COSA E’ LA TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA
La TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA (TC) è un esame radiologico che raccoglie le immagini grazie all’ausilio di fasci di raggi X che poi un computer elabora.
Può prevedere l’impiego di un mezzo di contrasto, a base di iodio, utile per visualizzare più chiaramente le immagini. Un tempo si chiamava TAC, sigla di tomografia assiale computerizzata, in quanto si focalizzava solo su un’asse, indagando sulla parte suddivisa in tante fettine parallele.
Oggi invece, grazie ai progressi compiuti in campo tecnologico, le apparecchiature di cui si dispone forniscono immagini tridimensionali, consentendo diagnosi ancora più accurate.
PERCHE’ VIENE RICHIESTA?
L’indagine permette di studiare qualunque parte del corpo. Consente, quindi, di verificare la presenza di malattie che alterano la struttura di organi e anche, eventualmente, di valutare l’estensione di un tumore.
Inoltre permette di visualizzare con precisione la vascolarizzazione (passaggio del sangue) della zona su cui si indaga.
L’esame impiega i raggi X, quindi è bene effettuarlo solo quando ve ne è effettiva necessità, visto che l’esposizione alle sue radiazioni aumenta il rischio di tumori e, in particolare, di leucemie, soprattutto nei giovanissimi.
QUANDO E’ CONTROINDICATA?
La TC è sconsigliata in gravidanza, durante la quale è più opportuno ricorrere, eventualmente, alla risonanza magnetica. Nell’ultimo periodo di gravidanza è comunque consentita quando il motivo clinico per cui andrebbe eseguita è giudicato dal medico di vitale importanza.
Le donne che allattano devono prelevare il latte prima dell’esame, facendone una scorta per le 48 ore successive. Nei due giorni in cui non si può allattare, si deve togliere dal seno il latte contaminato e buttarlo via.
Se si usa il mezzo di contrasto, la TC è controindicata per le persone colpite da diabete, malattie del fegato, malattie dei reni. Non va effettuata nella prima settimana successiva a esami radiologici che impiegano il bario come, per esempio, il clisma opaco (vedi voce relativa).
COME SI SVOLGE E QUANTO DURA?
La parte che viene indagata deve essere nuda. L’operatore inietta per endovena il mezzo di contrasto (quando necessario). La persona deve sdraiarsi su un lettino, a pancia in su, o a pancia in giù o di fianco, a seconda della parte su cui viene condotto l’esame.
Il lettino inizia a muoversi all’interno di un grosso apparecchio circolare, profondo circa mezzo metro. La persona viene invitata di tanto in tanto a trattenere il respiro o a rimanere immobile o, meglio, “ancora più ferma” perché per tutta la durata bisogna muoversi il meno possibile, perché diversamente si ottengono immagini poco nitide.
Da pochi minuti a 20 minuti circa.
PROVOCA FASTIDIO?
L’unico fastidio, lieve, è legato all’inoculazione del mezzo di contrasto che, in qualche raro caso, può causare anche nausea, urgenza di urinare, sensazione di calore. Eventuali sintomi vanno subito comunicati all’operatore, anche se di fatto non sono mai significativi e tendono a scomparire rapidamente e in modo spontaneo.
COME CI SI PREPARA?
Se non è previsto l’impiego del mezzo di contrasto, non occorre fare nulla prima dell’esecuzione. Se invece si usa il mezzo di contrasto, non si può mangiare nelle quattro-sei ore che precedono l’esame.
Alle persone con allergie oppure di cui si conosce l’allergia al mezzo di contrasto impiegato, qualche ora prima dell’esame possono essere somministrati farmaci a base di cortisone e antistaminici.
Prima dell’esame è necessario togliere gli eventuali accessori, come anelli, orologio, braccialetti.
COSA FARE DOPO?
Dopo l’esame si può tornare a casa, anche guidando l’auto.
Nelle persone con malattie dei reni può essere somministrata, per via endovenosa, una certa quantità di soluzione fisiologica (acqua e sali) per favorire una veloce eliminazione del mezzo di contrasto eventualmente utilizzato. In generale, nei giorni successivi è consigliabile bere abbondantemente, proprio per aiutare l’organismo a smaltirlo.