HCC sono:
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- Infezione cronica da virus dell’epatite B (HBV) e C (HCV): Queste infezioni sono responsabili della maggior parte dei casi di HCC a livello globale.
- Cirrosi epatica: La cirrosi, indipendentemente dalla causa, è un importante fattore di rischio per l’HCC.
- Steatoepatite non alcolica (NASH): La NASH è una condizione in cui il fegato accumula grasso, causando infiammazione e danni che possono portare alla cirrosi e all’HCC.
- Abuso di alcol: Il consumo eccessivo di alcol può causare danni al fegato e aumentare il rischio di HCC.
- Aflatossine: Le aflatossine sono tossine prodotte da alcuni tipi di muffe che contaminano alimenti come mais e arachidi. L’esposizione a lungo termine alle aflatossine può aumentare il rischio di HCC.
- Fattori genetici: Alcune mutazioni genetiche possono aumentare la suscettibilità all’HCC.
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Patogenesi
L’HCC si sviluppa attraverso un processo multistep che coinvolge danni cronici al fegato, infiammazione, fibrosi e infine la trasformazione maligna degli epatociti. Le alterazioni genetiche e molecolari giocano un ruolo fondamentale in questo processo.
Manifestazioni Cliniche
Nelle fasi iniziali, l’HCC spesso non causa sintomi specifici. Man mano che il tumore cresce, possono comparire:
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- Dolore addominale: Di solito localizzato nel quadrante superiore destro dell’addome.
- Massa palpabile: Una massa può essere percepita nell’addome superiore destro.
- Perdita di peso: Spesso non intenzionale e accompagnata da perdita di appetito.
- Astenia: Sensazione di stanchezza e debolezza generalizzata.
- Ittero: Colorazione giallastra della pelle e delle sclere degli occhi, causata dall’accumulo di bilirubina nel sangue.
- Ascite: Accumulo di liquido nella cavità addominale.
- Epatomegalia: Ingrossamento del fegato.
- Splenomegalia: Ingrossamento della milza.
- Varici esofagee: Dilatazione delle vene dell’esofago, che possono sanguinare.
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Procedimenti Diagnostici
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- Esami del sangue:
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- Test di funzionalità epatica: per valutare la funzionalità del fegato.
- Alfa-fetoproteina (AFP): un marcatore tumorale che può essere elevato in presenza di HCC.
- Markers virali: per rilevare l’infezione da HBV o HCV.
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- Esami di imaging:
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- Ecografia addominale: esame di primo livello per visualizzare il fegato e identificare eventuali lesioni.
- Tomografia computerizzata (TC) addominale: fornisce immagini dettagliate del fegato e degli organi circostanti.
- Risonanza magnetica (RM) addominale: offre un’eccellente visualizzazione del fegato e può aiutare a caratterizzare le lesioni.
- Angiografia: per visualizzare i vasi sanguigni del fegato.
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- Biopsia epatica:
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- Prelievo di un campione di tessuto epatico per l’esame microscopico, che consente la diagnosi definitiva di HCC.
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- Esami del sangue:
Prognosi
La prognosi dell’HCC dipende da diversi fattori, tra cui:
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- Stadio del tumore: Tumori di piccole dimensioni e confinati al fegato hanno una prognosi migliore.
- Funzionalità epatica: Pazienti con buona funzionalità epatica hanno maggiori probabilità di tollerare i trattamenti e di avere una prognosi migliore.
- Presenza di metastasi: La presenza di metastasi in altri organi peggiora la prognosi.
- Età e condizioni generali del paziente: Pazienti più giovani e in buone condizioni generali hanno una prognosi migliore.
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Cure e Trattamenti
Il trattamento dell’HCC dipende dallo stadio del tumore, dalla funzionalità epatica e dalle condizioni generali del paziente. Le opzioni terapeutiche includono:
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- Chirurgia: La resezione chirurgica del tumore è il trattamento di scelta per i tumori di piccole dimensioni e confinati al fegato, in pazienti con buona funzionalità epatica.
- Trapianto di fegato: Il trapianto di fegato può essere un’opzione per pazienti con tumori di piccole dimensioni e funzionalità epatica compromessa.
- Ablazione: Tecniche di ablazione, come la radiofrequenza o la crioablazione, possono essere utilizzate per distruggere i tumori di piccole dimensioni.
- Chemioembolizzazione: Questa procedura prevede l’iniezione di farmaci chemioterapici direttamente nell’arteria epatica, seguita dall’embolizzazione del vaso per bloccare l’afflusso di sangue al tumore.
- Terapia mirata: Farmaci che bloccano specifici bersagli molecolari coinvolti nella crescita del tumore.
- Immunoterapia: Farmaci che stimolano il sistema immunitario a combattere il tumore.
- Radioterapia: La radioterapia può essere utilizzata per alleviare i sintomi o per trattare le metastasi.
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Gestione della Malattia
La gestione dell’HCC richiede un approccio multidisciplinare che coinvolge gastroenterologi, oncologi, chirurghi, radiologi e altri specialisti. Oltre ai trattamenti specifici, è importante:
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- Smettere di fumare: Il fumo può peggiorare la funzionalità epatica e aumentare il rischio di complicanze.
- Limitare il consumo di alcol: L’alcol può danneggiare ulteriormente il fegato.
- Seguire una dieta sana ed equilibrata: Una dieta sana può aiutare a mantenere una buona funzionalità epatica.
- Controllare regolarmente la funzionalità epatica: Per monitorare l’evoluzione della malattia e individuare precocemente eventuali complicanze.
- Sottoporsi a screening per l’HCC: Pazienti con cirrosi epatica o altri fattori di rischio per l’HCC dovrebbero sottoporsi a screening regolari per individuare precocemente eventuali tumori.
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6. MALATTIE DELLE VIE BILIARI
Colecistite acuta
La colecistite acuta è una condizione infiammatoria della colecisti, che funge da deposito per la bile, prodotta dal fegato per aiutare la digestione dei grassi. Questa infiammazione si sviluppa tipicamente in poche ore ed è causata principalmente dall’ostruzione del dotto cistico, il condotto che collega la colecisti al dotto biliare comune.
Epidemiologia
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- Incidenza: La colecistite acuta è una patologia relativamente comune, con un’incidenza stimata tra 100 e 300 casi per 100.000 persone all’anno nei paesi occidentali.
- Distribuzione per sesso: Le donne sono colpite più frequentemente degli uomini, con un rapporto di circa 2:1.
- Età di insorgenza: Sebbene possa verificarsi a qualsiasi età, la colecistite acuta è più comune nelle persone di età superiore ai 40 anni, con un picco di incidenza tra i 60 e i 70 anni.
Eziologia e Genetica
La causa principale della colecistite acuta è la presenza di calcoli biliari (colelitiasi) che ostruiscono il dotto cistico. Questi calcoli sono composti principalmente da colesterolo e si formano quando la bile diventa sovrasatura di colesterolo o quando la colecisti non si svuota correttamente.
Fattori di rischio per la formazione di calcoli biliari e quindi per la colecistite acuta includono:
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- Sesso femminile
- Età avanzata
- Obesità
- Rapida perdita di peso
- Gravidanza
- Familiarità per calcoli biliari
- Diabete
- Ipertrigliceridemia
- Malattie del fegato
- Alcuni farmaci
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Sebbene non ci siano geni specifici direttamente associati alla colecistite acuta, alcuni fattori genetici possono influenzare la predisposizione alla formazione di calcoli biliari, come alterazioni nel metabolismo del colesterolo e difetti nella motilità della colecisti.
Patogenesi
L’ostruzione del dotto cistico da parte di un calcolo biliare innesca una serie di eventi che portano all’infiammazione della colecisti:
- Accumulo di bile: La bile non può più defluire dalla colecisti, causando distensione e aumento della pressione all’interno dell’organo.
- Irritazione e infiammazione: La bile stagnante irrita la parete della colecisti, causando infiammazione e edema.
- Infezione batterica: In alcuni casi, l’infiammazione può essere complicata da un’infezione batterica, che può portare a una colecistite acuta suppurativa.
- Compromissione della circolazione sanguigna: L’edema e l’infiammazione possono compromettere l’apporto di sangue alla colecisti, causando ischemia e necrosi (morte del tessuto).
Manifestazioni Cliniche
Il sintomo principale della colecistite acuta è un dolore intenso e costante nel quadrante superiore destro dell’addome, spesso irradiato alla spalla destra o alla schiena. Questo dolore può essere accompagnato da:
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- Febbre
- Nausea e vomito
- Perdita di appetito
- Ittero (colorazione giallastra della pelle e degli occhi)
- Distensione addominale
- Dolorabilità alla palpazione del quadrante superiore destro dell’addome
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In alcuni casi, la colecistite acuta può presentarsi con sintomi atipici, come febbre inspiegabile o distensione addominale, soprattutto negli anziani o nei pazienti immunocompromessi.
Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di colecistite acuta si basa sulla combinazione di:
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- Anamnesi ed esame obiettivo: Il medico raccoglierà informazioni sui sintomi del paziente ed eseguirà un esame fisico, valutando la presenza di dolorabilità addominale.
- Esami di laboratorio:
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- Emocromo: può mostrare un aumento dei globuli bianchi (leucocitosi) in caso di infiammazione o infezione.
- Test di funzionalità epatica: possono essere alterati in caso di coinvolgimento del fegato.
- Amilasi e lipasi: possono essere elevate in caso di pancreatite associata.
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- Esami strumentali:
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- Ecografia addominale: è l’esame di prima scelta per la diagnosi di colecistite acuta. Permette di visualizzare i calcoli biliari, l’ispessimento della parete della colecisti e la presenza di liquido pericolecistico.
- Tomografia computerizzata (TC) addominale: può essere utile in caso di dubbi diagnostici o per valutare eventuali complicanze.
- Risonanza magnetica (RM) addominale: può essere utilizzata in alternativa alla TC, soprattutto in pazienti con controindicazioni all’uso di mezzi di contrasto iodati.
- Colangiopancreatografia retrograda endoscopica (ERCP): è una procedura invasiva che può essere utilizzata per rimuovere i calcoli biliari dal dotto biliare comune.
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Prognosi
La prognosi della colecistite acuta è generalmente buona se la condizione viene diagnosticata e trattata tempestivamente. Tuttavia, in alcuni casi possono insorgere complicanze, come:
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- Empiema della colecisti: accumulo di pus all’interno della colecisti.
- Gangrena della colecisti: morte del tessuto della colecisti.
- Perforazione della colecisti: rottura della colecisti con fuoriuscita di bile nella cavità addominale.
- Peritonite: infiammazione del peritoneo (membrana che riveste la cavità addominale).
- Sepsi: infezione generalizzata.
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Queste complicanze possono essere gravi e potenzialmente letali.
Cure e Trattamenti
Il trattamento della colecistite acuta prevede:
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- Ospedalizzazione: è generalmente necessaria per monitorare il paziente e somministrare le terapie appropriate.
- Digiuno: per ridurre il lavoro della colecisti.
- Idratazione endovenosa: per reintegrare i liquidi e gli elettroliti persi a causa del vomito.
- Antibiotici: per trattare o prevenire l’infezione batterica.
- Analgesici: per controllare il dolore.
- Colecistectomia: l’intervento chirurgico per rimuovere la colecisti è il trattamento definitivo per la colecistite acuta. Può essere eseguita per via laparoscopica (attraverso piccole incisioni nell’addome) o per via tradizionale (attraverso un’incisione più ampia).
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Farmaci specifici:
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- Antibiotici: come la ceftriaxone o la piperacillina/tazobactam, vengono utilizzati per trattare l’infezione batterica.
- Analgesici: come il paracetamolo o gli oppioidi, vengono utilizzati per controllare il dolore.
- Antispastici: come la scopolamina butilbromuro, possono essere utilizzati per ridurre gli spasmi della muscolatura liscia della colecisti e del dotto biliare.
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Altri trattamenti:
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- Drenaggio percutaneo della colecisti: può essere utilizzato in pazienti ad alto rischio chirurgico per drenare il pus dalla colecisti.
- Colecistostomia: è una procedura chirurgica che crea un’apertura nella colecisti per drenare la bile.
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Gestione della malattia:
Dopo la colecistectomia, la maggior parte dei pazienti si riprende completamente e può tornare alle normali attività. Tuttavia, alcuni pazienti possono sperimentare disturbi digestivi, come diarrea o gonfiore addominale, a causa della mancanza della colecisti. Questi disturbi sono generalmente lievi e transitori.
Coledocolitiasi
Definizione
La coledocolitiasi è una condizione medica caratterizzata dalla presenza di calcoli biliari nel coledoco, il dotto che trasporta la bile dal fegato e dalla cistifellea all’intestino tenue. Questi calcoli, composti principalmente da colesterolo, bilirubina e sali di calcio, possono ostruire il flusso biliare, causando una serie di sintomi e complicanze.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’incidenza della coledocolitiasi varia a seconda della popolazione e dei fattori di rischio. Negli Stati Uniti, si stima che colpisca circa il 10-15% degli adulti con calcoli biliari.
- Distribuzione per sesso: La coledocolitiasi è più comune nelle donne, con un rapporto di circa 2:1 rispetto agli uomini.
- Età di insorgenza: L’età è un fattore di rischio significativo, con un’incidenza crescente dopo i 40 anni.
Eziologia e Genetica
Diversi fattori contribuiscono alla formazione dei calcoli biliari e alla coledocolitiasi:
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- Sovrappeso e obesità: L’eccesso di peso aumenta la produzione di colesterolo nella bile, favorendo la formazione di calcoli.
- Dieta: Un’alimentazione ricca di grassi e colesterolo e povera di fibre può aumentare il rischio di calcoli biliari.
- Fattori genetici: La predisposizione genetica può influenzare la composizione della bile e la motilità della cistifellea, aumentando il rischio di calcoli.
- Malattie epatiche: Alcune malattie del fegato, come la cirrosi, possono alterare la produzione e il flusso biliare, favorendo la formazione di calcoli.
- Diabete: Il diabete mellito è associato a un aumentato rischio di coledocolitiasi.
- Età e sesso: Come menzionato in precedenza, l’età avanzata e il sesso femminile sono fattori di rischio significativi.
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Patogenesi
La patogenesi della coledocolitiasi coinvolge diversi meccanismi:
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- Formazione dei calcoli biliari: I calcoli si formano quando la bile diventa sovrasatura di colesterolo, bilirubina o sali di calcio. Questi componenti precipitano, formando cristalli che si aggregano in calcoli.
- Migrazione dei calcoli: I calcoli formati nella cistifellea possono migrare nel coledoco attraverso il dotto cistico.
- Ostruzione del coledoco: I calcoli nel coledoco ostruiscono il flusso biliare, causando un aumento della pressione all’interno dei dotti biliari.
- Infiammazione e infezione: L’ostruzione biliare può causare infiammazione (colangite) e infezione batterica delle vie biliari.
- Danni agli organi: L’ostruzione prolungata può danneggiare il fegato, la cistifellea e il pancreas.
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Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche della coledocolitiasi variano a seconda della gravità dell’ostruzione e della presenza di complicanze. I sintomi più comuni includono:
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- Dolore addominale: Il dolore, spesso localizzato nell’ipocondrio destro o in epigastrio, può essere colico, continuo o intermittente.
- Ittero: L’ostruzione biliare può causare ittero, una colorazione giallastra della pelle e delle sclere degli occhi, dovuta all’accumulo di bilirubina nel sangue.
- Febbre: La febbre può indicare la presenza di colangite, un’infezione delle vie biliari.
- Nausea e vomito: Questi sintomi sono spesso associati al dolore addominale e all’ostruzione biliare.
- Urine scure e feci chiare: L’ostruzione biliare può alterare il colore delle urine e delle feci, rendendo le urine più scure e le feci più chiare.
- Prurito: L’accumulo di bilirubina nel sangue può causare prurito generalizzato.
- Perdita di peso: La perdita di peso può essere un sintomo tardivo, associato a complicanze come la colangite cronica o la pancreatite.
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In alcuni casi, la coledocolitiasi può essere asintomatica e venire scoperta incidentalmente durante esami di imaging eseguiti per altri motivi.
Procedimenti Diagnostici
La diagnosi di coledocolitiasi si basa su una combinazione di:
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- Anamnesi ed esame obiettivo: Il medico raccoglierà informazioni sui sintomi del paziente ed eseguirà un esame obiettivo per valutare la presenza di ittero, dolore addominale e altri segni.
- Esami di laboratorio: Gli esami del sangue possono rivelare un aumento dei livelli di bilirubina, fosfatasi alcalina, transaminasi e altri enzimi epatici, indicando un’ostruzione biliare.
- Esami di imaging:
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- Ecografia addominale: L’ecografia è un esame non invasivo che può visualizzare i calcoli biliari nella cistifellea e nel coledoco.
- Tomografia computerizzata (TC) addominale: La TC fornisce immagini più dettagliate delle vie biliari e degli organi circostanti, aiutando a identificare i calcoli e le eventuali complicanze.
- Risonanza magnetica (RM) colangiopancreatografia (MRCP): La MRCP è una tecnica non invasiva che utilizza la risonanza magnetica per visualizzare le vie biliari e pancreatiche, fornendo immagini dettagliate dei calcoli e delle eventuali stenosi.
- Colangiopancreatografia retrograda endoscopica (ERCP): L’ERCP è una procedura invasiva che combina l’endoscopia e la radiologia. Un endoscopio viene inserito attraverso la bocca e il duodeno fino a raggiungere il coledoco. Attraverso l’endoscopio, viene iniettato un mezzo di contrasto nelle vie biliari, consentendo la visualizzazione dei calcoli e l’eventuale rimozione mediante sfinterotomia endoscopica e l’estrazione dei calcoli con un palloncino o un cestello.
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Prognosi della Malattia
La prognosi della coledocolitiasi è generalmente buona se la condizione viene diagnosticata e trattata tempestivamente. Tuttavia, la presenza di complicanze come la colangite, la pancreatite o la cirrosi biliare può peggiorare la prognosi.
Cure e Trattamenti
Il trattamento della coledocolitiasi mira a rimuovere i calcoli dal coledoco e a prevenire le complicanze. Le opzioni terapeutiche includono:
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- ERCP con sfinterotomia endoscopica: Questa è la procedura di scelta per la rimozione dei calcoli dal coledoco.
- Chirurgia: La colecistectomia laparoscopica, la rimozione chirurgica della cistifellea, può essere eseguita in concomitanza con l’ERCP o in un secondo momento per prevenire la recidiva di calcoli.
- Farmaci: I farmaci possono essere utilizzati per alleviare i sintomi, come il dolore e l’infiammazione, e per trattare le complicanze, come la colangite.
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Colangite
Definizione
La colangite è una condizione infiammatoria, acuta o cronica, che colpisce i dotti biliari, ovvero i canali che trasportano la bile dal fegato all’intestino tenue. Questa infiammazione può causare una serie di sintomi e complicanze, a seconda della gravità e della causa sottostante.
Epidemiologia
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Incidenza: La colangite acuta è una condizione relativamente comune, sebbene l’incidenza precisa sia difficile da determinare a causa della variabilità nella presentazione clinica e nella codifica diagnostica. La colangite sclerosante primitiva, una forma cronica di colangite, è più rara, con un’incidenza stimata di circa 1-2 casi per 100.000 persone all’anno.
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Distribuzione per sesso: La colangite acuta colpisce leggermente più frequentemente le donne, mentre la colangite sclerosante primitiva è più comune negli uomini.
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Età di insorgenza: La colangite acuta può verificarsi a qualsiasi età, ma è più frequente negli anziani. La colangite sclerosante primitiva si manifesta tipicamente tra i 30 e i 40 anni.
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Eziologia e Genetica
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Colangite acuta: L’eziologia è principalmente infettiva, con batteri gram-negativi (come Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae) che rappresentano i patogeni più comuni. L’ostruzione biliare, causata da calcoli, stenosi o tumori, è un fattore predisponente cruciale.
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Colangite sclerosante primitiva: L’eziologia è complessa e non completamente compresa, ma si ritiene che coinvolga una combinazione di fattori genetici, immunologici e ambientali. Sono state identificate diverse associazioni genetiche, in particolare con geni del complesso maggiore di istocompatibilità (MHC).
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Patogenesi
L’ostruzione del flusso biliare è il fattore chiave nella patogenesi della colangite. L’accumulo di bile a monte dell’ostruzione crea un ambiente favorevole alla proliferazione batterica. I batteri possono quindi ascendere dal duodeno e causare un’infezione acuta. Nel caso della colangite sclerosante primitiva, si verifica un processo infiammatorio cronico che porta a fibrosi e restringimento dei dotti biliari.
Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche della colangite possono variare a seconda della gravità e dell’eziologia.
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Colangite acuta: La triade di Charcot, caratterizzata da dolore addominale nel quadrante superiore destro, ittero e febbre, è la presentazione classica. Altri sintomi possono includere brividi, nausea, vomito e alterazione dello stato mentale. Nei casi più gravi, può svilupparsi sepsi e shock settico.
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Colangite sclerosante primitiva: I sintomi possono essere insidiosi e includere affaticamento, prurito, ittero, dolore addominale e perdita di peso. Nel corso della malattia, possono svilupparsi complicanze come cirrosi biliare primitiva, colangiocarcinoma e insufficienza epatica.
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Procedimenti Diagnostici
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Metodi generali: Anamnesi ed esame obiettivo sono fondamentali per la valutazione iniziale del paziente con sospetta colangite.
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Esami strumentali:
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- Ecografia addominale: Permette di visualizzare i dotti biliari e identificare eventuali ostruzioni, come calcoli o dilatazioni.
- Colangiopancreatografia retrograda endoscopica (ERCP): Tecnica endoscopica che consente di visualizzare i dotti biliari e pancreatici, eseguire biopsie e rimuovere eventuali ostruzioni.
- Risonanza magnetica colangiopancreatografica (MRCP): Tecnica di imaging non invasiva che fornisce immagini dettagliate dei dotti biliari e pancreatici.
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Esami di laboratorio:
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- Emocromo: Può mostrare leucocitosi (aumento dei globuli bianchi) in caso di infezione.
- Test di funzionalità epatica: Valutano la funzionalità del fegato e possono mostrare un aumento delle transaminasi (AST e ALT), della fosfatasi alcalina (ALP) e della bilirubina.
- Markers infiammatori: Come la proteina C-reattiva (PCR) e la velocità di eritrosedimentazione (VES), possono essere elevati in caso di infiammazione.
- Esami colturali: Come l’emocoltura e la coltura della bile, possono identificare il patogeno responsabile dell’infezione.
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Prognosi
La prognosi della colangite dipende da diversi fattori, tra cui la gravità della malattia, l’eziologia, la presenza di complicanze e la risposta al trattamento.
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Colangite acuta: Con un trattamento tempestivo e appropriato, la prognosi è generalmente buona. Tuttavia, nei casi gravi con sepsi o shock settico, la mortalità può essere elevata.
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Colangite sclerosante primitiva: È una malattia cronica progressiva con una prognosi variabile. La sopravvivenza mediana dalla diagnosi è di circa 10-15 anni. Il trapianto di fegato è l’unica terapia definitiva.
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Cure e Trattamenti
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Farmaci specifici:
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- Antibiotici: Sono il trattamento di prima linea per la colangite acuta. La scelta dell’antibiotico dipende dal patogeno sospettato e dalla gravità dell’infezione.
- Acido ursodesossicolico: Utilizzato nella colangite sclerosante primitiva per migliorare il flusso biliare e rallentare la progressione della malattia.
- Immunosoppressori: Possono essere utilizzati in alcuni casi di colangite sclerosante primitiva per ridurre l’infiammazione.
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Altri trattamenti:
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- Drenaggio biliare: Attraverso ERCP o chirurgia, per rimuovere l’ostruzione biliare e favorire il deflusso della bile.
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Tumori delle vie biliari
Definizione
I tumori delle vie biliari (TVB) sono neoplasie maligne che originano dalle cellule epiteliali che rivestono i dotti biliari, la colecisti e l’ampolla di Vater. Queste strutture sono responsabili del trasporto della bile dal fegato all’intestino. I TVB sono classificati in base alla loro localizzazione anatomica:
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- Colangiocarcinoma intraepatico: origina dai dotti biliari all’interno del fegato.
- Colangiocarcinoma extraepatico: origina dai dotti biliari al di fuori del fegato.
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- Tumori dell’ilo epatico (tumori di Klatskin): originano dalla confluenza dei dotti epatici destro e sinistro.
- Tumori del dotto biliare comune: originano dal dotto biliare comune.
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- Tumore della colecisti: origina dalla colecisti.
- Tumore dell’ampolla di Vater: origina dall’ampolla di Vater, dove il dotto biliare comune e il dotto pancreatico si uniscono per entrare nel duodeno.
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Epidemiologia
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- Incidenza: I TVB sono tumori relativamente rari, con un’incidenza globale di circa 2-3 casi per 100.000 persone all’anno. L’incidenza varia a seconda della regione geografica, con tassi più elevati in Asia sudorientale e America Latina.
- Distribuzione per sesso: I TVB colpiscono leggermente più gli uomini che le donne.
- Età di insorgenza: L’età media alla diagnosi è di 65 anni, con la maggior parte dei casi diagnosticati tra i 50 e i 70 anni.
Eziologia e genetica
Le cause esatte dei TVB sono sconosciute, ma diversi fattori di rischio sono stati identificati:
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Fattori di rischio:
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- Colangite sclerosante primitiva: una malattia infiammatoria cronica dei dotti biliari.
- Infezioni parassitarie: come l’infezione da Opisthorchis viverrini e Clonorchis sinensis, comuni in Asia sudorientale.
- Calcoli biliari: in particolare i calcoli pigmentati.
- Cisti del coledoco congenite: dilatazioni anomale del dotto biliare comune.
- Esposizione a sostanze chimiche: come il thorotrast (un mezzo di contrasto radiologico utilizzato in passato) e il cloruro di vinile.
- Fumo di sigaretta.
- Diabete mellito.
- Obesità.
- Familiarità per TVB.
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Fattori genetici:
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- Mutazioni nei geni: come TP53, KRAS, IDH1 e IDH2.
- Alterazioni cromosomiche: come delezioni e amplificazioni.
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Patogenesi
La patogenesi dei TVB è complessa e multifattoriale. Si ritiene che l’infiammazione cronica e il danno cellulare ripetuto contribuiscano allo sviluppo di queste neoplasie. Le mutazioni genetiche e le alterazioni cromosomiche possono portare alla proliferazione incontrollata delle cellule e alla formazione del tumore.
Manifestazioni cliniche
I TVB sono spesso asintomatici nelle fasi iniziali. Quando presenti, i sintomi possono essere aspecifici e variare a seconda della localizzazione del tumore.
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Sintomi comuni:
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- Ittero: colorazione giallastra della pelle e delle sclere (parte bianca degli occhi) causata dall’accumulo di bilirubina nel sangue.
- Prurito: spesso associato all’ittero.
- Dolore addominale: solitamente localizzato nel quadrante superiore destro dell’addome.
- Perdita di peso: non intenzionale e progressiva.
- Astenia: sensazione di stanchezza e debolezza generalizzata.
- Febbre: può essere presente in caso di colangite (infezione delle vie biliari).
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Sintomi specifici in base alla localizzazione:
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- Tumori dell’ilo epatico: ittero ostruttivo precoce, prurito intenso, epatomegalia (ingrossamento del fegato).
- Tumori del dotto biliare comune: ittero ostruttivo, colecisti palpabile (segno di Courvoisier-Terrier), dolore addominale.
- Tumore della colecisti: dolore nel quadrante superiore destro dell’addome, nausea, vomito, massa palpabile.
- Tumore dell’ampolla di Vater: ittero intermittente, dolore addominale, perdita di peso, anemia.
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Procedimenti diagnostici
La diagnosi dei TVB è spesso complessa e richiede una combinazione di diverse indagini.
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Metodi generali:
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- Anamnesi: raccolta dei sintomi e dei fattori di rischio del paziente.
- Esame obiettivo: valutazione clinica del paziente.
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Esami strumentali:
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- Ecografia addominale: esame di primo livello per valutare le vie biliari e gli organi addominali.
- Tomografia computerizzata (TC): con mezzo di contrasto, fornisce immagini dettagliate del fegato, delle vie biliari e degli organi circostanti.
- Risonanza magnetica (RM): con colangiopancreatografia (CPRM), permette di visualizzare le vie biliari in modo non invasivo.
- Colangiopancreatografia retrograda endoscopica (CPRE): procedura endoscopica che consente di visualizzare le vie biliari e di eseguire biopsie.
- Ecoendoscopia: combina l’ecografia con l’endoscopia per ottenere immagini dettagliate delle vie biliari e dei tessuti circostanti.
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Esami di laboratorio:
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- Esami del sangue: per valutare la funzionalità epatica, i markers tumorali (CA 19-9, CEA) e lo stato di infiammazione.
- Esame delle urine: per rilevare la presenza di bilirubina.
- Esame istologico: analisi al microscopio del tessuto tumorale ottenuto mediante biopsia per confermare la diagnosi e definire il tipo di tumore.
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Prognosi
La prognosi dei TVB dipende da diversi fattori, tra cui:
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- Stadio del tumore: la dimensione del tumore, la presenza di metastasi (diffusione del tumore ad altri organi) e l’interessamento dei linfonodi.
- Localizzazione del tumore: i tumori dell’ilo epatico hanno generalmente una prognosi peggiore rispetto ai tumori del dotto biliare comune.
- Grado di differenziazione del tumore: i tumori ben differenziati hanno una prognosi migliore rispetto ai tumori poco differenziati.
- Stato di salute generale del paziente: la presenza di altre malattie può influenzare la prognosi.
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La sopravvivenza a 5 anni per i TVB è in generale bassa, con una media del 10-20%. Tuttavia, la prognosi può variare significativamente a seconda dei fattori sopra menzionati.
Cure e trattamenti
Il trattamento dei TVB dipende dallo stadio del tumore, dalla localizzazione, dallo stato di salute generale del paziente e da altri fattori.
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Chirurgia: la resezione chirurgica (asportazione del tumore) è il trattamento di scelta per i tumori localizzati e resecabili.
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- Resezione epatica: per i tumori intraepatici.
- Duodenopancreasectomia cefalica: per i tumori dell’ampolla di Vater e del dotto biliare distale.
- Colecistectomia: per i tumori della colecisti.
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Trapianto di fegato: può essere considerato in casi selezionati di colangiocarcinoma intraepatico.
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Chemioterapia: può essere utilizzata prima o dopo la chirurgia per ridurre le dimensioni del tumore o per controllare la malattia metastatica.
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Radioterapia: può essere utilizzata per alleviare i sintomi o per controllare la crescita del tumore.
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Terapie mirate: farmaci che agiscono su specifici bersagli molecolari presenti sulle cellule tumorali.
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Immunoterapia: farmaci che stimolano il sistema immunitario a combattere il tumore.
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Terapia palliativa: per migliorare la qualità di vita dei pazienti con malattia avanzata e non curabile. Include il controllo dei sintomi, come il dolore, l’ittero e il prurito.
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7. MALATTIE DEL PERITONEO
Peritonite
Definizione
La peritonite è una grave condizione infiammatoria che colpisce il peritoneo, la membrana sierosa che riveste la cavità addominale e gli organi in essa contenuti. Questa condizione, solitamente causata da un’infezione batterica, richiede un intervento medico tempestivo per evitare complicanze potenzialmente letali.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’incidenza della peritonite varia a seconda della causa scatenante. La peritonite secondaria a perforazione di un organo addominale è la forma più comune.
- Distribuzione per sesso: Non ci sono differenze significative nell’incidenza della peritonite tra uomini e donne.
- Età di insorgenza: La peritonite può colpire individui di tutte le età, ma è più frequente negli adulti e negli anziani, in particolare in presenza di patologie predisponenti.
Eziologia e genetica
La peritonite può essere classificata in due forme principali:
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- Peritonite primaria (o spontanea): è causata da un’infezione batterica del peritoneo in assenza di una fonte intra-addominale di infezione. È più rara e spesso associata a cirrosi epatica o a sindrome nefrosica.
- Peritonite secondaria: è la forma più comune ed è causata dalla contaminazione del peritoneo da parte di batteri provenienti da un organo addominale perforato o infetto. Le cause più frequenti includono:
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- Appendicite perforata
- Perforazione di ulcera peptica
- Diverticolite perforata
- Pancreatite acuta
- Colecistite acuta
- Malattia infiammatoria pelvica
- Traumi addominali
- Interventi chirurgici addominali
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Non ci sono fattori genetici noti che predispongono allo sviluppo della peritonite.
Patogenesi
La patogenesi della peritonite è complessa e coinvolge diversi meccanismi:
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- Invasione batterica: I batteri penetrano nel peritoneo, causando un’intensa risposta infiammatoria.
- Rilascio di mediatori infiammatori: L’infiammazione provoca il rilascio di citochine, chemochine e altri mediatori che amplificano la risposta infiammatoria e attivano il sistema immunitario.
- Formazione di essudato: Si verifica un accumulo di liquido infiammatorio (essudato) nella cavità peritoneale.
- Sequele sistemiche: L’infiammazione può estendersi a tutto l’organismo, causando sepsi, shock settico e insufficienza multiorgano.
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Manifestazioni cliniche
I sintomi della peritonite possono variare a seconda della gravità dell’infiammazione e della causa scatenante. I sintomi più comuni includono:
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- Dolore addominale: intenso, diffuso o localizzato, peggiora con i movimenti e la palpazione.
- Addome rigido (difesa addominale): i muscoli addominali si contraggono involontariamente per proteggere la zona infiammata.
- Febbre: generalmente elevata.
- Nausea e vomito: frequenti e persistenti.
- Distensione addominale: causata dall’accumulo di gas e liquido nella cavità peritoneale.
- Tachicardia: aumento della frequenza cardiaca.
- Ipotensione: diminuzione della pressione arteriosa.
- Oliguria: diminuzione della produzione di urina.
- Alterazioni dello stato mentale: confusione, agitazione o letargia.
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Nei casi più gravi, la peritonite può portare a shock settico e insufficienza multiorgano.
Procedimenti diagnostici
La diagnosi di peritonite si basa sull’anamnesi, sull’esame obiettivo e su indagini strumentali e di laboratorio.
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Esame obiettivo:
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- Palpazione dell’addome per valutare la presenza di dolore, difesa addominale e masse.
- Auscultazione dell’addome per valutare la presenza di peristalsi.
- Valutazione dei segni vitali (temperatura, frequenza cardiaca, pressione arteriosa).
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Esami di laboratorio:
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- Emocromo con formula leucocitaria: per rilevare la presenza di leucocitosi (aumento dei globuli bianchi) indicativa di infezione.
- PCR (Proteina C Reattiva): elevata in caso di infiammazione.
- Esami colturali: per identificare il batterio responsabile dell’infezione (emocoltura, coprocoltura, coltura del liquido peritoneale).
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Indagini strumentali:
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- Radiografia dell’addome: può mostrare la presenza di aria libera nella cavità peritoneale in caso di perforazione di un organo.
- Ecografia addominale: utile per visualizzare gli organi addominali e la presenza di liquido libero nella cavità peritoneale.
- TC addome: esame di scelta per la diagnosi di peritonite, permette di visualizzare con precisione gli organi addominali e le eventuali alterazioni.
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Prognosi
La prognosi della peritonite dipende da diversi fattori, tra cui:
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- La causa scatenante
- La tempestività della diagnosi e del trattamento
- La gravità dell’infezione
- L’età e lo stato di salute generale del paziente
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La peritonite è una condizione grave che può essere fatale se non trattata tempestivamente. La mortalità è più elevata nei pazienti anziani, in quelli con patologie preesistenti e in quelli con peritonite diffusa.
Cure e trattamenti
Il trattamento della peritonite richiede un approccio multidisciplinare che include:
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- Terapia antibiotica: somministrazione di antibiotici ad ampio spettro per via endovenosa per combattere l’infezione batterica.
- Intervento chirurgico: necessario per rimuovere la fonte dell’infezione (ad esempio, appendice perforata) e drenare il liquido peritoneale.
- Terapia di supporto: include la somministrazione di liquidi per via endovenosa per mantenere l’idratazione e la pressione arteriosa, la somministrazione di ossigeno e il monitoraggio dei parametri vitali.
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Farmaci specifici:
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- La scelta degli antibiotici dipende dal tipo di batterio responsabile dell’infezione. In genere si utilizzano antibiotici ad ampio spettro come cefalosporine di terza generazione, carbapenemi o metronidazolo.
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Altri trattamenti:
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- Drenaggio percutaneo: in alcuni casi, può essere necessario drenare il liquido peritoneale attraverso un ago inserito nell’addome.
- Lavaggio peritoneale: procedura chirurgica che consiste nel lavare la cavità peritoneale con soluzione salina per rimuovere batteri e detriti.
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Gestione della malattia
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- Monitoraggio costante dei parametri vitali e dello stato clinico del paziente.
- Prevenzione delle complicanze, come la sepsi e l’insufficienza multiorgano.
- Supporto nutrizionale: può essere necessario somministrare nutrienti per via endovenosa o tramite sondino nasogastrico.
- Fisioterapia respiratoria: per prevenire le complicanze polmonari.
Ascite
Definizione
L’ascite è una condizione caratterizzata dall’accumulo di liquido nell’addome, nello spazio tra il peritoneo viscerale che riveste gli organi interni e il peritoneo parietale che riveste la parete addominale. Questo liquido, detto liquido ascitico, può variare in quantità da modesto a massivo, causando un aumento del volume dell’addome e una serie di sintomi correlati.
Epidemiologia
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- Incidenza: L’incidenza dell’ascite varia a seconda della causa sottostante. La cirrosi epatica è la causa più comune, responsabile di circa l’80% dei casi.
- Distribuzione per sesso: L’ascite è più comune negli uomini, probabilmente a causa della maggiore prevalenza di cirrosi alcolica nel sesso maschile.
- Età di insorgenza: L’ascite si verifica più frequentemente negli adulti di età superiore ai 40 anni, ma può colpire anche i bambini, soprattutto in caso di sindrome nefrosica o malnutrizione.
Eziologia e Genetica
Le cause dell’ascite sono molteplici e possono essere classificate in base al meccanismo patogenetico:
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- Aumento della pressione idrostatica: Cirrosi epatica, insufficienza cardiaca, sindrome di Budd-Chiari (ostruzione delle vene epatiche), pericardite costrittiva.
- Diminuzione della pressione oncotica: Sindrome nefrosica, malnutrizione, enteropatia proteinodisperdente.
- Aumento della permeabilità capillare: Peritonite batterica spontanea, carcinomatosi peritoneale, pancreatite.
- Ostruzione del drenaggio linfatico: Tumori, infezioni, traumi.
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Non esistono fattori genetici specifici che predispongono all’ascite, ma alcune malattie genetiche, come la malattia di Wilson e l’emocromatosi, possono causare cirrosi epatica e quindi ascite.
Patogenesi
La patogenesi dell’ascite è complessa e multifattoriale. Nella maggior parte dei casi, l’ascite è causata da una combinazione di fattori, tra cui:
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- Ipertensione portale: Aumento della pressione sanguigna nella vena porta, che drena il sangue dall’intestino al fegato. L’ipertensione portale è una conseguenza comune della cirrosi epatica.
- Ritenzione di sodio e acqua: I reni, in risposta all’ipertensione portale e alla diminuzione della perfusione renale, attivano meccanismi di ritenzione di sodio e acqua, contribuendo all’accumulo di liquido ascitico.
- Alterazioni del sistema linfatico: La capacità del sistema linfatico di drenare il liquido in eccesso dalla cavità peritoneale può essere compromessa in diverse condizioni, come la carcinomatosi peritoneale e la peritonite tubercolare.
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Manifestazioni Cliniche
Le manifestazioni cliniche dell’ascite variano a seconda della quantità di liquido accumulato e della causa sottostante.
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- Ascite lieve: Potrebbe essere asintomatica o causare solo un lieve aumento della circonferenza addominale.
- Ascite moderata: Distensione addominale, senso di pienezza, difficoltà respiratoria (dispnea) da compressione del diaframma, gonfiore alle gambe (edema) per aumento della pressione venosa.
- Ascite grave: Dolore addominale, nausea, vomito, difficoltà a camminare, ernia ombelicale o inguinale, idrotorace (accumulo di liquido nella cavità pleurica).
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In caso di peritonite batterica spontanea, possono comparire febbre, brividi, dolore addominale diffuso e deterioramento delle condizioni generali.
Procedimenti Diagnostici
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- Esame obiettivo: Ispezione, palpazione, percussione e auscultazione dell’addome per valutare la presenza di liquido ascitico, la sua quantità e la presenza di eventuali masse o dolorabilità.
- Paracentesi: Prelievo di liquido ascitico mediante ago inserito nell’addome. Il liquido viene analizzato per determinare la sua composizione (albumina, glucosio, cellule, batteri) e identificare la causa dell’ascite.
- Ecografia addominale: Permette di visualizzare la presenza e la quantità di liquido ascitico, di identificare eventuali masse o alterazioni degli organi addominali e di guidare la paracentesi.
- TC addominale: Fornisce immagini più dettagliate degli organi addominali e può essere utile per identificare la causa dell’ascite, soprattutto in caso di sospetta neoplasia.
- Esami di laboratorio: Emocromo, test di funzionalità epatica e renale, elettroliti, albumina sierica, coagulazione, ricerca di marcatori tumorali.
Prognosi
La prognosi dell’ascite dipende dalla causa sottostante, dalla gravità dell’accumulo di liquido e dalla presenza di complicanze. L’ascite da cirrosi epatica ha una prognosi generalmente sfavorevole, con una sopravvivenza a 5 anni inferiore al 50%. Le complicanze dell’ascite includono la peritonite batterica spontanea, la sindrome epatorenale e l’encefalopatia epatica.
Cure e Trattamenti
Il trattamento dell’ascite mira a:
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- Trattare la causa sottostante: Ad esempio, terapia farmacologica per l’insufficienza cardiaca, trattamento antibiotico per la peritonite batterica spontanea.
- Ridurre l’accumulo di liquido:
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- Restrizione sodica: Riduzione dell’apporto di sodio nella dieta per diminuire la ritenzione idrica.
- Diuretici: Farmaci che aumentano l’eliminazione di sodio e acqua attraverso i reni (es. furosemide, spironolattone).
- Paracentesi evacuativa: Rimozione di grandi quantità di liquido ascitico mediante ago inserito nell’addome.
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- Prevenire le complicanze: Vaccinazione contro l’influenza e la polmonite, profilassi antibiotica per la peritonite batterica spontanea.
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Farmaci specifici:
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- Diuretici: Furosemide, spironolattone.
- Antibiotici: In caso di peritonite batterica spontanea.
- Albumina: In caso di ascite con ipoalbuminemia grave.
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Altri trattamenti:
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- Paracentesi evacuativa.
- Shunt peritoneo-venoso (TIPS): Procedura che crea una comunicazione tra la vena porta e la vena cava inferiore per ridurre l’ipertensione portale.
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